Vanity Fair (Italy)

SULLA STRADA

Un ragazzo con la sindrome di Down in fuga: arriva il film indie IN VIAGGIO VERSO UN SOGNO

- Di ENRICA BROCARDO

ella serie: nessuno può fermarti se ci credi abbastanza, il film In viaggio verso un sogno atterra, finalmente, sulle piattaform­e digitali (da Sky Primafila Premiere a Chili e altre) dal 1° giugno.

Zak (l’attore Zack Gottsagen) è un ragazzino con la sindrome di Down finito in una casa di riposo per anziani dopo essere stato abbandonat­o dalla famiglia. Guarda e riguarda una vecchia videocasse­tta di combattime­nto del suo wrestler preferito, sognando di diventare anche lui un lottatore profession­ista. Una notte riesce a fuggire grazie all’aiuto «ingegneris­tico» del suo amico ottantenne e finisce per caso nella barca di Tyler (Shia LaBeouf), pescatore di granchi e ladro, tormentato dai sensi di colpa. Sulle sue tracce l’assistente sociale Tyler (Dakota Johnson), decisa a riportarlo indietro per il suo bene. O, almeno, è quello che crede.

Un film buonista (nella scena clou, Zak, invece di gettare il cuore oltre l’ostacolo, lancerà il suo avversario fuori dal

Dring) che viene riscattato dalla vicenda umana dello stesso Shia LaBeouf, «rinato» dopo un lungo ricovero in rehab per comportame­nto molesto in stato di ebbrezza. Ma anche da una semplicità ruspante. «Gran parte di quello che si vede è improvvisa­zione», racconta lo stesso attore, «anche se nella sceneggiat­ura c’era scritto che a un certo punto avremmo dovuto fare una certa cosa, noi andavamo nella direzione che ci dettava l’istinto. Onestament­e, all’inizio ero terrorizza­to».

E infine c’è un senso di nostalgia che pervade la storia, ambientata in epoca pre cellulari e geolocaliz­zazione (in caso contrario la loro fuga sarebbe durata una manciata di miglia al massimo), in un’America genuina quanto «selvaggia». «Abbiamo girato in Texas. Lì, la gente ti saluta quando ti incrocia in macchina. Non perché siano amichevoli, ma perché tutti, da quelle parti, vanno in giro con la pistola. In superficie sembra un posto socievole, ma la realtà è terrifican­te».

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