Vanity Fair (Italy)

Luna di miele

- UN ROMANZO PER VANITY FAIR di ESHKOL NEVO

Ronen Amir, turista israeliano di 29 anni, è rimasto ucciso sulla Strada della morte in Bolivia mentre era in luna di miele. La sua vedova, Maya Amir, è in lutto. Quando Omri, un giovane divorziato che li ha incontrati durante il viaggio, arriva a porgerle le sue condoglian­ze, Maya gli chiede di proseguire fino in fondo alla via e aspettarla in un luogo isolato.

Nella conversazi­one che segue, rivela che la morte di Ronen non è stata un incidente come è scritto sul giornale. Che la luna di miele è stata un incubo e che una notte, dopo che suo marito si era addormenta­to, Maya è andata in camera di Omri nell’ostello e si sono baciati.

QContinua il giallo in 13 puntate, scritto in esclusiva per i nostri lettori. Ecco il sesto capitolo: buona lettura

uanto parlo!, ha detto Maya e si è posata un dito sulle labbra. Come per silenziars­i da sola. E poi mi ha lanciato quell’occhiata. Non sono sicuro di averla descritta come si deve fino a questo momento. Forse il punto è che gli occhi abbassati modestamen­te subito dopo lo sguardo sfrontato, non sono davvero modesti. Perché si posano sul primo bottone della tua camicia, come a spogliarti.

Per me va bene, ho detto. Prosegui.

Di solito io preferisco ascoltare, ha spiegato.

Me lo ricordo, ho risposto. Da La Paz.

A otto anni ho avuto un polipo alle corde vocali. Mi hanno operata, e per un mese non ho potuto spiccicare parola. Per un mese ho soltanto ascoltato. E da allora… Sei assistente sociale.

Esatto.

Ma adesso è il tuo turno di parlare. E io ascolto. Mi sento bruciare dentro la gola, Omri. Ho la sensazione che se vado avanti arriverà il pianto.

E sarebbe un male?

Devo essere forte, adesso.

Perché mai deve essere forte?, mi sono chiesto. E ho domandato, senti… io potrei stare qui anche fino a domani. Ma tu non… dovresti tornare a casa prima o poi?

Dovrei, ha sospirato, ma ho troppo bisogno di tirar fuori questa storia.

*

Quando lei… si è svegliata, voleva far colazione prima di partire, ma ha scoperto che la porta della camera era chiusa a chiave dall’esterno, e che il marito aveva preso anche la chiave di riserva, e allora…

Un momento, forse… forse prima di proseguire bisogna raccontare qualcosa di questa «lei». Erano quattro sorelle, nella sua famiglia, tutte brave bambine eccetto lei, e il padre, che temeva la sua cattiva influenza, la puniva ogni volta che rientrava in ritardo da una serata, o gli parlava in modo irrispetto­so; una delle sue punizioni preferite era chiuderla a chiave in camera senza permetterl­e di uscire fino al mattino, nemmeno per andare in bagno.

Perciò quando ha scoperto che il marito l’aveva rinchiusa, tutte quelle notti umilianti in cui era stata

costretta a fare la pipì dalla finestra nel cortile del palazzo, si sono risvegliat­e, il sangue le è salito al cervello, e ha cercato di buttare giù la porta a spallate, e quando lui è tornato con le biciclette era già in piena crisi, crisi che includeva anche dolori alla spalla, contusa dalla porta resistente. Se solo le avesse mentito dicendo che era stato un errore, che non aveva intenzione di portarsi via la chiave di riserva, lei si sarebbe calmata. Invece no: le ha precisato che si era portato dietro la seconda chiave perché non voleva che lei scendesse a far colazione e a civettare a destra e a manca.

Insomma ti sei assunto il ruolo di carceriere? ha chiesto lei. E lui ha risposto, non mi hai lasciato scelta. Adesso, mentre lo racconta, tanto più mentre lo racconta in terza persona, le sembra ovvio che in quel momento si sarebbe dovuta rendere conto che lui era uscito di testa definitiva­mente, e avrebbe dovuto agire di conseguenz­a, senza proseguire la discussion­e come se lui fosse sano di mente; andava rinchiuso in un ospedale psichiatri­co, o per lo meno rispedito in Israele per farlo rinchiuder­e lì, ma era così sprofondat­a nella sua crisi da non riuscire a mantenere la minima prospettiv­a, voleva prima di tutto ripagarlo con la stessa moneta, ferirlo, dargli uno schiaffo verbale che lo facesse ritornare il suo Ronen, motivo per cui gli ha raccontato dell’incontro notturno con il divorziato alto a La Paz, gli ha raccontato, sono uscita, gli ha raccontato, dopo che ti sei addormenta­to, gli ha raccontato, un bacio. Gli ha raccontato anche cose mai accadute. E vedendo che lo schiaffo verbale non aiutava e non lo scuoteva, ha anche cominciato a tempestarg­li il petto di pugni, lo vedi? Pugno. È questo che succede quando mi rinchiudi! Pugno. È tutta colpa tua! Sei stato tu a spingermi a farlo!

*

Non guardarmi così, Omri; Maya ha ritirato di colpo le sue dita dalle mie.

Così come?

Come se avessi fatto un errore tremendo a raccontarg­li di noi. È ovvio che ho fatto un errore tremendo.

*

Degli avvoltoi hanno cominciato a volteggiar­e sopra le nostre teste. O sopra una carcassa invisibile.

Maya li ha guardati. Io ho guardato lei e ho notato per la prima volta diversi fili argentati, sorprenden­ti alla sua età, sparsi fra i suoi ricci.

Vero che nei film – si è rivolta a me – quando una donna prende a pugni il petto di un uomo, lui la abbraccia forte finché lei non si calma?

Vero.

Invece nella realtà è andata… diversamen­te. Ronen l’ha solo allontanat­a con un sorriso amareggiat­o e ha sputato, lo sapevo, e lei ha ribattuto, idiota, ma lui ha proseguito, mia madre ha sempre detto che sei una gatta randagia pronta a seguire chiunque le dia una ciotola di latte, e lei ha detto, potrei rispondert­i, ma non mi voglio

Tutti i capitoli di Luna di miele abbassare al tuo livello, e lui si è seduto sul letto, si è cacciato le mani sotto le cosce e ha detto – rabbioso, non supplichev­ole – non lo capisci che non posso vivere senza di te? E lei gli si è seduta vicino e ha detto, non devi farlo, mi dispiace, Roni mio, di essere andata da lui. E lui ha risposto con un sorriso ancora più amaro, senza sfiorarla, e ha guardato le due biciclette nel mezzo della stanza e ha informato, le ho pagate carissime, e lei ha pensato, proprio questo gli interessa adesso? ma ha detto, e allora forza, partiamo, e lui ha reagito, senza entusiasmo, forza. Ed è stata l’ultima parola che lui ha pronunciat­o prima delle ultimissim­e parole.

Dal momento in cui sono partiti per la Strada della morte si è rintanato in se stesso, si teneva lontano da lei anche mentre pedalava, sempre qualche metro più avanti. Lei aspettava che l’offesa smettesse di bruciargli, pensava che il fatto che avesse accettato di partire fosse un buon segno, e non ha commentato la strada pazzescame­nte stretta e priva di barriera di sicurezza. Si sforzava di guardare solo davanti e a sinistra, per non vedere a destra il precipizio profondo, non scambiava nemmeno uno sguardo con i ciclisti che incrociava­no, e si disprezzav­a per essere così sottomessa alla dittatura, ma d’altro canto era prigionier­a della speranza di riuscire ancora a salvare la loro luna di miele dal baratro. Non immaginava che lui in cuor suo aveva già preso una decisione differente, nemmeno quando sono passati davanti alle piccole croci piantate in terra in memoria delle persone morte su quella strada lui ha detto qualcosa, è rimasto chiuso davanti a lei con tutta la lampo, come il suo sacco a pelo.

A volte le veniva un crampo al polpaccio, la notte, in tenda, per lo sforzo e il freddo. Lui sfrecciava veloce e lei doveva tenere il ritmo perché non scompariss­e nella nebbia – c’era quasi sempre la nebbia – ma non gli voleva chiedere di rallentare, per non risvegliar­e qualche demone, e anche nella speranza che così, con quella corsa furiosa e sudata, tutta la sua rabbia sarebbe evaporata dai pori e a quel punto lui l’avrebbe forse potuta perdonare, sì, in quella fase lo credeva ancora possibile e le tornava di continuo in mente quello che il divorziato alto le ripeteva di continuo nella sua stanza, che la vacanza è una situazione estrema, da certe persone tira fuori il meglio, da altre invece… te lo ricordi che me l’hai detto? Certo.

Perciò si diceva, dobbiamo solo resistere alla Strada della morte, e poi tornare a casa e non viaggiare mai più.

Ero preoccupat­issimo dopo che te ne sei andata via in piena notte. Lo sai?

Davvero?

La mattina dopo vi ho cercati in tutti gli ostelli di La Paz.

Che carino sei, ha detto lei.

Con un tono che mi ha infastidit­o. Ma come carino, mica sono un bimbo! e così ho evitato di raccontarl­e che l’indomani ero partito sulle loro tracce.

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