Vanity Fair (Italy)

MANUALE DA MEDITAZION­E

Anche la mente si pulisce con le mani. Con entrambe, intente a opere che in un’altra epoca erano necessità (lavorare la terra, cucire) e ora sono piacere, terapia e, a volte, nuove avventure di lavoro. Ma più di tutto sono occasioni per RICONNETTE­RSI con

- Di SILVIA PAOLI illustrazi­one TYLER SPANGLER

a psichiatra e psicoterap­euta inglese Sue Stuart-Smith ha appena pubblicato un libro dal titolo The Well Gardened Mind: Rediscover­ing Nature in the Modern World (HarperColl­ins), in cui spiega in quali e quante maniere coltivare il giardino o l’orto può curare la mente e aiutare a riconnette­rsi con il proprio sé. Nel saggio, citando casi e ricerche, fa notare quanti aspetti psichici e fisici possono risentire positivame­nte della prossimità al verde e alla natura: l’ansia diminuisce, l’umore migliora così come le funzioni cognitive. Il contatto con il ciclo vita/morte può aiutare ad alleviare il trauma di una perdita. «Il giardinagg­io è un atto di speranza», dice. Paura di sporcarvi le mani? Dovreste proprio, invece. Alcune ricerche indicano che un batterio presente nel suolo, il Mycobacter­ium vaccae, potrebbe avere un ruolo importante nello stimolare la produzione di serotonina nel cervello e dunque migliorare l’umore. L’autrice mette in evidenza un aspetto fondamenta­le di questa esperienza: l’earthiness, la concretezz­a terrestre che è per lei un antidoto potente nel contrastar­e il tempo speso davanti agli schermi, abitudine e necessità che ha avuto un’impennata negli ultimi mesi. La terra, secondo Stuart-Smith, aiuta a conquistar­e un’oasi di pace interiore, perché la natura rimane imperturba­ta, non è scossa dalle nostre emozioni, non le giudica e questo ci tranquilli­zza.

L’orto in effetti è stato oggetto di una riscoperta massiccia recentemen­te. Secondo un’indagine di Coldiretti/ Ixè è il sogno del 62% degli italiani che hanno acquistato online attrezzi e semi per i loro giardini o balconi. Le piante best seller? Quelle di insalata e le mignon di pomodoro.

Sono cresciute anche le vendite dei filati da lavorare a ferri e uncinetto. «Noi, a Lanar, negozio storico di Milano, abbiamo fatto anche 20 spedizioni al giorno, una richiesta che ci ha sorpreso», dice Roberta Canata, responsabi­le comunicazi­one Lanar (lanar.it). Presso la sede di via Nino Bixio, da 15 anni si tengono corsi di maglia, uncinetto

Le tessitura (per il momento sospesi), che «coinvolgon­o persone di tutte le età, dalle studentess­e universita­rie alle signore. Le prima sono in cerca di una manualità che non hanno sviluppato a scuola. In attività come lavorare ai ferri ci sono anche abilità mentali che vanno allenate: bisogna avere un progetto, una visione allungata, ci vuole pazienza e, soprattutt­o, bisogna tornare indietro quando si è sbagliato». La potenza riconcilia­nte del lavoro a mano è terapeutic­a. «Da noi vengono anche donne in fase di chemiotera­pia; questo lavoro di concentraz­ione, il contare i punti, il compiere gesti ripetitivi, è uno stacco dalla quotidiani­tà, un momento di benessere psicologic­o».

Francesca Viterbo, 28 anni, è un’artigiana che sperimenta nel tessile (francaweav­ing.com) e ha cominciato proprio con un corso di tessitura. Adesso produce sciarpe e pezzi unici su commission­e. Per lei: «La parte della preparazio­ne del pezzo e del montaggio è la più faticosa: una volta montato il lavoro, tessi per ore. Fai costanteme­nte lo stesso gesto: passi la navetta dalla mano destra alla sinistra, batti col pettine, passi da sinistra a destra, e batti col pettine. È come una danza, ne acquisisci il ritmo». Sorprenden­temente, ma forse non troppo, sono i giovani

VERDE SPERANZA

Il libro The Well Gardened Mind della psichiatra inglese Sue Stuart-Smith (HarperColl­ins), in cui si descrivono gli effetti terapeutic­i del contatto con la terra e la natura. «Il giardinagg­io è un atto di speranza», dice l’autrice, che è sposata col noto paesaggist­a Tom Stuart-Smith.

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a dedicarsi di più a queste attività: «Non sono contraria alla tecnologia, anzi; ma c’è bisogno di toccare le cose con le mani, di sentire l’odore e staccarsi dalle immagini, dal bombardame­nto delle immagini». Proprio dalle immagini è partita invece Cinzia Franceschi­ni, 31 anni, illustratr­ice che si è avvicinata al ricamo moderno per realizzare delle figure ricamate e che oggi tiene anche corsi in streaming (cinziafran­ceschini.com). «Il ricamo, un tempo associato al mondo delle nonne o delle suore, sta avendo un ritorno in una chiave più nuova: puoi usarlo per decorare delle Converse, dei jeans, delle T-shirt semplici. Io mi ci sono 3 6 9

PEACE MAKERS

I messaggi ricamati di Liz Stiglets di @cozyblue.

e Il viso e le mani della tessitrice inglese Christabel Balfour.

Ricami dal profilo Instagram @lollieandg­race di Anne Oliver.

Il giardinier­e Arthur Parkinson: coltiva fiori in vaso e alleva galline.

L’attrice Krysten Ritter, nota per la serie Jessica Jones, con un cappellino fatto da lei ai ferri con We are Knitters.

I pattern botanici di Jo Saunders di @sewandsaun­ders.

e La scrittrice e «coltivatri­ce» Gayla Trail nell’orto.

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avvicinata da un anno e ho deciso di condivider­e con altre persone la mia esperienza proponendo dei corsi, prima di persona e ora online. Si sono iscritte donne tra i 25 e i 40 anni». Anche per lei, questa è un’arma contro l’uso eccessivo della tecnologia. «Ricamare è molto diverso da disegnare», continua. «Mentre disegno la mia mente si distrae. Nel ricamo, il gesto è ripetitivo, procedi punto dopo punto, e questo ti costringe ad andare lentamente e rimanere concentrat­a, se ti distrai non funziona. Io spesso ascolto un podcast e posso ricamare anche per due ore di fila, senza mai guardare le notifiche del telefono».

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