GIORGIO DELL’ARTI
La settimana in 5 minuti
COVID
Secondo gli esperti, la variante inglese corre di almeno un terzo più rapidamente del ceppo ordinario e sarà presto dominante. L’aumento dei contagi appare inevitabile e già se ne vedono i segni negli ospedali. L’Europa e l’Italia sono in ritardo, le aziende farmaceutiche hanno consegnato solo una parte dei vaccini promessi ed è ormai chiaro che la presidente Ursula von der Leyen ha lavorato male: l’intera Unione ha vaccinato meno di 28 milioni di cittadini contro i 18 della sola Gran Bretagna. Mario Draghi, nel corso del vertice dei capi di Stato che s’è svolto in videoconferenza il 25 febbraio, l’ha duramente criticata.
GRILLINI
Beppe Grillo sta cercando di portare Giuseppe Conte al vertice del Movimento 5 Stelle. Conte per ora è disponibile. Le polemiche interne, le divisioni e la discesa nei sondaggi continuano.
AMBASCIATORE
Due jeep bianche, che procedono lungo la strada Rn4 del villaggio Kibumba. Siamo in Congo, è la mattina di lunedì 22 febbraio. A bordo ci sono sette persone, tra cui l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, 43 anni, brianzolo, bocconiano, moglie marocchina e tre figlie, da tre anni e mezzo in Congo, dunque prossimo al rientro in Italia. Stanno andando a Rutshuru, dove li attendono i bambini di una scuola a cui sarà donato del cibo.
La città di Goma è a tre chilometri di distanza, tutto è tranquillo, non sembrano esserci pericoli e del resto all’ambasciatore è stato garantito che quel percorso è sicuro. Le automobili, quindi, non sono blindate, nessuno indossa i giubbotti antiproiettile, nessuno porta l’auricolare di sicurezza, non ci sono ponti radio d’allerta, vigila sul nostro ambasciatore un solo carabiniere, Vittorio Iacovacci, 30 anni, della provincia di Latina (sarebbe tornato in Italia il 10 marzo). Ma ecco: un mucchio di sassi impedisce il cammino, le jeep devono fermarsi, sbucano dalla boscaglia sei o sette uomini armati, sparano in aria, poi sparano sulla jeep dell’ambasciatore e ne uccidono l’autista, Mustapha Milambo. Intimano ad Attanasio, a Iacovacci e a un funzionario del Wfp (il World Food Programme dell’Onu), che faceva parte della spedizione, di scendere.
Attanasio e Iacovacci sono feriti, i banditi – sembrerebbe – hanno intenzione di sequestrarli e li costringono a spostarsi verso la foresta. Ma in quel momento, attratti dagli spari, spuntano un migliaio di ranger governativi che mitragliano i malviventi, i quali rispondono al fuoco. Quando tutto finisce, sul terreno resta il cadavere di Iacovacci, non si sa se ucciso da questi o da quelli, dato che tutti erano armati di Kalashnikov Ak47. Attanasio è ferito in modo molto grave, lo mettono su un pick up, corrono a Goma, ma non arriva vivo all’ospedale. Il funzionario del Wfp è ricoverato sotto shock. Degli altri tre non si ha traccia. Non si sa se gli attentatori fossero banditi qualunque o se avessero intenzione di vendere gli ostaggi a qualche banda esperta nella richiesta di riscatti, o se si tratti di un agguato dell’Isis o magari di un momento della guerra civile in atto da anni in Congo. Alcuni testimoni avrebbero detto che gli uomini del commando parlavano tra di loro in kinyarwanda, una lingua ruandese. La magistratura italiana indaga – attraverso i carabinieri del Ros, spediti sul posto – per individuare i colpevoli (e gli eventuali mandanti). E per capire chi avesse garantito ad Attanasio che il viaggio verso Rutshuru non presentava pericoli.