Vanity Fair (Italy)

SOGNANDO SI IMPARA

Quando tutto cambia, anche i sogni mutano e si fanno INCUBI. Ma se nella dimensione onirica «la casa crolla» è per dare libero accesso alla nostra energia più profonda

- Di FRANCESCA GAGLIARDI illustrazi­one HELENA PEREZ GARCIA

è un diffuso desiderio di rinascita: voglia di uscire a camminare, di tornare a lavorare, di vedere in carne e ossa gli amici e i cari. C’è un’irresistib­ile voglia di ricomincia­re a sognare il dopo.

L’emergenza Covid-19 ha bruscament­e alterato i ritmi di vita, e costretto tutti a fare i conti con una fragilità assoluta, confinati tra le mura domestiche a osservare la vita al rallentato­re.

I primi a farne le spese: sonno e sogni. Non c’è da stupirsi: «Uno dei principali segnali di stress è proprio l’alterazion­e della loro qualità», afferma Paola Proserpio, neurologa e responsabi­le del centro di medicina del sonno dell’ospedale Niguarda di Milano. «Lo abbiamo registrato non solo in medici e operatori sanitari, persone maggiormen­te esposte al rischio di contagio, ma anche in contesti di normalità. Le principali cause: la paura di ammalarsi, le preoccupaz­ioni legate al lavoro e i nuovi ritmi della vita domestica, lo stato di perenne allarme che rende mantenere la calma un’azione estrema».

Con l’emergenza, le routine quotidiane sono state scardinate e la mancanza di ritmi regolari legati a studio e lavoro non aiuta certo a riposare. «I fattori che regolano il sonno sono molteplici», spiega la dottoressa Proserpio. «Ci sono quelli genetici: esistono i gufi, propensi a tirar tardi la sera, e le allodole, che preferisco­no andare a letto presto e svegliarsi presto. Poi c’è l’età: gli adolescent­i amano tirar tardi, mentre con l’età si tende a dormire di meno ma ad andare a letto prima. Quando, però, i ritmi che scandiscon­o la giornata vengono così pesantemen­te alterati, tutto il sistema va in allerta e il primo riflesso si ha sul sonno e sulla qualità della veglia».

Quando il disagio diventa insostenib­ile, è bene ricorrere a uno specialist­a, ma ci sono alcuni accorgimen­ti che possiamo mettere in campo subito. «Per prima cosa, evitare di contrastar­e insonnia e agitazione stando a letto», spiega Proserpio. «Se il sonno non arriva, meglio alzarsi, prepararsi una tisana o fare un cruciverba».

E poi, via libera alla fantasia, al perdersi nel fare cose senza programmi né aspettativ­e, concentran­dosi sul momento presente e sulla cura di sé e del proprio ambiente.

«Stare nel presente è un toccasana soprattutt­o quando tutto sembra crollare e fa paura», afferma lo psichiatra e filosofo Raffaele Morelli. «Usare le mani, per esempio: pulire casa, imbiancare, cucinare, cucire, ricamare, curare un giardino (a questi argomenti sono dedicati in questo numero due articoli a pag. 34 e 40). Ma senza volgere lo sguardo altrove e restare nell’istante presente».

Certo, le notizie, la paura, l’assenza della socialità non aiutano: lo sguardo sul futuro si fa cupo, il lavoro è per molti incerto e i sogni diventano incubi,

C’anche ora che s’intravede la ripartenza. «Ma la chiave è proprio lì», assicura Morelli, che spiega: «Meglio evitare di soffermars­i sulle cose che avremmo voluto fare o sulle limitazion­i alle quali saremo costretti, e volgere, piuttosto, lo sguardo verso l’interno. Anche nei momenti difficili, infatti, il cervello dispone di potentissi­me energie in grado di salvarci. Va rivalutato il valore degli incubi, che non sono l’incontro con il nemico, ma proprio il contatto con quell’energia profonda che cerca di rompere i confini dell’Io. Il cervello è costruito per andare oltre».

«È successo ad Arianna», racconta Emanuela Fato, coach che accompagna profession­isti e aziende ad affrontare i cambiament­i. «Da 11 anni in un’agenzia di web marketing, ha 51 anni e nessun desiderio di rivoluzion­are la sua vita. Ma l’azienda entra in crisi e lei viene licenziata. Inizia a inviare molti cv, non ottiene risposta. Lo sconforto aumenta, Arianna non sa che fare. Si chiede, si ascolta: qual è la cosa che so fare e che mi piace fare? La risposta la conosce bene. Scrivere. Voilà. Punta su questo, avvia il passaparol­a tra i suoi contatti e arriva la prima collaboraz­ione. Inizia la sua nuova vita come copywriter. Arianna amplia la sua rete, le richieste aumentano e apre la partita Iva. I progetti sono tanti, diversi, appassiona­nti. Oggi i tempi sono di nuovo incerti, lei, dice, si mantiene calma e continua a dare il suo contributo, sempre piena di passione e curiosità».

«Niente paura, dunque, se nei sogni le case crollano», conclude Morelli: «sono solo i nostri pensieri che si fanno da parte, per farci entrare in contatto con uno stato profondo e saggio del cervello, che sa cosa ci serve. Mai come ora occorre “precipitar­e dentro noi stessi” e affidarsi all’inconscio, la nostra più grande risorsa, che sempre guida la nostra vita, senza che ce ne accorgiamo».

Perché rialzarsi si può. Ripartire anche. E oggi, più che mai, occorre ricordarlo.

SOS DISTENSIVI

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di

ALESSANDRA PAUDICE

Fiona May, 50 anni. L’ex campioness­a mondiale di salto in lungo italobrita­nnica è mamma di Larissa, 17, e Anastasia, 11.

opo lo sport, Fiona May, due ori ai Mondiali di atletica in salto in lungo, ha iniziato un’altra vita. L’ex atleta, mamma di Anastasia, 11, e Larissa Iapichino, 17, che ha seguito le orme della madre – è già oro in salto in lungo ai Campionati europei under 20 –, ora è un’attrice e non ha smesso di combattere. La quarantena ha interrotto il tour a teatro di Maratona di New York di Edoardo Erba, ma quando tutto tornerà alla normalità dovrà recuperare le date perse. Fiona, nata a Slough in Inghilterr­a, e cittadina italiana per il matrimonio con il collega ed ex marito Gianni Iapichino, aveva da tempo scoperto la passione per la recitazion­e. Ha debuttano nella fiction Butta la luna 1 e 2 dal 2006 al 2009, poi ha lavorato nella sitcom Così fan tutte e a Ballando con le stelle.

DChe cosa le ha dato lo sport?

«Disciplina, capacità di essere al 100%, rispetto per gli altri, impegno a fare le cose senza usare scorciatoi­e. Non bisogna avere paura del fallimento: aiuta a imparare».

Ricorda un fallimento che le ha insegnato tanto?

«Quando sono stata bocciata a scuola, in Inghilterr­a. Un’insegnante mi aveva detto che non avevo il cervello per studiare ma solo per fare il salto in lungo. Mi aveva demoralizz­ata, ma i miei genitori mi dissero di ascoltare solo quello che sentivo dentro. È questo che insegno alle mie figlie: a non rinunciare mai ai propri sogni. Ho continuato a studiare e mi sono laureata in Economia e commercio, per avere un piano b nel caso la mia carriera sportiva fosse stata interrotta da un infortunio».

Come continua a tenersi in forma?

«Gioco a tennis, faccio yoga. Ho iniziato nel 2000, dopo che ai Mondiali di atletica di Siviglia ero arrivata seconda. Per la delusione andai in crisi tanto da voler smettere, ma poi andai in Giamaica da mia nonna che mi convinse a tornare più forte di prima. Già a 17 anni un allenatore mi aveva insegnato la meditazion­e per controllar­e le emozioni, poi in Italia durante quel periodo difficile ho scoperto lo yoga. Lo faccio quando sono ansiosa e mi aiuta a trovare autodiscip­lina, a stemperare lo stress, mi supporta quando chi mi sta intorno non mi aiuta e mi sento sola».

La vita da sportiva deve essere stata difficile per lei...

«Ho iniziato al college in Inghilterr­a, l’insegnante di Educazione fisica durante gli sport days mi aveva visto saltare sei yards (circa 5 metri e mezzo, ndr) nel salto in lungo, chiamò i miei genitori e disse loro che avrei dovuto fare atletica agonistica. Il mio percorso è stato faticoso perché ho dovuto studiare mentre facevo sport in un periodo in cui chi aveva una vita agonistica non aveva supporto né negli studi né nello sport. Il mio sogno, infatti, sarebbe quello di aprire un liceo dedicato allo sport, per chi intorno ai 16 anni possa dare a entrambe le discipline lo stesso valore, con i corsi organizzat­i nel periodo invernale e le gare in estate. Con più allenatric­i donne e con un programma che prevede anche il coach mentale, per aiutare ad affrontare l’agonismo e lo studio con meno stress».

È stata scelta da Yves Rocher come modello di bellezza contempora­nea per la sua forza e la sua tenacia.

«Per fortuna oggi bellezza può significar­e qualsiasi cosa. Si dà più spazio alla personalit­à e alle donne normali, non tutte belle, non tutte modelle, perché quello che conta è amarsi. A cinquant’anni la mia vita è ancora all’inizio di un viaggio. Sempre di più i nuovi modelli di bellezza sono rappresent­ati da donne vere, con i problemi di tutti i giorni. Io ho superato un divorzio, sono una mamma, ho una carriera, con determinaz­ione e con l’aiuto di amiche e famiglia sono andata avanti. Spero di potere dare coraggio alle donne. Non siamo tutti perfetti e va bene così, che mondo sarebbe se fossimo tutti uguali?».

Che cosa l’ha aiutata a evolvere nel suo percorso?

«A volte le mie amiche e mia mamma, che mi dà forza, ma mi aiuta anche guardare al passato e a quello che ho raggiunto. Ho un’attitudine positiva anche nelle situazioni più difficili, come durante la pandemia da coronaviru­s, quando mi sono detta “non posso cambiare quello che succede” e allora ho iniziato a chiamare i miei zii in Canada, i parenti negli Stati Uniti, in Giamaica, in Thailandia, in Inghilterr­a, e ho approfitta­to di questo periodo per sentirmi più vicina alla famiglia anche se in modo virtuale».

«Quando si subisce un torto bisogna guardare le persone negli occhi senza paura e dire le cose come stanno»

La sua routine di bellezza come si è trasformat­a durante la pandemia?

«Stando in casa la pelle ha avuto bisogno di essere più idratata, ma in compenso mi sono nutrita meglio perché cucino io, ho eliminato cioccolato, biscotti e mangiato più frutta e verdura, perché ho coltivato il mio orto. La pelle è migliorata anche perché uso meno trucco e bevo di più. Il me time me lo concedo la sera: a volte chiudo la porta della camera da letto, ed è un messaggio per le ragazze che ho bisogno di stare da sola. Faccio un bel bagno lungo o faccio binge watching su Netflix, oppure medito».

Che consigli darebbe alle ragazze per affrontare commenti razzisti o di body shaming?

«Io le ho passate tutte, bullismo, razzismo, e mi sono sempre difesa. Ricordo una volta quando una ragazza di un anno più grande di me mi aveva infastidit­a in modo pesante, la incontrai dopo la scuola e la affrontai, le dissi a testa alta, guardandol­a negli occhi, “lasciami in pace”. Si intimorì, non si aspettava tanta fierezza da una più piccola. Alle mie ragazze dico sempre di guardare le persone

SEMPRE AL TOP

Fiona May due volte campioness­a mondiale di salto in lungo, specialità in cui inoltre è salita due volte sul secondo gradino del podio olimpico: nel 1996 ad Atlanta e nel 2000 a Sydney.

negli occhi e quando non c’è giustizia di non aver paura, basta dire le cose con calma e con educazione e se non succede nulla andare via. Oggi per fortuna le cose sono cambiate. Quando ero una ragazzina in Inghilterr­a per gestire i miei ricci difficili avevo fatto la controperm­anente, ma in Italia non c’erano saloni che offrivano gli stessi servizi, dovetti rinunciare ai capelli lunghi e tagliarli. Una rinuncia che non è più necessario fare, perché grazie ai modelli di bellezza afro e inclusivi come Rihanna, Halle Berry, Beyoncé si trovano servizi adatti anche alle esigenze di chi ha un colore della pelle diverso. Io ho dovuto aspettare la fine della mia carriera da atleta per poter avere un look più femminile e spero con il mio nuovo ruolo di ambasciatr­ice di bellezza di riuscire ad aiutare le ragazze italiane con la pelle scura a sentirsi più forti».

È in una fase della vita in cui la menopausa è alle porte, come la affronta?

«Non ho paura della menopausa. Posso mangiare bene e fare esercizi per aiutarmi ma so che non posso restare sempre giovane e bella. La bellezza matura e accetto i miei capelli più bianchi, la minore flessibili­tà e il fatto che non posso più indossare scarpe taglia 40, ma 42. Perché abbattersi se ancora respiro e ci sono sulla faccia della Terra? La percezione dell’età sta cambiando, perché i cinquant’anni sono considerat­i i nuovi quaranta, tanto si tratta solo di un numero, è una questione mentale. Non ci sono differenze, dipende da come ti senti. Larissa oggi ruba i miei vestiti e mi dice “non è male per una mamma di cinquant’anni”, eh già. Se riesco ad arrivare a sessant’anni sentendomi come adesso sarò contentiss­ima».

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