IL PUNTO NON È (SOLO) IL WET MARKET
Tre esperti ci spiegano perché la lotta al Covid-19 servirà ad affrontare i prossimi «salti di specie» dei virus, o SPILLOVER: che avverranno in altri modi
hiudono (forse) i wet market in Cina, per motivi igienici. Ma i «salti di specie», i famosi spillover, non avvengono solo nei mercati dell’umido, che non sono solo in Asia. Inoltre, secondo gli esperti, il prossimo sfidante da battere non sarà un coronavirus, eppure sconfiggere il Covid-19 ci aiuterà in futuro a neutralizzare prima il nemico.
CNON SOLO «MERCATI UMIDI»
Gli ultimi a fare pressioni sulla Cina affinché abolisca i wet market, finiti nel mirino già nel 2002, quando esplose l’epidemia Sars, sono stati gli Usa. Il Covid-19, la Sars, la «spaziale» (l’influenza di Hong Kong del 1968), l’asiatica del 1958-1959: il prossimo «big one» proverrà, quindi, ancora una volta da Oriente? «Sovrappopolazione e contatti stretti in condizioni igieniche non sempre appropriate con animali in grado di trasmettere virus zoonotici fanno sì che da tempo l’Asia orientale sia la culla perfetta delle pandemie influenzali e di alcuni coronavirus», spiega l’infettivologo Massimo Galli, primario dell’Ospedale Sacco di Milano. Tuttavia «le epidemie possono arrivare anche dagli allevamenti intensivi, dove i salti interspecifici sono favoriti dalla presenza di potenziali ospiti intermedi in grado di fungere da ponte», avverte il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, Giovanni Rezza.
NON SOLO CINA
I mercati dell’umido sono presenti pure in altre aree del mondo, per esempio in Africa e in America Latina. «Quelli asiatici preoccupano di più perché collocati spesso in aree con un’elevata densità abitativa. In questi mercati le infezioni possono essere trasmesse dagli animali selvatici attraverso la contaminazione delle mani o la creazione di aerosol nel corso della loro macellazione», prosegue l’esperto dell’Iss. Persino a New York si contano quasi un centinaio di mercati dell’umido: al sindaco Bill de Blasio è stato chiesto di bandirli. In favore di un lockdown globale e definitivo dei wet market, additati ormai come autostrade dei virus, si sono espresse poi le Nazioni Unite.
NON SOLO CORONAVIRUS
«L’eventuale messa al bando dei wet market permetterà di limitare i rischi derivanti dalla cattiva gestione degli animali e della natura, ma non rappresenta la soluzione a tutti i mali. La prossima volta potremmo ritrovarci a dover fronteggiare un’epidemia su scala globale legata al diffondersi di un tipo di virus dell’influenza A», aggiunge Massimo Galli. D’accordo l’epidemiologo dell’Università di Pisa, Pier Luigi Lopalco. «Un’influenza più contagiosa dell’aviaria e più letale della suina potrebbe dare origine a un nuovo virus pandemico. Ma ci faremo trovare pronti: la pandemia del 2009, causata dal sottotipo H1N1 del virus dell’influenza A, non è stata percepita come tale e così negli ultimi anni i governi hanno finito con l’abbassare la guardia. L’attuale emergenza sanitaria sta portando invece alla definizione di piani pandemici studiati su misura per rallentare i diversi tipi di infezioni virali in grado di aggredirci su vasta scala».
MACELLAZIONE IN DIRETTA
Un wet market a Kuala Lumpur, Malesia. I «mercati umidi» nella sola Cina occupano 6,3 milioni di addetti e hanno un giro di affari di oltre 18 miliardi di dollari.