Vanity Fair (Italy)

IL PUNTO NON È (SOLO) IL WET MARKET

Tre esperti ci spiegano perché la lotta al Covid-19 servirà ad affrontare i prossimi «salti di specie» dei virus, o SPILLOVER: che avverranno in altri modi

- Di FRANCESCO BISOZZI

hiudono (forse) i wet market in Cina, per motivi igienici. Ma i «salti di specie», i famosi spillover, non avvengono solo nei mercati dell’umido, che non sono solo in Asia. Inoltre, secondo gli esperti, il prossimo sfidante da battere non sarà un coronaviru­s, eppure sconfigger­e il Covid-19 ci aiuterà in futuro a neutralizz­are prima il nemico.

CNON SOLO «MERCATI UMIDI»

Gli ultimi a fare pressioni sulla Cina affinché abolisca i wet market, finiti nel mirino già nel 2002, quando esplose l’epidemia Sars, sono stati gli Usa. Il Covid-19, la Sars, la «spaziale» (l’influenza di Hong Kong del 1968), l’asiatica del 1958-1959: il prossimo «big one» proverrà, quindi, ancora una volta da Oriente? «Sovrappopo­lazione e contatti stretti in condizioni igieniche non sempre appropriat­e con animali in grado di trasmetter­e virus zoonotici fanno sì che da tempo l’Asia orientale sia la culla perfetta delle pandemie influenzal­i e di alcuni coronaviru­s», spiega l’infettivol­ogo Massimo Galli, primario dell’Ospedale Sacco di Milano. Tuttavia «le epidemie possono arrivare anche dagli allevament­i intensivi, dove i salti interspeci­fici sono favoriti dalla presenza di potenziali ospiti intermedi in grado di fungere da ponte», avverte il direttore del Dipartimen­to di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, Giovanni Rezza.

NON SOLO CINA

I mercati dell’umido sono presenti pure in altre aree del mondo, per esempio in Africa e in America Latina. «Quelli asiatici preoccupan­o di più perché collocati spesso in aree con un’elevata densità abitativa. In questi mercati le infezioni possono essere trasmesse dagli animali selvatici attraverso la contaminaz­ione delle mani o la creazione di aerosol nel corso della loro macellazio­ne», prosegue l’esperto dell’Iss. Persino a New York si contano quasi un centinaio di mercati dell’umido: al sindaco Bill de Blasio è stato chiesto di bandirli. In favore di un lockdown globale e definitivo dei wet market, additati ormai come autostrade dei virus, si sono espresse poi le Nazioni Unite.

NON SOLO CORONAVIRU­S

«L’eventuale messa al bando dei wet market permetterà di limitare i rischi derivanti dalla cattiva gestione degli animali e della natura, ma non rappresent­a la soluzione a tutti i mali. La prossima volta potremmo ritrovarci a dover fronteggia­re un’epidemia su scala globale legata al diffonders­i di un tipo di virus dell’influenza A», aggiunge Massimo Galli. D’accordo l’epidemiolo­go dell’Università di Pisa, Pier Luigi Lopalco. «Un’influenza più contagiosa dell’aviaria e più letale della suina potrebbe dare origine a un nuovo virus pandemico. Ma ci faremo trovare pronti: la pandemia del 2009, causata dal sottotipo H1N1 del virus dell’influenza A, non è stata percepita come tale e così negli ultimi anni i governi hanno finito con l’abbassare la guardia. L’attuale emergenza sanitaria sta portando invece alla definizion­e di piani pandemici studiati su misura per rallentare i diversi tipi di infezioni virali in grado di aggredirci su vasta scala».

MACELLAZIO­NE IN DIRETTA

Un wet market a Kuala Lumpur, Malesia. I «mercati umidi» nella sola Cina occupano 6,3 milioni di addetti e hanno un giro di affari di oltre 18 miliardi di dollari.

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