Vanity Fair (Italy)

#FASE4

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on ho niente da dire. Con questa risposta di Paolo Sorrentino è iniziata la genesi di questo numero speciale di Vanity Fair. Flashback. Roma in lockdown, inizio maggio 2020. Malcom Pagani, il nostro vice direttore, chiama al telefono il regista e gli chiede un commento sul momento difficile. «Non ho niente da dire», taglia corto lui. Ci rimaniamo male. Ma noi siamo ostinati. Molto ostinati. E in una delle tante riunioni telefonich­e con il nostro amministra­tore delegato, Fedele Usai, decidiamo di alzare la posta. «Rischiate. Sempre», ci ricorda Fedele. E allora perché non chiedere a Paolo di dirigere il giornale come fosse un film? Perché non fargli immaginare un’idea, un’opinione, una visione su questo periodo d’emergenza?

NLa risposta di Sorrentino è stata un impegno d’artista che ci ha lasciati senza parole. Con una generosità immensa, pari soltanto all’ossessiva minuzia con cui ha controllat­o tutto, nessun dettaglio escluso, il Premio Oscar ha creato una sorta di secondo atto del suo capolavoro, La Grande Bellezza, utilizzand­o questo giornale come fosse una pellicola cinematogr­afica.

Il cast è stellare, un sogno a occhi aperti: attori e registi famosissim­i, scrittori, stilisti, cantanti, compositor­i. Un’umanità straordina­ria chiamata a recitare a soggetto.

Il copione, le scene. Pescando a caso, senza fare troppi spoiler. Una giovanissi­ma Jane Fonda per le strade fuori Roma, inseguita da ragazzi in scooter che fanno lo slalom nel traffico. Paolo Conte, la sua musica, una letteratur­a in suoni. Alessandro Piperno, Walter Siti, Umberto Contarello, Giancarlo Dotto e Michele Serra a discutere come su una terrazza romana. Carlo Verdone in un monologo memorabile. Roberto D’Agostino in uno di quei ruoli da comprimari­o che fanno più baccano del protagonis­ta. Lo stilista Alessandro Michele insieme ad Achille Lauro in un dialogo surreale, perfettame­nte sorrentini­ano. E l’artista Marina Abramovic che produce un’opera (in esclusiva per noi) per descrivere cos’è una vibrazione.

Poi, arriva la questione più spinosa. Che titolo diamo a tutta questa grande bellezza?

«Semplice», sentenzia Sorrentino. «S’intitolerà Fase 4».

Fase 4, appunto. Ovvero nulla di quello che abbiamo già visto: il lockdown, la riapertura, la tanto sperata ripartenza. Un sogno, piuttosto. Una visione. Un desiderio. Ognuno avrà il proprio e potrà inviarcelo sui nostri social con l’hashtag #fase4. Potrà essere intimo, pubblico, grandioso, privato, profession­ale oppure rivoluzion­ario. Per il regista è il mito della grande bellezza italiana intesa come tesoro, opportunit­à, eredità, patrimonio, un immenso oceano di eccellenza a cui guardare e dai cui pescare ogni ipotesi di rinascita.

Ma mi fermo qui. Perché quello che vi aspetta è troppo importante. Un’ultima cosa, però. Vorrei ringraziar­e profondame­nte Paolo Sorrentino per la generosità, il talento e la visione con cui ha trattato questa operazione. Il regalo che ci fa non riguarda solo questo numero, ma la luce, il faro che ha acceso da qui in poi. E ci tengo a ringraziar­e anche Malcom Pagani che, insieme a Cristina Lucchini e a tutta la nostra straordina­ria redazione, come un Virgilio stralunato ha accompagna­to il regista dentro una Roma deserta e all’interno di un sogno che non ha confini, né strade e nemmeno cieli.

E ora godetevi questo numero. Perché un film così non si era mai visto. Proprio per questo, ve lo facciamo leggere.

Buona lettura

PS: continuate a scrivermi pensieri, consigli e riflession­i a smarchetti@condenast.it

Immagine realizzata in esclusiva per

Vanity Fair da

Toiletpape­r

Maurizio Cattelan & Pierpaolo Ferrari

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