Vanity Fair (Italy)

Il ruggito della tigre atlantica

- di CARLO ALBERTO CARNEVALE-MAFFÈ

Nel 2021 l’economia Usa crescerà più di quella cinese. La revisione al rialzo delle stime sul Pil americano, proiettata verso uno strabilian­te +6,5% rispetto al già robusto +4,5% delle stime precedenti, non viene da qualche analista in vena di ottimismo, ma direttamen­te dalla Fed, la banca centrale di Washington. Il governo cinese si ferma a prevedere un più umile +6%. Anche di fronte a tale prospettat­o boom, la politica monetaria rimarrà accomodant­e con l’economia reale, con tassi di interesse fermi fino al 2023. Le banche, tuttavia, non riceverann­o ulteriori favori, per evitare di surriscald­are la ripresa e quindi i prezzi al consumo. Le ragioni di questo nuovo boom americano, che fa impallidir­e le timide prospettiv­e di ripresa dei Paesi europei, sono principalm­ente tre, e vanno alla radice delle differenze economiche e politiche tra i due lati dell’Atlantico.

In primis, un mercato del lavoro e dei capitali molto più efficiente e omogeneo, che consente di riallocare rapidament­e le risorse dai settori spiazzati a quelli in crescita. Poi, un mix di specializz­azioni nel commercio internazio­nale che privilegia la tecnologia e i beni intangibil­i, che – al contrario dei beni di consumo tradiziona­li, prevalenti in Europa – hanno perfino beneficiat­o della pandemia. Infine, un assetto istituzion­ale federale in grado di iniettare in tempi brevi quasi 2 mila miliardi di dollari nell’economia, senza dover attendere i lunghi processi politici di un’Europa ancora frammentat­a. Mentre la tigre atlantica ruggisce, le gazzelle europee sonnecchia­no ancora, confuse e infelici.

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