Vanity Fair (Italy)

GIANMARCO TOGNAZZI

- di FERDINANDO COTUGNO foto ERICA FAVA

In tv

interpreta Luciano Spalletti

Recitare è l’arte di famiglia per GIANMARCO TOGNAZZI, che vedremo nel ruolo di Luciano Spalletti nella serie tv sugli ultimi anni di carriera di Francesco Totti. Ma per lui il «lavoro vero» è l’azienda agricola di Velletri, ereditata dal padre Ugo. Che diceva lo stesso della cucina

Vuole parlare del mio lavoro o del mio hobby?». Gianmarco Tognazzi risponde al telefono dopo una giornata nelle vigne di La Tognazza, l’azienda vinicola nella tenuta di Velletri che fu rifugio, impero ed eredità di suo padre Ugo. «È stata una buona annata, nonostante tutto». Il lavoro è dunque questo (suo padre diceva lo stesso della cucina). Poi c’è l’hobby, la recitazion­e, che è l’arte di famiglia e il motivo di questa telefonata. Tognazzi interpreta Luciano Spalletti in Speravo de morì prima, la serie sugli ultimi anni di carriera di Francesco Totti, tratta dall’autobiogra­fia scritta con Paolo Condò, su Sky Atlantic e Now Tv dal 19 marzo. Pietro Castellitt­o fa il capitano, Greta Scarano è Ilary Blasi e Tognazzi ha il ruolo del cattivo della storia, almeno nella prospettiv­a tottiana, l’allenatore che lo ha spinto a un addio pieno di amarezze.

Spalletti è permaloso, lo sa?

«Se è per questo anche io».

Ci ha parlato?

«Ho preferito di no. Se fosse stato un amico, come Gattuso, magari lo avrei fatto. Ma temevo che un confronto col soggetto mi avrebbe messo in crisi. So di averlo interpreta­to con rispetto. Spalletti, e lo dico da prolisso quale sono, è un uomo che ama l’eloquio dilungato, se avessimo dato spazio al suo modo di parlare sarebbe diventato invasivo».

Avete fatto un gran lavoro sulla parlata dei personaggi, lei e Castellitt­o.

«Eppure si sono lamentati prima ancora di vedere la serie, sulla base di un trailer».

Chi si è lamentato?

«Ho letto i primi commenti sui social. Volevano i sosia, si sono fissati su quanto uno somiglia all’altro, ma si può? Ma chi se ne frega di quanto l’attore che interpreta De Rossi somiglia a De Rossi».

Lei quindi è uno che si va a leggere i commenti sui social?

«Piuttosto che scrivere stronzate preferisco leggere stronzate. Certo, è una curiosità che dura dieci minuti, ma in quei dieci minuti finisci per leggere analisi di una superficia­lità e di una irrilevanz­a totali».

Forse dovrebbe rinunciare pure a quei dieci minuti.

«Non perdo tempo sui social, infatti, però hanno dato a tutti l’illusione di avere un peso specifico. Non è che tutti possano parlare di calcio, cinema, politica. Prima c’erano gli hater, ora è chiunque, prendono, taggano, offendono. Ma come ti permetti, da quale pulpito?».

Tornando alla serie, c’era una dinamica padre-figlio andata male tra Totti e Spalletti, secondo lei?

«Sono troppo vicini di età, vedo più un risentimen­to tra amici, tra persone che si sono state molto vicine nei momenti difficili, poi i ruoli, le aspettativ­e, il contesto hanno guastato tutto».

Non avevate timore di essere troppo vicini al materiale storico, che fosse troppo presto?

«Non ci interessav­a la cronaca. È una serie basata sul ricordo e la visione di Totti. La considero un gesto di generosità da parte sua, aprire il privato, le percezioni. Io ho cercato la parte sentimenta­le delle posizioni».

Ha dato consigli a Castellitt­o sulla vita da figlio d’arte?

«Non ho bisogno di dare consigli, semmai di riceverne. Lui è un artista di talento. Ha preso lo spirito, l’indole di Totti, la reattività nel modo di essere e parlare. Te ne freghi della somiglianz­a, quando vedi uno così bravo».

Nel libro che ha scritto insieme ai suoi fratelli su vostro padre c’è nostalgia di un’Italia in cui il cinema sembrava al centro di tutto.

«È cambiata l’Italia. Per anni abbiamo fatto passare l’idea che cultura fosse una parola brutta. Ma la cultura è fatta soprattutt­o di operai specializz­ati, a fronte di 30mila attori abbiamo 500mila operai. E il ruolo dell’attore era sfatare tabù, esercitare una critica sociale, erano simboli. Oggi basta diventare personaggi­o, i ragazzi sognano di diventare famosi, il come è irrilevant­e».

È dura portare questa eredità?

«La gente ragiona su leggende metropolit­ane, luoghi comuni inventati. I figli d’arte! Il nepotismo! Ma allora il mio curriculum dovrebbe essere pieno di persone che hanno lavorato con mio padre e non è così. Ecco perché per me è diventato un hobby, non può che essere così dopo che uno vede come il lavoro dell’attore è considerat­o in generale. O è un hobby o ti ci fai il sangue amaro».

Siamo nella settimana di Sanremo, lei condusse la famosa edizione dei figli d’arte del 1989, con memorabile incursione di Beppe Grillo. Che ricordi ne ha?

«Fu un festival a compartime­nti stagni, da una parte noi giovani presentato­ri, dall’altra gli intratteni­tori. Ci deve mettere l’immaturità, l’incoscienz­a, il timore. E poi essendo in quattro, bastava lo scivolone di uno per far cadere tutti. Però fu un’edizione di ascolti irripetibi­li, canzoni passate alla storia. Sono riconoscen­te a quel Sanremo, al di là dell’etichetta di edizione dei figli d’arte».

Le pesa, questa etichetta, in generale?

«Mi sembra un’eterna polemica sterile, è un problema che tocca più gli altri che me».

 ??  ?? Gianmarco Tognazzi, 53 anni, interpreta l'allenatore Luciano
Spalletti in Speravo de mor“prima, la serie tv sugli ultimi due anni di carriera di Francesco Totti, dal 19 marzo alle 21.15 su Sky Atlantic e in streaming su Now Tv. IO NON IMITO
Gianmarco Tognazzi, 53 anni, interpreta l'allenatore Luciano Spalletti in Speravo de mor“prima, la serie tv sugli ultimi due anni di carriera di Francesco Totti, dal 19 marzo alle 21.15 su Sky Atlantic e in streaming su Now Tv. IO NON IMITO
 ??  ?? Gianmarco Tognazzi con Pietro Castellitt­o, 29 anni, che interpreta Francesco Totti in una scena di Speravo de morì prima. IL LUNGO ADDIO
Gianmarco Tognazzi con Pietro Castellitt­o, 29 anni, che interpreta Francesco Totti in una scena di Speravo de morì prima. IL LUNGO ADDIO

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy