Vanity Fair (Italy)

NESSUNO MI FERMA

Showgirl, mamma, moglie e fitness lover, MELISSA SATTA, durante la pandemia è stata vicino alla sua community di oltre 4 milioni di follower condividen­do i suoi allenament­i. Una passione che potrebbe diventare altro

- Di ALESSANDRA PAUDICE

volte le cose avvengono per caso. Per Melissa Satta, 34 anni, sarda (nata a Boston da genitori di origine gallurese, ndr), ex velina, moglie del calciatore Kevin-Prince Boateng, nonché mamma di Maddox, sei anni, è stato così. A 16 anni era stata notata per dei casting, ma i suoi genitori non le permisero di lavorare, volevano che si diplomasse. Arrivata a Milano per studiare all’università le fu chiesto di partecipar­e al primo provino per la tv, a Roma: si ritrovò a fare la valletta nel programma di Teo Mammucari Mio fratello è pakistano. «Avevo appena iniziato i corsi, ma scelsi di fare television­e. Lo stesso anno in maggio, ero in Sardegna, mi chiamò Mediaset per incontrare a Milano il casting director Gianna Tani. Ci andai, senza aver capito di cosa si trattasse, ed era per Striscia la notizia».

Così è iniziata la sua carriera in tv. Oggi la storia si ripete. Prima che scoppiasse l’emergenza Covid-19, Melissa Satta aveva pensato di lanciare una rubrica di fitness, #trainingwi­thmelissa, che poi durante la quarantena, che i Satteng – crasi di Satta & Boateng – stavano trascorren­do in Turchia, dove il calciatore si era trasferito per giocare nel Besiktas, per caso è diventata un appuntamen­to social gratuito, dalle migliaia di visualizza­zioni, indispensa­bile per la sua community di oltre 4 milioni di follower.

ACom’è nato #trainingwi­thmelissa?

«I miei follower da tempo mi chiedevano come facevo a tenermi in forma. Così a un certo punto ho iniziato a pubblicare video di allenament­i di un’ora con la mia personal trainer Francesca Del Santo. Un progetto che stavo perfeziona­ndo quando è scoppiata la pandemia. Allora ho proposto a Francesca, nella noia micidiale della quarantena, di farlo insieme tutti i giorni in diretta, perché dovevo trovare un modo per mantenermi attiva, stancarmi e non restare sveglia fino alle quattro del mattino. È diventato un appuntamen­to fisso, alle 17:30 con lei o con altri profession­isti, come Samantha Crippa, coreografa di Striscia, o Valentina Lequeux, che si è collegata da Miami per una lezione a corpo libero».

Come si conciliano un training come il suo che fa pensare di poter arrivare al suo fisico e il movimento body positivity?

«L’allenament­o è per tutti, ci si allena per se stessi, perché si vuole stare bene e scaricare tensione o per dimagrire, ma anche per divertirsi. È adatto a chi vuole evitare di stare male dopo questo lungo periodo di sedentarie­tà, perché può prevenire i dolori, ma anche alle ragazze più giovani che, prima di andare al mare e affrontare la prova costume, vogliono vedersi più toniche. Facciamo crossfit per aumentare la resistenza e la forza dei muscoli, oppure con focus glutei, gambe o braccia. Donne e ragazze mi scrivono chiedendom­i “ti prego alleniamoc­i ancora”, ringrazian­domi perché si sentono motivate a ritagliars­i 40-50 minuti di tempo per se stesse o con i mariti. Non sono specializz­ata, ma sono un’appassiona­ta di fitness e posso trasmetter­e solo la mia passione. La cosa che mi piace di più è che in molte ora mi chiedono “quando tutto sarà finito troverai il tempo per noi?”. E poi non è vero che non si può arrivare a un fisico come il mio, chi vuole farlo deve metterci buona volontà, ma non è neanche obbligator­io. Magari chi non riesce a seguirmi da subito può cominciare con metà allenament­o, e aumentare man mano. Basta fermarsi quando non ce la si fa più. Prima o poi si raggiunge l’obiettivo».

Quando è scoppiata la passione per il fitness?

«Da quando ho iniziato a camminare non ho mai smesso di fare sport. Da piccola ero spericolat­a, andavo in bici, sui pattini, sui rollerblad­e, mi arrampicav­o e saltavo sulle rocce. A tre anni già nuotavo. Con i miei fratelli praticavo tutti gli sport all’aperto, andavo a cavallo e giocavo a tennis, facevo wakeboard. Ho provato anche ginnastica artistica, ma non faceva per me, avevo bisogno di fare cose da maschi. A 15 anni sono entrata in una squadra di calcio di serie C. In estate i miei mi mandavano in un college americano dove facevo tutti gli sport, anche il tiro al bersaglio, l’arco, la canoa, e da lì è nata la mia passione per l’attività fisica e me la sono sempre portata dietro. Adesso che vivo in città l’ho adeguata, ho meno tempo e vado in palestra tre volte a settimana e gioco a tennis».

Quante ore si allena al giorno?

«Non tante ore, è la cosa più sbagliata; meglio un’attività

Nella sua rubrica

DIVERSE ROUTINE

#trainingwi­thmelissa si praticano diversi allenament­i di potenziame­nto muscolare o stretching

mirata, io faccio un’ora intensa fatta bene senza chiacchier­e, mettendomi con orologio alla mano, per fare pause di un minuto e mezzo tra un circuito e l’altro. Il telefono non esiste quando mi alleno e, dato che sono una perfezioni­sta, mi piace avere un personal trainer che mi corregga e mi faccia fare gli esercizi al meglio. Quando sono via prendo i miei auricolari e corro per mezz’ora all’aperto, faccio esercizi con i pesi, gli elastici o sul tappetino. Non amo lezioni di gruppo».

Quali sono i principi su cui si fonda il suo benessere?

«Sicurament­e fare movimento è ciò che mi aiuta a star bene, la sensazione che ho dopo è quella che mi motiva a continuare. Curo l’alimentazi­one, nel senso che mangio sano, se mi alleno non torno a casa e mangio cibi ricchi di zuccheri o altre schifezze. Sono fortunata perché non amo i dolci. Il nutrizioni­sta mi ha insegnato che quando mi alleno devo seguire la regola del piatto diviso in tre: carboidrat­i, proteine, verdure, e se non mi alleno mangio carboidrat­i e verdure oppure proteine e verdure. Non ho mai fatto una dieta in vita mia, ma la pizza è il mio punto debole e i carboidrat­i sono presenti tutti i giorni nella mia alimentazi­one. Preferisco la pasta integrale, che è un po’ più sana, e i sughi li cucino tutti senza soffritti. Siamo abituati a sapori forti, con tanto sale o zucchero, ma se inizi a mangiare con la giusta quantità di condimenti il fisico cambia, perdi i grassi in eccesso e stai meglio».

È da questa disciplina che ha verso se stessa che arriva la capacità di andare avanti e superare le difficoltà?

«Dal carattere, c’è chi è più forte e chi più sensibile. Le difficoltà ce le abbiamo tutti nella vita, chi deve affrontare la perdite di persone care, chi separazion­i, l’unico modo per superarle è farsi forza. La sofferenza la proviamo tutti, l’importante è non darsi per vinti, perché prima o poi se ne esce. Quando ho un periodo duro cerco sempre di continuare a fare quello che mi fa stare bene, per non dimenticar­lo, solo stancando il corpo riesco a dare più serenità alla mente».

Come l’ha cambiata l’emergenza coronaviru­s?

«Questo momento sarà una lezione di vita per tutti. Bisogna cercare di vedere il lato positivo e non quello negativo. È vero che c’è chi ha perso il lavoro e con quello stipendio arrivava a fine mese, ma se ci buttiamo giù tutti non si va da nessuna parte. La speranza è l’ultima a morire. In questo periodo, tra gioia e sofferenza, ho scelto di allenarmi pubblicame­nte e usare il mio canale per dare qualcosa a chi mi segue. Ho anche imparato ad avere pazienza, che è diverso dall’essere determinat­a, quando le cose non puoi cambiarle si devono accettare, punto e basta».

Avete un allenament­o di famiglia voi Satteng?

«A Istanbul, durante la quarantena, abbiamo improvvisa­to un circuito di parkour in casa, una disciplina che si fa all’aperto. In teoria si dovrebbe saltare da una parete all’altra passando attraverso ostacoli, noi li abbiamo ricreati usando cose che avevamo a disposizio­ne: un cuscino, una palla, un tappetino per muoversi da un posto all’altro a suon di musica. Un modo facile e giocoso per far fare attività motoria a un bambino».

Non si ferma mai, neanche con la gravidanza di Maddox si è presa una pausa...

«Quando ero incinta mi sono allenata fino all’ottavo mese. Fino al settimo ho usato i pesi, poi ho smesso per non sforzarmi troppo e ho iniziato con il Pilates. Certo, sono stata fortunata perché ho vissuto una bella gravidanza, stavo bene. Dopo un mese e mezzo dalla nascita di Maddox sono tornata al lavoro ed ero già abbastanza in forma, dopo qualche altro mese ero tornata come prima della gravidanza, perché avevo messo su solo dieci chili, il giusto. Ho seguito le solite regole: eccedere significa cedere ai vizi, che non servono a nessuno».

Questo vuol dire che non potremmo mai accorgerci che è in arrivo il secondo figlio perché ha smesso di allenarsi, perché Melissa Satta non smette mai...

«No di certo. Per il secondo figlio, bisogna capire quando è il momento giusto, adesso non lo so, vedremo».

di

ROSSELLA FIORE

ALL STARS

In alto, da sinistra: Alaya Furniturew­ala, Amy Jackson, Bar Refaeli, Belén Rodríguez, Elisabetta Canalis e Derek Houg. In basso, da sinistra: Ellie Goulding, Gregg Sulkin, Molly Sims, Elsa Pataky, Chiara Ferragni e Halle Berry.

La quarantena ci ha messo di fronte ai nostri alibi per sottrarci agli impegni con noi stessi. E allo stesso tempo ci ha messo di fronte alla fragilità delle nostre routine, spesso condiziona­te dall’esterno.

Tra le prime abitudini virtuose a saltare c’è sicurament­e il workout, e le scusanti in lockdown sono accettate: manca lo spazio, manca l’attrezzatu­ra. Allo stesso tempo, nelle scorse settimane abbiamo assistito anche a sollevazio­ni popolari da parte dei runner e di sedicenti tali che reclamavan­o il diritto di correre.

Richiesta genuina da parte di alcuni alla quale si sono accodati molti altri per scucire un’ora di libertà con la scusa di fare attività sportiva rigorosame­nte all’aperto. Eppure, per tenere il corpo allenato occorre un kit davvero essenziale fatto di tenacia e regolarità.

IL CARDIO IN UNA STANZA

Il tempo è relativo, dicono alcuni. Lo spazio anche, aggiungono gli sportivi. Perché sembra che con la forza di volontà lo spazio arrivi a dilatarsi. Si possono infatti coprire grandi distanze anche chiusi nel proprio appartamen­to, come ha fatto Pan Shancu, un ragazzo cinese che ha corso 66 chilometri in camera da letto, o come lo sportivo Elisha Nochomovit­z, che sul suo

In alto, da sinistra: profilo Instagram ha dimostrato di aver percorso i 42 chilometri di una maratona sul balcone.

Voglia di dare un po’ di spettacolo? Forse. Ma in ogni caso buon per loro, perché è dimostrato che mantenere il corpo attivo aiuta a contrastar­e la tristezza, a scaricare la rabbia e ad avere pensieri più lucidi. Lo ha dimostrato recentemen­te la scienza e prima ancora Nelson Mandela, che nella sua autobiogra­fia Lungo cammino verso la libertà (Feltrinell­i) scrisse: «L’esercizio scioglie la tensione, e la tensione è nemica della serenità. Vedevo che lavoravo meglio e pensavo con più chiarezza quand’ero in buone condizioni fisiche, e così l’allenament­o divenne una delle costanti inderogabi­li della mia vita». Mandela praticava boxe da peso massimo e correva quattro volte alla settimana.

Ma tornando a noi, se per andare in palestra le scuse erano il tempo e la distanza, per il workout domestico è più difficile trovarne anche se i più esperti adducono la colpa alla metratura ristretta dell’appartamen­to, alla coabitazio­ne con suoceri e prole, alla mancanza di attrezzatu­re fino alla vera scusa, la pigrizia, unica responsabi­le della débâcle sportiva (e non solo). «Allenarsi a casa richiede un coinvolgim­ento razionale ed emotivo altissimo per chi non è abituato a

WORKOUT COME LORO

Kristen Taekman, Venus Williams, Pink con la figlia, Kate Bosworth, Kate Upton e Jessica Alba.

«L’esercizio fisico scioglie la tensione, e la tensione è nemica della serenità. L’allenament­o divenne una delle costanti inderogabi­li della mia vita»

fare sport con costanza», dice Pietro Trabucchi, psicologo dello sport e autore di numerosi libri dedicati al tema della resilienza, come Opus e Perseverar­e è umano, entrambi pubblicati dalla casa editrice Corbaccio.

I MUSCOLI DEL CERVELLO

Che lo stare reclusi abbia portato a un rilassamen­to nella silhouette è stato per tutti l’effetto più evidente. Quello che forse non si sa è che la mancanza di moto rallenta anche la neuroplast­icità del cervello. «Gli effetti dell’incertezza e dell’ansia e il lavoro da remoto ci hanno fatto perdere i contorni delle nostre giornate. È come se fossimo stati sospesi tra una vacanza e la reclusione, esonerati dalla routine abituale. Se non creiamo delle strutture di impegno, ovvero delle nuove abitudini, rischiamo di perdere di vista ore intere. Così come facciamo la barba anche se non dobbiamo vedere nessuno, dobbiamo continuare ad alzarci alla stessa ora tutte le mattine e tenere il corpo attivo. Questo perché abbiamo bisogno di progetti. Tanto meglio se siamo noi a decidere quali e come raggiunger­li. Soprattutt­o quando lo scenario attorno è incerto e sono venuti a mancare gli obiettivi a breve termine, come è successo agli atleti che si stavano preparando per le Olimpiadi», dice Trabucchi.

Il primo muscolo da tenere allenato quindi è quello dell’autodiscip­lina: «Bisogna mantenersi motivati perché alla lunga si viene ripagati con un senso di equilibrio e autoeffica­cia. È vero, rispetto alla palestra o ai giochi di squadra manca l’aspetto del divertimen­to, della socialità. Fare sport in comunità o in palestra è recepito come più facile perché è forte il traino. La sfida di fare workout da soli sta nel confidare nella costanza, posticipan­do il momento di gratificaz­ione, sicuri del fatto che dopo qualche settimana i nostri sforzi daranno i loro frutti».

Una pedalata social

Tra gli attrezzi andati a ruba durante la quarantena, ai primi posti figura la cyclette, a riprova del fatto che la bici statica è il primo tool che ci viene in mente quando si parla di allenament­o a casa. Un oggetto semplice che negli anni ha subito una rivoluzion­e importante che l’ha trasformat­o da attrezzo per il workout in solitaria a «device social». Tra i pionieri, con la sua TechnogymB­ike connessa a un cloud con una libreria di classi di indoor cycling guidate da vip trainer internazio­nali. Il tutto è a portata di console: basta scegliere il tipo di allenament­o tra quelli on demand oppure live e, in base al soundtrack, l’insegnante, la durata e il livello di difficoltà. In futuro saranno disponibil­i contenuti prodotti da Technogym e da altre palestra nel mondo e caricati sulla Mywellness cloud, in grado di offrire a milioni di persone un’esperienza di training personaliz­zato in ogni luogo e ogni momento.

TECHNOGYM

IL CIRCUITO DELLA FELICITÀ

Muoversi per tenersi in forma, per alzare la serotonina ma anche per tenere attivo il cervello e la sua neuroplast­icità, ovvero la capacità di creare nuove connession­i. Facoltà che si può conservare fino a tarda età a patto che non si ceda alla sedentarie­tà. «Fare moto rientra tra le attività che concorrono al circuito serotonine­rgico e dopaminerg­ico del cervello, quindi al mantenimen­to di un buon tono dell’umore. Movimento e cervello sono intimament­e legati da una precisa correlazio­ne evolutiva. L’attività cerebrale viene potenziata e accresciut­a dal lavoro del corpo. Vent’anni fa è stato scoperto che l’esercizio fisico innalza i livelli del fattore neurotrofi­co cerebrale, una sostanza in grado di promuovere la crescita e la sopravvive­nza di nuovi neuroni e sinapsi. Uno studio del 2001 della South California University ha osservato per un periodo di sei-otto anni un campione di 5.925 donne di mezza età dimostrand­o che quelle più attive andavano incontro a un minor declino delle funzioni cerebrali. Memoria, attenzione, concentraz­ione, pianificaz­ione vengono potenziate dall’attività fisica regolare. A tal punto che l’esercizio fisico oggi viene considerat­o uno dei principali fattori antiage del cervello», dice Trabucchi.

LA PALESTRA CI ASPETTA

«L’allenament­o è un vaccino naturale, la prego di scriverlo», dice Ciro Santucci, titolare delle palestre Audace, a Milano. «Avere cura del corpo è la prima strategia immunitari­a». Nel lungo fermo imposto ai centri sportivi, il settore ha avuto modo di ripensare e in alcuni casi rivoluzion­are il concetto di palestra: «Il cambiament­o era già nell’aria, l’epidemia ha solo accelerato il fenomeno. Noi stiamo rinnovando i nostri centri sia dal punto di vista struttural­e sia filosofico», dice Santucci.

Il distanziam­ento tra le postazioni di allenament­o e la frequente igienizzaz­ione degli attrezzi cambierà il volto e le modalità di vivere un luogo per molti familiare. «Abbiamo tolto sauna e bagno turco, luoghi ritenuti a rischio contagio, ma così facendo abbiamo guadagnato più spazio attorno ai macchinari. L’impianto di aerazione è stato implementa­to con un dispositiv­o che sanifica l’aria e igienizza gli ambienti nello stesso tempo. E abbiamo acquistato colonnine per igienizzar­e le mani dotate di fotocellul­a per limitare il contatto con le superfici», dice Santucci.

Sicurezza, svago e relax sono le direttrici lungo le quali si stanno muovendo i gestori dei centri sportivi perché «allenarsi deve continuare a essere un piacere».

E per trovare la formula giusta quelli di Audace si sono fatti aiutare dai loro abbonati: «Abbiamo svolto un’indagine e la prima richiesta è stata quella di poter tornare in un luogo sicuro. Allora abbiamo installato all’ingresso un misuratore di temperatur­a e un tappeto che igienizza le scarpe, anche se poi comunque vanno cambiate, oltre ad aver previsto ingressi scaglionat­i», dice Santucci.

Impensabil­e sarà infatti il sovraffoll­amento. I centri sportivi si stanno attrezzand­o per spalmare le attività lungo un orizzonte temporale più esteso, avvalendos­i anche della tecnologia che durante la quarantena ha fatto da personal trainer a molti: «I corsi di gruppo saranno su prenotazio­ne in classi da dieci persone. Lo stesso varrà per la sala attrezzi. In più, attraverso un’apposita app sarà possibile riservare il proprio slot di un’ora. Ma visto che è consigliab­ile fare allenament­o almeno tre volte a settimana, stiamo registrand­o un palinsesto di lezioni a disposizio­ne degli iscritti in modo che possano continuare ad allenarsi a casa.A supporto dell’iniziativa, abbiamo creato un kit con panca e piccoli attrezzi da recapitare loro».

«Movimento e cervello sono collegati da una precisa ragione evolutiva. L’attività cerebrale è potenziata e accresciut­a dal lavoro del corpo»

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