LA FESTA DEL DISTANZIAMENTO
L’emergenza ha spazzato via la sottocultura «cafonal» della celebrità. Tra eccessi e «sesso unilaterale», ci siamo ritrovati in un nuovo Decamerone. Perché solo l’eros ci salverà
dalla drammatica situazione economica e sociale, dalle tante aziende che non apriranno, dai tanti che non riavranno il lavoro, dall’impossibilità di far rinascere esercizi con quelle restrizioni, quei costi e quelle cadute. C’è una brutta aria di odio e d’insofferenza in Italia. Le restrizioni e i divieti anche assurdi hanno lasciato un segno e una scia sul corpo e la mente. Si sta scavando un fossato incolmabile tra italiani. Abituati ai bollettini dei morti quotidiani, non rispettiamo più i vivi. Andiamo a piedi come fossimo in macchina, diffidenti e aggressivi verso gli altri. E lo showbiz della celebrità, le rubriche di gossip, i cafonal della loro movimentata vita mondana, ci appaiono di colpo «out of time», un boccone intollerabile, sgradevoli come una bestemmia in San Pietro.
Così i nostri eroi hanno cambiato musica e copione. Se oggi lo sguardo cade sulle interviste dei quotidiani e sulle copertine dei settimanali, il lettore rischia, oltre il diabete per eccesso di melassa, di sparare un «vaffa» rinforzato. Di colpo cantanti, comici, imprenditori, politici, influencer trasgressivi, maestri di pensiero tv, guru del fallo sguainato, sono passati nel giardino delle Orsoline. Hanno riscoperto la bellezza barbosa della moderazione («rimanete in casa» e «pensate positivo», perché «siamo tutti insieme»), consigliando lo sbadiglio salvificante della coppietta Peynet («racconto le favole ai miei bambini»), sotto la protezione di San Bacio da Perugina («ho riscoperto gli affetti familiari»). Non avendo un lavoro da rimpiangere o uno stipendio bloccato da maledire, divi divosi e mezzodivi, attovagliati nei loro appartamenti spaziosi, hanno iniziato a consigliare film e serie tv, ricette gastronomiche ed esercizi di yoga, quasi che l’epidemia fosse una leggera variazione sul tema della vacanza. Un pucci-pucci sempre più stucchevole, ipocrita e falso come le tette e i gomiti e i glutei di Diletta Leotta. E se smaniano per farci vedere ancora le mutande, allora sono culotte ascellari da educanda in castità. Per la gente traumatizzata dallo spettro della sofferenza e della morte, il rigetto della sottocultura della celebrità è stato bruciante come un colpo di bazooka.
Sono tempi duri, durissimi. Non sappiamo dove andiamo, ma stiamo andandoci a rotta di collo. Ma non credete ai soliti intellettuali che scrivono che quando questa tragedia finirà noi saremo diversi, il mondo più buono, in preda a valori francescani. Tutti sono convinti che presto la «qualità della vita» andrà nel peggiore dei modi. Non credete nemmeno al sommo Friedrich Nietzsche che diceva: «Ciò che non ci uccide, ci rende più forti». Se il filosofo tedesco potesse dare un’occhiata ai social nell’era del coronavirus, potrebbe cambiare opinione.
La quarantena è stata per la maggior parte delle persone una festa dello spirito – nel senso dell’alcol. Costrette a casa e annoiate, le persone hanno annegato nel gin, nella coca, nel porno la rottura dei cojoni del lockdown. Vedrete, alla fine della pandemia, molti ne verranno fuori con una dipendenza da Valentina Nappi, il fegato che spunta dalle orecchie e con duri problemi di smaltimento della «Fase Bue».
Pornhub ha visto schizzare i dati sul traffico di quasi il 12%. Le vendite di sex toy sono aumentate del 27%. La cocaina ha sostituito lo zucchero, la vitamina D e l’ovetto sbattuto. Per non parlare di cannabis e alcol. Secondo una ricerca Nielsen, le vendite di alcolici online negli Stati Uniti sono aumentate del 243%. E chi non sceglie marijuana e vodka, si tuffa nel frigorifero.
L’unica cosa facile in questa vita sospesa è stato ingrassare. E dato che si corrono rischi anche a leccare i francobolli, il «sesso unilaterale» ha preso il sopravvento. Tradotto: farsi sontuosi ditalini ed epiche pippe. I fanatici del Kamasutra sono stati declassati dal Covid-19 al Kama-suda dell’adolescenza: foto proibite, sex tape e masturbazione. Toccarsi, smanacciarsi, titillarsi: il sesso a portata di mano si è rivelato una ottima cura per non perdere l’orientamento in tempo di pandemia. Ecco un poetico post che rende bene lo stato dell’arte della persona isolata: «La figa è poca, la voglia è tanta, sul cazzo scivola, la mano stanca». Da bravi cattolici, siete assaliti da sensi di colpa? Tranquilli: se Dio avesse voluto impedirci l’onanismo ci avrebbe dato braccia più corte. E poi, ricordate le parole sante del compianto «Califfo» Califano: «Confessare a una donna di essersi masturbati pensandola è uno dei complimenti più belli che esistono». O magari, se siete laiche de sinistra, rispolverate quello slogan delle femministe d’antan: «Col dito, col dito, orgasmo garantito!».
Scemenze a parte, se l’erotismo è un’attività di proiezione mentale, una relazione tra l’io e la mia follia basata sull’esistenza della forza immaginativa e precede qualsiasi esperienza concreta della sessualità, allora la masturbazione è «fare del sesso con qualcuno che stimate veramente» (Woody Allen). Quando si ha a che fare con un partner, sottolineava Karl Kraus, ci vuole un sovrappiù di fantasia (e di fatica).
Per fortuna della nostra carne reietta e solitaria, la de-generazione online di Madonna-Rihanna-Kardashian degli anni passati, che ha ampiamente cancellato il confine tra privato e pubblico aprendo le gambe all’erotizzazione digitale, in questi tre mesi è servita a qualcosa. Così, sui social la libidine dei nervi ha trovato sollievo e conforto scambiandosi a culo leggero messaggi e immagini sessualmente espliciti fregandosene del gorgo del web che vortica lì accanto. Una volta «prigionieri», si sa, fino alla capra, tutto diventa lecito. Certo, molte stories su Instagram sono la testimonianza che la vanità dei sensi vietati è decisamente l’orgasmo più imbecille. Ma non tutti si chiamano Giovanni Boccaccio. Il suo irresistibile Decamerone narra il lockdown di un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, fuggiti da Firenze quando cominciò a imperversare la peste nera. E come trascorrono nel Trecento la loro quarantena? Raccontandosi delle novelle (oggi le chiameremmo stories) bagnate di fantasticherie erotiche. Essì, il contrario della morte non è la vita ma l’amore, il desiderio, la follia dell’eros. E l’erezione, il nostro sentimento più sincero.
P.S. Sta quarantena sta a duraÕ talmente tanto che forse il problema non sarà cosa faremo dopo, ma ricordarsi che cazzo facevamo prima...