Vanity Fair (Italy)

MICHELE MASNERI

La nostalgia del tesserino

- di MICHELE MASNERI

Tra i vari sentimenti (noia, attaccamen­to al partner, rabbia, pulsioni assassine verso il suddetto partner), il Covid ha svelato il vero grande amore italiano. Quello del tesserino e della corporazio­ne di appartenen­za. Così ecco lo scandalo dei vaccini erogati a avvocati, magistrati, professori (magari in Dad), invece che ai vecchietti. Ogni corporazio­ne spinge per arrivare prima, per un accesso privilegia­to. Non pensano di fare un torto agli altri, ma sempliceme­nte si sentono speciali. Viene fuori anche la nostalgia di un’epoca arcaica in cui i ruoli avevano un peso (farmacista, notaio, professore). Un mondo più semplice e tribale che non c’è più, sostituito dall’età dell’incertezza tra zone rosse e arancioni e arancioni rinforzate. Il simbolo della nostalgia è il tesserino. Lo si vede anche nei trasporti. Chi si avvia verso una stazione o un aeroporto noterà questa sfilata delle tessere. Ecco una parata di profession­i che comportano un documentin­o da far scivolare con noncuranza. Anche chi mai salterebbe la fila vaccinale, anche i più integerrim­i, buttano lì un tesserino. Nel caos generale di questi mesi ti fa sentire sicuro, di appartener­e a qualcosa: poliziotto (prego, prego); Guardia di Finanza! Si accomodi. Ma anche (vista a Milano): «Io lavoro in Trenitalia» (avanti). Tanti di noi rivalutano i loro tesserini. Come quello giornalist­ico, di finta pelle rossa. Lo si è andati a ripescare da fondi di cassetto dove giaceva abbandonat­o da anni poiché inutile. Ma adesso, lo si tira fuori come un amuleto.

Un tesserino è per sempre.

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