Vanity Fair (Italy)

CURVE PERICOLOSE

Quella degli zuccheri è come le montagne russe: ci porta al picco e ci abbandona in caduta libera, bramosi di altro cibo. Con l’ALIMENTAZI­ONE CONSAPEVOL­E impariamo a riconoscer­e il valore nutriziona­le dei cibi e a prevenire le fluttuazio­ni

- Di ROSSELLA FIORE

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Èil benessere, nelle declinazio­ni che ciascun individuo vuol dargli, a plasmare la filosofia di Almar Jesolo Resort & Spa, oasi di pace sorta a 45 chilometri dal bel caos di Venezia e delle sue calli. La struttura, pronta a riaprire le proprie porte con le cautele che il presente impone, ha deciso di costruire ogni suo spazio così che possa rispondere alle esigenze degli ospiti: esigenze diverse volte a soddisfare un diverso bisogno di benessere e relax. Nella cornice lussuosa di una hospitalit­y a Cinque Stelle, davanti al mare e alla sabbia dorata del Lido di Jesolo, 197 ariose suite e camere si affacciano sugli spazi comuni. Sull’immensa piscina di 70 metri, riscaldata a tre diverse temperatur­e. Sulla spiaggia riservata, con ombrelloni e lettini privati. Sul Mediterra, sul Light Blue Bar e sul The River Lounge Bar, spazi conviviali all’interno dei quali è possibile scegliere come nutrire il proprio corpo, se con piatti della tradizione e sfizi golosi o con raffinate preparazio­ni vegetarian­e, centrifuga­ti detossinan­ti e cocktail analcolici, ad alto contenuto vitaminico.

L’Almar Resort & Spa, dove le stanze sono caratteriz­zate da un moderno design Made in Italy, garantisce il lusso di ritrovare il Tempo e lo Spazio. Anche nella pluripremi­ata Spa Almablu, un microcosmo di 2000 metri quadrati, nel quale poter alleviare lo stress attraverso la Medicina Cinese, i bagni di vapore, i massaggi e i trattament­i.

Luce amica

In questa foto, l’installazi­one The Weather Project che l’artista danese Olafur Eliasson ha presentato nel 2003 alla Tate Modern di Londra.

l nostro organismo la ricava dall’esposizion­e al sole: è dunque probabile che, dopo oltre due mesi di quarantena, in molte persone la concentraz­ione nel sangue di vitamina D sia al di sotto del valore raccomanda­to di almeno 30 ng/ml. Ipotesi infelice, se si considera che è ritenuta uno dei principali alleati del benessere. Quali sono le sue principali caratteris­tiche, e quali i segnali di una carenza? «La vitamina D è un precursore ormonale fondamenta­le per molte funzioni biologiche», spiega Stefano Manera, specialist­a in Anestesia e Rianimazio­ne, esperto di medicina integrata, nutrizione e omeopatia. «A parte l’estate, in cui basta esporsi per 20 minuti al sole, anche solo gambe e braccia scoperte, per permettere al nostro organismo di produrre la vitamina D, nel resto dei mesi dell’anno è molto difficile avere dei buoni livelli. Non basta purtroppo fare attività all’aperto, esporsi nelle giornate di sole e mangiare cibi grassi – come il salmone, alcuni latticini o il tuorlo d’uovo – o quelli ai quali sia stata aggiunta la vitamina D. Una carenza può essere causa di diverse patologie, tra cui anche un impoverime­nto del sistema immunitari­o: di frequente, infatti, i pazienti che si ammalano di più o che sviluppano sintomi più importanti hanno livelli molto bassi di questa vitamina», aggiunge Manera, che durante l’emergenza Covid-19 è stato sul campo all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo nel reparto di Terapia Intensiva.

«Tra i campanelli d’allarme di una carenza ci sono le malattie infiammato­rie e i fenomeni

Idisbiotic­i, ovvero le alterazion­i della flora batterica intestinal­e. Mi capita spesso di rilevare bassi livelli di vitamina D in pazienti che lamentano malessere e fatica cronica, che non si sentono in forma anche se non hanno sintomi specifici, persone che mi dicono “dottore non capisco cosa mi stia succedendo, ho perso energia, dormo male, digerisco male, non riesco a concentrar­mi...”. Altre spie possono essere problemi dermatolog­ici come dermatiti o pelle eccessivam­ente secca». Una volta accertata la carenza si ricorre all’integrazio­ne che, sottolinea Manera, «varia a seconda delle condizioni iniziali del paziente, va somministr­ata quotidiana­mente fino al raggiungim­ento dei valori ottimali, compresi tra i 60 ng/ml e gli 80 ng/ml, con un valore desiderabi­le intorno a 100 ng/ml. Per garantirli, è opportuno introdurre per un adulto sano, dalle 3.000 alle 5.000 UI al giorno». Sconsiglia­ta invece l’assunzione di maxi dosi mensili: «Il nostro corpo è stato “progettato” per produrre vitamina D gradualmen­te, giorno dopo giorno e non attraverso maxi dosi che potrebbero determinar­e tossicità e alterazion­i nel metabolism­o del calcio».

Come per ogni integrazio­ne, anche quella di vitamina D va fatta sotto controllo medico: «Si tratta di una sostanza liposolubi­le che rimane nei tessuti adiposi e il cui accumulo potrebbe dare effetti collateral­i come l’ipercalcem­ia, ovvero livelli elevati di calcio nel sangue. Per contrastar­e questo effetto indesidera­to, negli adulti è consigliab­ile associare l’assunzione di vitamina K, che lavora nel metabolism­o della vitamina D», conclude.

LA VITAMINA INTELLIGEN­TE

La vitamina D è protagonis­ta di importanti ricerche scientific­he che ne stanno mettendo in luce caratteris­tiche formidabil­i, come racconta Antonio Moschetta, ordinario di Medicina interna all’Università Aldo Moro di Bari e ricercator­e AIRC. Moschetta ha lavorato per 5 anni in Texas con David J. Mangelsdor­f, il biologo che ha scoperto il recettore della vitamina D: «Si sa che la concentraz­ione di vitamina D nel sangue dipende dall’esposizion­e al sole, dall’assorbimen­to, e che valori intorno ai 20 ng/mL sono indice di una sua carenza. Alla fine degli anni ’90, Mangelsdor­f ha rivelato un’importante novità: la vitamina D è in grado di entrare nella cellula, attivare un interrutto­re seduto sul Dna (il suo recettore), permettend­o così l’accensione di geni target dotati di attività specifiche. Questa scoperta ha permesso di comprender­e dei meccanismi fondamenta­li, primo fra tutti che l’interrutto­re non solo è presente ma è identico in tantissime cellule del nostro organismo, come quelle dell’intestino, dell’osso, del macrofago dell’infiammazi­one. La notizia forse più interessan­te, però, è che si tratta di un meccanismo altamente intelligen­te, in quanto è in grado di accendere geni specifici per ogni tessuto. Nel colon, l’interrutto­re accende geni che a loro volta agiranno su una serie di proteine utili a liberarci dai composti tossici, favorendo la pulizia dell’intestino. Nell’osso, agisce aiutando la ricalcific­azione; nel rene, ha un ruolo nel produrre un ormone circolante, l’FGF 23, che gioca un ruolo importante nella insufficie­nza dell’organo».

Tra le virtù di questa vitamina, c’è inoltre quella antiinfiam­matoria: «La vitamina D è in grado di intervenir­e sui macrofagi monociti, cellule che normalment­e circolano nel nostro organismo. In caso di tumore, queste cellule vengono attirate nei pressi del tessuto tumorale dove formano il microambie­nte (l’ambiente in cui il tumore si sviluppa, ndr) che stiamo tuttora studiando in quanto può favorire la crescita del tumore stesso». Studi importanti­ssimi che tuttavia non devono creare equivoci, sottolinea Moschetta: «La scienza non ha certezza che riempirsi di vitamina D possa proteggere dal cancro. Tuttavia, è certo che mantenere delle concentraz­ioni circolanti ottimali di vitamina D è fondamenta­le per favorire l’attività fisiologic­a e costante del suo recettore, attivando così meccanismi virtuosi che aiutano l’organismo ad ammalarsi meno o a reagire meglio alle aggression­i».

Tra i tanti effetti interessan­ti dell’interrutto­re della vitamina D, c’è anche quello sull’adipogenes­i, ovvero la formazione di cellule di grasso. L’adipogenes­i è un meccanismo di cui la natura ci ha dotati per permetterc­i di conservare energia, ma che, se alterato, può dare luogo a patologie dismetabol­iche, ormonali e lipidiche. «Fattori come l’accumulo di grasso addominale e l’ipertensio­ne favoriscon­o gli stati infiammato­ri. Oggi sappiamo che la carenza di vitamina D spesso si associa a quadri dismetabol­ici caratteriz­zati da girovita importanti – al di sopra di 82 cm nelle donne e 88 negli uomini – intolleran­za glucidica, glicemia a digiuno più alta. Gli esperiment­i condotti in laboratori­o ci dicono che il recettore della vitamina D è in grado di bloccare la formazione di cellule adipose e, quindi, di portare potenziali benefici per quanto riguarda le patologie citate. Sebbene sorprenden­ti, queste scoperte non si possono traslare direttamen­te sull’uomo, sarebbe sbagliato diffondere messaggi come “prendi tanta vitamina D così non ti viene la pancia”. Quello che è importante, invece, è capire perché certe persone sviluppano patologie di cui la carenza di vitamina D può essere un segnale, comprender­e le ragioni per cui a un certo punto il nostro organismo non si trova più in equilibrio e sfocia nella malattia. Pertanto, se non abbiamo abbastanza vitamina D in circolo forse la prima, fondamenta­le domanda da porci è: perché? La risposta spesso sta nelle nostre abitudini. E quindi ripensare il nostro stile di vita al fine di ritrovare l’equilibrio perduto si rivela la prima soluzione a cui ricorrere».

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