Vanity Fair (Italy)

LA SCOPERTA DEL PRESENTE

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Non mi sono mai sentita libera come nei due mesi del lockdown stretto e immagino sia un sentimento condiviso da molti dei privilegia­ti che non sono stati costretti a lavorare in un supermerca­to o in un ospedale.

Mi sono sentita libera come da bambina, prima che il senso di colpa per l’asocialità o l’improdutti­vità condiziona­sse per sempre il mio rapporto col tempo.

Fino al 4 maggio mi sono svegliata presto. Ogni mattina prima delle sette partivo all’esplorazio­ne della nuova giornata e della vecchia casa vuote come pagine bianche, libere e avventuros­e. Mia figlia si sarebbe materializ­zata in cucina solo all’ora di pranzo e io cominciavo, a seconda dell’ispirazion­e, a strofinare piani di marmo e fornelli di ghisa, creare playlist su Spotify, aggiustare sedie, fare la vocina da gatto al gatto Obama, preparare ragù di tre ore, ballare Hips Don’t Lie in bagno, telefonare a mia sorella, fare una storia su Instagram, imparare a memoria una poesia o qualunque altra cosa mi passasse per la testa in quel momento. Anche se pulire e cucinare erano doveri, il fatto di poterlo fare quando ne avevo voglia – a mia figlia sarebbe bastato nutrirsi di yogurt e cereali se l’avessi permesso, e non avrebbe notato i gatti di polvere in corridoio nemmeno se si fossero messi a miagolare insieme a me e Obama − mi dava un gran senso di libertà, diversamen­te da quel che è successo in tutto il resto della mia vita di madre disorganiz­zata in cui la routine sveglia vestili mangiali portali a scuola vai a lavorare fai la spesa riprendili giocaci parlaci cucina mettili a letto per moltissimi anni non mi ha lasciato il tempo di fare altro che occuparmi di loro o del mio lavoro.

Inutile specificar­e quanto adorassi e adori loro e il mio lavoro, ma avevo scordato cosa fosse la libertà di concentrar­si sul presente e su una sola cosa per volta.

Poi il 4 maggio finalmente, con guanti e mascherina, ho incontrato il mio fidanzato al parco, vicino alla vasca dei pesci. Il 21 maggio sono andata dal parrucchie­re. Il 26 ho promesso al mio editore di finire il libro che sto scrivendo da due anni. Oggi vedrò due colleghi fuori dal computer. Tutte cose belle.

So che bisogna ricomincia­re – con ogni prudenza − ad avere impegni fissi e a programmar­e il futuro. Però come sono stata libera, davanti a tutto quel bianco, nel presente.

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