Vanity Fair (Italy)

La fine del maschio inizia dall’estetica

- PAROLA DI DAGO di ROBERTO D’AGOSTINO

Ricordate? Un tempo la terra era infestata da curiosi i maschietti scorrazzav­ano liberament­e diffondend­o

animali chiamati uomini. Ai tempi delle nostre nonRne i loro sozzi costumi, le loro esigenze senza limiti, la loro spietata libidine. Poi, la pacchia è finita. Il femminismo, le pari opportunit­à, Madonna e il #Metoo hanno seminato dappertutt­o mine anti-uomo. Tagliano il pene, rubano il seme, fanno le iene. Pensate alle cose che i maschi fanno bene, oggi: moda, cucina, arredament­o, acconciatu­re. Sono tutte cose da ragazze. E le donne non se ne innamorano perché sono come amiche con un attributo in più. A tale proposito, è inquietant­e l’analisi del sociologo Domenico De Masi sull’ultimo Sanremo: «Quest’anno, complice la pandemia, il Festival ha fatto per la prima volta un outing in piena regola ripudiando le sue origini, quando uomini vestiti da uomini e donne vestite da donne cantavano canzoni regolament­ari composte di strofe e ritornelli. In questa edizione le canzoni sono diventate performanc­e e i cantanti hanno stemperato la loro identità sessuale in una androginia dove i sessi sfumavano tra loro, gli uomini si baciavano tra loro, le cantanti sbattevano in faccia ai giornalist­i le loro indifferen­ti preferenze erotiche». Anche Amadeus e Fiorello «sono stati due uomini ammiccanti tra loro, entrambi invaghiti del muscoloso Zlatan Ibrahimovi­c». È inquietant­e ciò che scrive su LinkedIn De Masi perché un mazzolino di verità c’è. Basta far un giro di telefonate alle amiche per ascoltare un pianto antico: il sesso è «trattato come cosa tarlata; anche faticosa da trattare»; e si preferisce un sabato sera a pippare con gli amici a una serata di esercizi a porco libero. «Lui» non serve: al più apparecchi­a, spolvera, lava i vetri, si veste da sexy-cubista. S’avanza dunque il nuovo cameriere della società maschicida. Nella letteratur­a lo si racconta sempre più come un «mutilatino» mal sopravviss­uto a una guerra dei sessi; sui settimanal­i lo si fotografa sempre più come un femminiell­o per propinargl­i i nuovi prodotti di bellezza per la sua pelle delicata e il suo terrore delle rughe; sui quotidiani di lui se ne scrivono di tutti i colori e dolori, perché non ne fa mai una giusta: o stupra o è impotente, o è gay o è antipatico, o è inesperto o non la finisce mai, o è troppo Marzullo o troppo Rocco Siffredi. E allora, cosa fare di un pover’uomo divenuto ormai un Ragazzo di Pube, nuova maschera della Commedia dellA’ pparenza che va ad aggiungers­i a quella di Veline e Letterine? Del resto già viviamo con prodotti «senza zucchero», «senza sale», «senza grassi», «senza colesterol­o». Ci abitueremo a vivere anche «senza maschio». Tant’è che gli unici uomini che vogliono ancora sposarsi sono i preti e i gay.

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