Vanity Fair (Italy)

PROIEZIONI

- di CHIARA VALERIO foto FERNANDO GÓMEZ

Come truccarsi per guardare il Festival da casa

Una scrittrice si mette nei panni di una donna che, privata della consueta presenza degli amici per commentare il Festival davanti alla tv, in rassegnata solitudine si veste e si trucca di tutto punto come se l’aspettasse una poltrona all’Ariston. Perché SOGNARE è bello. E perché Sanremo è Sanremo

Non che tu sia mai andata al Teatro Ariston, però sei quella che organizzav­a serate per commentare in diretta il Festival di Sanremo. Certo, alcuni amici ti dicevano che eri anni Cinquanta o anni Sessanta (forse secondo il giro delle cosce o la lunghezza delle gonne), ma tu non ti lasciavi scoraggiar­e. Compravi i franciacor­ta, i vini, preparavi pinzimonio e tartine, sistemavi i fiori, li invitavi per la finale e tranquilli­zzavi tutti dicendo: se poi abbiamo fame, facciamo una pasta veloce.

Venivano, ovviamente, sempre di più e sempre più allegri negli ultimi dieci anni, perché in un mondo dove tutto è diventato fluido, dove tutto è on demand, registrabi­le, programmab­ile, procrastin­abile e prenotabil­e il Festival di Sanremo, come la coppa del mondo di calcio, è ancora un appuntamen­to. Comincia a una certa ora, un certo giorno, lo guardano ovunque, e chiunque. Tuo nipote di sei anni che conosce a memoria Bam Bam Twist di Achille Lauro ed è pazzo di Manuel Agnelli, lo scorso febbraio ti ha detto: «Zia, Sanremo è come una serie!». Tu avresti voluto dirgli che No, no, sono le serie a essere come il Festival di Sanremo; sono l’argomento imprescind­ibile di un certo periodo dell’anno, ma non hai detto niente, hai sorriso, che importa se è nato prima l’uovo o la gallina, che importa se è venuto prima Sanremo o The Crown. Tuttavia, dopo quasi dodici mesi di disinfetta­nti, distanziam­enti, colori delle regioni, chiusura a zona o a uomo (per rifarsi sempre a quel grande linguaggio comune che

è il calcio), l’idea di organizzar­e una serata, di prendere un appuntamen­to ti ha spaventato, senza pensare alla malinconia, civile ma comunque malinconia, di dover invitare poche persone. Orietta Berti e i Måneskin, Malika Ayane e Madame, Francesca Michielin, Fedez ed Extralisci­o, e tutti gli altri, le nuove proposte che non conosci ma che già ami, come si fa a essere in pochi? No, non puoi scegliere. Fai come Madame: Io non mi drogo, sciolgo le pastiglie digestive. Vedersi su Zoom o Meet o altro, no, no, somigliere­bbe a una riunione di lavoro. Però quando pensi «appuntamen­to» dici «assembrame­nto» e immediatam­ente ti infili la mascherina e ti spruzzi sulle mani una soluzione disinfetta­nte: ormai, c’è da dire, i disinfetta­nti ti danno soddisfazi­one, ce ne sono alla grappa, alla violetta, alla lavanda, al gin e al pino silvestre (sì, come negli anni Ottanta), alcuni rischi di berli. Quando stai per scoraggiar­ti, la tua immagine nello specchio ti sorprende, in camicia e jeans e capisci che la soluzione ce l’hai a portata di mano, in bagno, ce l’hai in camera da letto, nell’armadio, ce l’hai dal fioraio sotto casa. Così, scendi e ordini fiori colorati, che te li consegnino nel pomeriggio, in modo da avere tempo di sistemarli, poi apri l’armadio e scegli un vestito, forse il pantalone nero e la camicia col lurex, poi corri in bagno e passi in rassegna la batteria di rossetti, ombretti, blush e mascara, e li scegli in modo che facciano eco con i vestiti. Insomma ti prepari, anche se non sei mai andata allA’ riston, come se ci andassi, e non inviti nessuno, ti immagini vestita e truccata, elegante, seduta in una poltrona, circondata dai fiori, in platea. Che però è il divano di tua nonna. Non importa. Non importa, perché a Sanremo si sogna e vuoi sognare anche tu, a casa tua. Anche quest’anno.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy