CARLO ALBERTO
Ogni settimana di ritardo nella campagna vaccinale ha un prezzo economico pesante, ma non sempre visibile. Per capire quanto costa agli italiani l’inadeguata gestione della pandemia dobbiamo distinguere tre tipi di fenomeni: i danni diretti, differiti e invisibili. I danni diretti sono relativi agli effetti delle chiusure di numerose attività economiche, ai limiti imposti a viaggi, servizi e commercio, alla frenata di consumi, investimenti e scambi internazionali. La misura sintetica di questi danni si nota nel crollo del Pil (Prodotto Interno Lordo, il valore dei prodotti e servizi realizzati all’interno di uno Stato in un arco di tempo) e si può stimare in circa 3 miliardi ogni settimana. I danni differiti si colgono nell’aumento del debito pubblico e privato, che si sta usando non per innovazioni ma per ristori a imprese e lavoratori, e che peserà sugli anni futuri. Anche qui, la stima è di 2-3 miliardi per ogni settimana di ritardo. Infine c’è il costo invisibile ma reale di tutte le opzioni di crescita non colte: progetti di investimento cancellati, opportunità di mercato non perseguite, apprendimento scolastico rallentato; forzata inattività di milioni di lavoratori in cassa integrazione; giovani che non entrano nel mondo del lavoro. Difficile dare un valore preciso ai danni invisibili, ma l’ordine di grandezza rischia di essere simile a quelli visibili. L’acquisto di dosi per la campagna vaccinale costerà 1-2 miliardi, a cui aggiungere, per ogni settimana di ritardo, circa 5-6 miliardi di danno diretto e differito e la variabile dei danni invisibili che, in teoria, sono recuperabili, ma il cui recupero diventa sempre meno probabile a mano a mano che si allunga l’epidemia.