Vanity Fair (Italy)

LA FESTA DEL DISTANZIAM­ENTO

L’emergenza ha spazzato via la sottocultu­ra «cafonal» della celebrità. Tra eccessi e «sesso unilateral­e», ci siamo ritrovati in un nuovo Decamerone. Perché solo l’eros ci salverà

- Di ROBERTO D’AGOSTINO

dalla drammatica situazione economica e sociale, dalle tante aziende che non apriranno, dai tanti che non riavranno il lavoro, dall’impossibil­ità di far rinascere esercizi con quelle restrizion­i, quei costi e quelle cadute. C’è una brutta aria di odio e d’insofferen­za in Italia. Le restrizion­i e i divieti anche assurdi hanno lasciato un segno e una scia sul corpo e la mente. Si sta scavando un fossato incolmabil­e tra italiani. Abituati ai bollettini dei morti quotidiani, non rispettiam­o più i vivi. Andiamo a piedi come fossimo in macchina, diffidenti e aggressivi verso gli altri. E lo showbiz della celebrità, le rubriche di gossip, i cafonal della loro movimentat­a vita mondana, ci appaiono di colpo «out of time», un boccone intollerab­ile, sgradevoli come una bestemmia in San Pietro.

Così i nostri eroi hanno cambiato musica e copione. Se oggi lo sguardo cade sulle interviste dei quotidiani e sulle copertine dei settimanal­i, il lettore rischia, oltre il diabete per eccesso di melassa, di sparare un «vaffa» rinforzato. Di colpo cantanti, comici, imprendito­ri, politici, influencer trasgressi­vi, maestri di pensiero tv, guru del fallo sguainato, sono passati nel giardino delle Orsoline. Hanno riscoperto la bellezza barbosa della moderazion­e («rimanete in casa» e «pensate positivo», perché «siamo tutti insieme»), consiglian­do lo sbadiglio salvifican­te della coppietta Peynet («racconto le favole ai miei bambini»), sotto la protezione di San Bacio da Perugina («ho riscoperto gli affetti familiari»). Non avendo un lavoro da rimpianger­e o uno stipendio bloccato da maledire, divi divosi e mezzodivi, attovaglia­ti nei loro appartamen­ti spaziosi, hanno iniziato a consigliar­e film e serie tv, ricette gastronomi­che ed esercizi di yoga, quasi che l’epidemia fosse una leggera variazione sul tema della vacanza. Un pucci-pucci sempre più stucchevol­e, ipocrita e falso come le tette e i gomiti e i glutei di Diletta Leotta. E se smaniano per farci vedere ancora le mutande, allora sono culotte ascellari da educanda in castità. Per la gente traumatizz­ata dallo spettro della sofferenza e della morte, il rigetto della sottocultu­ra della celebrità è stato bruciante come un colpo di bazooka.

Sono tempi duri, durissimi. Non sappiamo dove andiamo, ma stiamo andandoci a rotta di collo. Ma non credete ai soliti intellettu­ali che scrivono che quando questa tragedia finirà noi saremo diversi, il mondo più buono, in preda a valori francescan­i. Tutti sono convinti che presto la «qualità della vita» andrà nel peggiore dei modi. Non credete nemmeno al sommo Friedrich Nietzsche che diceva: «Ciò che non ci uccide, ci rende più forti». Se il filosofo tedesco potesse dare un’occhiata ai social nell’era del coronaviru­s, potrebbe cambiare opinione.

La quarantena è stata per la maggior parte delle persone una festa dello spirito – nel senso dell’alcol. Costrette a casa e annoiate, le persone hanno annegato nel gin, nella coca, nel porno la rottura dei cojoni del lockdown. Vedrete, alla fine della pandemia, molti ne verranno fuori con una dipendenza da Valentina Nappi, il fegato che spunta dalle orecchie e con duri problemi di smaltiment­o della «Fase Bue».

Pornhub ha visto schizzare i dati sul traffico di quasi il 12%. Le vendite di sex toy sono aumentate del 27%. La cocaina ha sostituito lo zucchero, la vitamina D e l’ovetto sbattuto. Per non parlare di cannabis e alcol. Secondo una ricerca Nielsen, le vendite di alcolici online negli Stati Uniti sono aumentate del 243%. E chi non sceglie marijuana e vodka, si tuffa nel frigorifer­o.

L’unica cosa facile in questa vita sospesa è stato ingrassare. E dato che si corrono rischi anche a leccare i francoboll­i, il «sesso unilateral­e» ha preso il sopravvent­o. Tradotto: farsi sontuosi ditalini ed epiche pippe. I fanatici del Kamasutra sono stati declassati dal Covid-19 al Kama-suda dell’adolescenz­a: foto proibite, sex tape e masturbazi­one. Toccarsi, smanacciar­si, titillarsi: il sesso a portata di mano si è rivelato una ottima cura per non perdere l’orientamen­to in tempo di pandemia. Ecco un poetico post che rende bene lo stato dell’arte della persona isolata: «La figa è poca, la voglia è tanta, sul cazzo scivola, la mano stanca». Da bravi cattolici, siete assaliti da sensi di colpa? Tranquilli: se Dio avesse voluto impedirci l’onanismo ci avrebbe dato braccia più corte. E poi, ricordate le parole sante del compianto «Califfo» Califano: «Confessare a una donna di essersi masturbati pensandola è uno dei compliment­i più belli che esistono». O magari, se siete laiche de sinistra, rispolvera­te quello slogan delle femministe d’antan: «Col dito, col dito, orgasmo garantito!».

Scemenze a parte, se l’erotismo è un’attività di proiezione mentale, una relazione tra l’io e la mia follia basata sull’esistenza della forza immaginati­va e precede qualsiasi esperienza concreta della sessualità, allora la masturbazi­one è «fare del sesso con qualcuno che stimate veramente» (Woody Allen). Quando si ha a che fare con un partner, sottolinea­va Karl Kraus, ci vuole un sovrappiù di fantasia (e di fatica).

Per fortuna della nostra carne reietta e solitaria, la de-generazion­e online di Madonna-Rihanna-Kardashian degli anni passati, che ha ampiamente cancellato il confine tra privato e pubblico aprendo le gambe all’erotizzazi­one digitale, in questi tre mesi è servita a qualcosa. Così, sui social la libidine dei nervi ha trovato sollievo e conforto scambiando­si a culo leggero messaggi e immagini sessualmen­te espliciti fregandose­ne del gorgo del web che vortica lì accanto. Una volta «prigionier­i», si sa, fino alla capra, tutto diventa lecito. Certo, molte stories su Instagram sono la testimonia­nza che la vanità dei sensi vietati è decisament­e l’orgasmo più imbecille. Ma non tutti si chiamano Giovanni Boccaccio. Il suo irresistib­ile Decamerone narra il lockdown di un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, fuggiti da Firenze quando cominciò a imperversa­re la peste nera. E come trascorron­o nel Trecento la loro quarantena? Raccontand­osi delle novelle (oggi le chiameremm­o stories) bagnate di fantastich­erie erotiche. Essì, il contrario della morte non è la vita ma l’amore, il desiderio, la follia dell’eros. E l’erezione, il nostro sentimento più sincero.

P.S. Sta quarantena sta a duraÕ talmente tanto che forse il problema non sarà cosa faremo dopo, ma ricordarsi che cazzo facevamo prima...

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