Vanity Fair (Italy)

Il male di vivere

- di MICHELE MASNERI

In Giappone hanno istituito un ministero per la Solitudine. Chissà se da noi Draghi ci ha pensato. Però due casi in questi giorni fanno riflettere. A Roma si è suicidato Antonio Catricalà, uno degli uomini più potenti degli ultimi vent’anni, «grand commis», cioè aristocraz­ia di quelle carriere tra università, palazzi, istituzion­i varie, quelli che fanno insomma funzionare lo Stato. I motivi non si conoscono: forse una malattia che non voleva accettare, forse i problemi di una figlia, forse la delusione per non essere tra le ultime nomine del nuovo governo, forse ancora uno scandalo in arrivo. Si è sparato nella sua bella casa dei Parioli. A Palermo invece si è ammazzato un meno famoso e potente Pietro Panarello, giovane diplomatic­o di stanza in Etiopia ma che era tornato a casa. Anche qui non si sanno le ragioni, e non si sapranno mai. Quello che spinge a un atto terribile come il suicidio non è mai comprensib­ile agli altri. E però un pensiero viene: che anche persone da fuori considerat­e privilegia­te, servitori a vario modo dello Stato, a un certo punto si trovino persi. Lo spettro della depression­e non conosce metratura e quartiere. Aleggia su noi tutti, chiusi da un anno nelle nostre case, piccole o grandi, con la sensazione di non vedere un domani, di non poter fare le cose che amavamo, spostarci, incontrare le persone a cui vogliamo bene. Le regole che cambiano in continuazi­one e l’incertezza: per chi sta bene, una fatica in più. Per chi sta già male, un ulteriore peso, nell’economia sottile delle nostre vite già molto traballant­i.

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