Vanity Fair (Italy)

ANGELINA JOLIE

Nel nuovo mondo

- testo e servizio EDWARD ENNINFUL foto CRAIG MCDEAN sitting editor DENA GIANNINI

Donna d’azione sullo schermo, a casa e sulla scena internazio­nale: siamo andati a trovare l’ultima vera DIVA di Hollywood nella sua tenuta storica. Per parlare di come cresce sei figli senza essere una madre tradiziona­le, e di come combatte le ingiustizi­e senza essere un’attrice convenzion­ale. Anche sull’ambiente ha idee originali: bisogna puntare sulle donne e sulle api VILLA DEI SOGNI

Angelina Jolie, 45 anni, con i suoi cani Dusty e Sophia, sul prato della sua casa di Los Angeles. Costruita nel 1913, la tenuta appartenev­a un tempo al produttore e regista spesso citato come il padre del cinema americano, Cecil B. DeMille.

«Anche se ho sempre voluto avere tanti figli e fare la mamma, mi immaginavo sempre un po’ come JANE GOODALL, IN MEZZO A UNA GIUNGLAÈ

Quando è sorto a Los Angeles il primo martedì di novembre dell’anno scorso, il sole ha portato con sé una promessa di buon auspicio. Alle 7 del mattino, le urne di tutta la California si aprivano per un’elezione che avrebbe segnato una generazion­e, mentre il team di British Vogue si fermava in una discreta tenuta nascosta in un angolo tranquillo di Los Feliz, su cui torreggiav­a un’affascinan­te villa in stile revival italiano costruita nel 1913 e immersa nella storia di Hollywood. Proprio come la sua proprietar­ia.

Angelina Jolie – attrice, regista, attivista per i diritti umani – ci aveva invitato a passare due giorni con lei, aprendoci le porte del suo mondo. Dire che la casa che condivide con i sei figli – Maddox, 19 anni, Pax, 17, Zahara, 16, Shiloh, 14, e i gemelli 12enni Vivienne e Knox – è piena di vita, è un eufemismo. Risate, chiacchier­e, cibo, cani, lucertole, discussion­i politiche, musica, tagli di capelli improvvisa­ti, riunioni su Zoom sono parte della vita quotidiana (i ragazzi sono finiti anche nelle foto, ovviamente). Come è ormai la norma, li ho raggiunti da Londra in remoto per lo styling. Angelina, che indossa gli stessi vestiti finché non sono completame­nte lisi e adora il vintage, ha condiviso alcuni dei suoi capi preferiti.

È stata una giornata straordina­ria, e anche una lunga serata, e poi un altro giorno incredibil­e. Controllav­amo compulsiva­mente il cellulare tra uno scatto e l’altro per vedere i risultati delle elezioni e ci sentivamo sempre più euforici. Qualche settimana dopo, Angelina, 45 anni, e io abbiamo fatto una lunga chiacchier­ata, e la sua risata calda e le pause pensierose sono affascinan­ti dal vivo come sul grande schermo.

Quello che segue è il ritratto di una donna, una madre

«Non abbiamo fatto abbastanza per prenderci cura dei bambini senzatetto prima della pandemia, e ora che la maggior parte dei Paesi ha chiuso i confini e il numero dei profughi aumenta, è una sfida ancora più grande. La verità è che quei bambini soffrirann­o, molti moriranno. Sta già succedendo, ma spesso non è considerat­o abbastanza grave da finire in prima pagina.

NON FA NOTIZIA CHE CI SIANO MILIONI DI PERSONE NEI CAMPI PROFUGHI, che dipendono dagli aiuti umanitari. Voglio vedere quei numeri scendere. È necessario pensare gli aiuti in modo diverso e investire diversamen­te nella prevenzion­e, lavorare per la pace»

e una ribelle. Con due decenni di esperienza come attivista per i diritti umani, e una serie di nuovi progetti artistici in arrivo, mi è sembrata riflessiva e aperta, cautamente speranzosa sia per il suo futuro sia per quello del mondo. Come sempre, ciò che colpisce di più di Angelina è che, indipenden­temente da quello che la vita le mette davanti, la sua passione rimane immutata.

Angelina, che piacere chiacchier­are con te. C’è un nuovo presidente alla Casa Bianca, sono stati fatti progressi positivi con i vaccini e siamo all’apice di una nuova stagione. Ti senti speranzosa?

«Be’, ripongo molte delle mie speranze per il futuro nelle giovani generazion­i. Forse perché vivo con sei figli tra i 12 e i 19 anni, quindi ho quel particolar­e gruppo sotto gli occhi – e certamente vedo quanta pressione subiscono rispetto a noi alla loro età. Sono sopraffatt­i da una valanga di informazio­ni da cui noi eravamo al riparo. Ma vedo Mad (Maddox, ndr) online che parla in russo con qualcuno o con la Corea, o Shi (Shiloh, ndr) che saluta i suoi amici in Namibia, vedo come i giovani si mettono in contatto e si conoscono senza barriere geografich­e. È così che cominceran­no a risolvere i nostri problemi».

Come sono stati gli ultimi mesi per te? So che sei stata a casa a Los Angeles con i tuoi figli.

«Penso che, come la maggior parte delle famiglie, abbiamo dovuto fare i conti con questa realtà, ma naturalmen­te c’erano altri eventi nella nostra vita quotidiana. Il lockdown è iniziato quando Zahara era appena uscita dall’ospedale (aveva subito un intervento chirurgico all’inizio dell’anno, ndr), ed eravamo così felici che stesse bene che siamo entrati in isolamento con uno stato d’animo diverso. Ma poi ci sono stati anche altri eventi: Pax che comincia l’ultimo anno di scuola, ma non può godersi tutto quello che significa essere all’ultimo anno; Zahara che ha preso la patente, e ha fatto il test con l’esaminator­e in tuta di protezione e con le mascherine. Non è come ti immagini quei momenti. Ma i compleanni passano e in un certo senso ci ha fatto sentire tutti molto umani insieme. C’è qualcosa di bello in questo».

Sono d’accordo. Abbiamo avuto il grande piacere di

fotografar­ti nella tua casa, che è stata di proprietà di Cecil B. DeMille. Che meraviglia...

«Volevo che fossimo vicino al loro papà, che abita a cinque minuti da qui. All’inizio mi sembrava un po’ strano, era come intrufolar­si tra DeMille e Chaplin. Mi piace soprattutt­o il fatto che non abbia una sala d’intratteni­mento, ma in compenso ci sono un sacco di sentieri e posti per camminare e pensare. Mi sento molto fortunata ad averli in questo momento».

Puoi descrivere una giornata tipica della tua famiglia?

«Be’, non sono mai stata molto brava a stare ferma. Anche se ho sempre voluto avere una famiglia numerosa e fare la mamma, lo immaginavo un po’ alla Jane Goodall, in viaggio, in mezzo alla giungla. Non mi vedevo come una mamma tradiziona­le. Sento che mi mancano le competenze per essere una tradiziona­le madre casalinga. Me la cavo perché i bambini sono abbastanza pazienti e mi aiutano, ma non sono per niente brava».

Oh, non ci credo!

«Io li adoro e sento che siamo proprio una squadra. Può sembrare un cliché, ma se ami fai del tuo meglio, e anche se finisci per bruciare le uova, in fin dei conti non importa. Ma hai visto i miei figli, sono piuttosto in gamba».

Sono la dimostrazi­one di come li hai cresciuti. Dovresti essere orgogliosa.

«Grazie». (ride)

Abbiamo trascorso insieme due giorni meraviglio­si per fotografar­e questa storia. Sapevo quanto fosse importante che le immagini riflettess­ero dove sei arrivata come donna. Dove ti senti ora nella vita, che prospettiv­a hai sul mondo?

«Sento che ho superato alcune cose. Sto cercando di essere fiduciosa. Penso che sia qualcosa che abbiamo scoperto tutti grazie alla pandemia».

Una delle cose che stimo maggiormen­te di te è il modo in cui non perdi mai di vista le tue passioni. Pubblicher­ai presto un libro per bambini e ragazzi con Geraldine Van Bueren QC e Amnesty Internatio­nal: puoi dirmi qualcosa di più?

«Si chiama Know Your Rights (And Claim Them), conosci i tuoi diritti e rivendical­i. Vogliamo aiutare i più

«A proposito di MUSICA. Ascolto ancora i Clash e altri gruppi punk quando sono da sola. È un po’ strano ma fa parte del mio essere una VECCHIA PUNK. Passo metà del mio tempo libero ad ascoltare rock e l’altra metà con la meditazion­e consapevol­e di Thich Nhat Hanh, il saggio monaco buddista. È una strana combinazio­ne ma per me funziona. Di recente ho sentito una delle mie figlie che ascoltava Vienna di Billy Joel. Mi ha commosso quando mi ha detto che si ritrovava in alcune parole della canzone, che più o meno fanno così: “Rallenta, vai bene così, non puoi essere tutto quello che vuoi diventare prima del tempo”. In fondo è un messaggio che volevo passarle io, ma l’ha trovato da sola»

«Da ragazzina avevo un vestito che ora indosso come un top e l’orologio di Cartier e il vestito da sposa di mia madre. Per il resto MI VESTO QUASI SEMPRE DI NERO, jeans Ysl neri e tuniche e kaftani. Mi piace molto anche il trench, si può mettere su tutto, in fretta, per fare un salto al mercato o a comprare il cibo per i cani con i bambini»

giovani a identifica­re chi o cosa impedisce loro l’accesso ai diritti umani fondamenta­li e come cercare di difendersi. Il messaggio di base è: nessuno ha il diritto di farti del male, di zittirti».

Fantastico.

«I giovani sono impegnati, pronti a lottare. Ma c’è un livello di disinforma­zione che noi non abbiamo mai dovuto affrontare crescendo. Vogliamo che il libro contribuis­ca a dare loro gli strumenti per rafforzarl­i nella lotta per i diritti e renderli autonomi in modo molto pratico».

Un lavoro importante.

«Forse è solo la piccola punk che c’è ancora in me, ma mi piace lo spirito dei giovani. Credo che possano vedere quello che è giusto e sbagliato con maggiore chiarezza. Vedo un sacco di adulti trovare ogni genere di scuse per certi comportame­nti, e di solito sono i giovani a dire subito: “Ma questo è sempliceme­nte sbagliato, non lo accetto”. Io voglio rimanere così».

Sei inviata speciale dell’Agenzia Onu per i rifugiati. Sei con loro da una ventina d’anni, no?

«Vent’anni quest’anno».

Incredibil­e.

«Ho iniziato a vent’anni, sono partita con gli scarponi e lo zaino, volevo cercare di capire cosa diavolo stava succedendo nel mondo. Ho cercato di darmi un’educazione più vasta di quella che avevo avuto a scuola. Sono cresciuta in un luogo vuoto, per molti versi, quindi ho dovuto allargare i miei orizzonti».

Questa esperienza ti ha cambiato?

«Ho attraversa­to una fase in cui ero così sconvolta e arrabbiata per un sistema che tollera che milioni di persone vengano cacciate dalla guerra, dai genocidi, dalle persecuzio­ni. Sono ancora furiosa per le ingiustizi­e, ma mentre da giovane volevo abbattere il sistema, ho imparato che devo lottare per cercare di cambiarlo dall’interno».

Come ti senti quando ripensi al tuo lavoro con l’Onu?

«Ho un rapporto di amore-odio con l’Onu. Mi piace quando troviamo soluzioni pratiche per proteggere chi ha più bisogno. Adoro vedere persone di tutto il mondo che rischiano la loro vita per questo. Quello che detesto è la scarsa attenzione che i governi mostrano nel cercare di risolvere a monte i motivi per cui la gente è costretta a fuggire. Detesto quando non vengono difesi i diritti di tutti allo stesso modo. E anche quando sento che invece di incoraggia­re le persone e i Paesi a essere indipenden­ti, i governi sembrano trarre vantaggio dal fatto che siano impotenti».

Pensi che il discorso sui profughi si sia evoluto negli ultimi due decenni?

«Direi che è peggiorato. Parliamo come se i profughi fossero un peso. Ma hanno dovuto adattarsi, hanno competenze diverse, uno sguardo diverso negli occhi. Si sono confrontat­i con la loro umanità in modo profondo, si sono opposti all’oppression­e. Dovremmo rendere onore alla loro lotta, rendere onore a chi è fuggito dalle bombe e ha protetto i propri figli».

Hai diretto film e documentar­i, e stai per tornare dietro la macchina da presa per il biopic sul fotografo di guerra Don McCullin. Don è uno dei miei fotoreport­er preferiti: cosa ti ha spinto ad adattare la sua autobiogra­fia per il grande schermo?

«Sono ancora molto nervosa, persino l’altro giorno gli ho scritto per fargli delle domande, e ho riletto la mia email mille volte. Don è un uomo incredibil­e. Il film è su di lui, ma anche sui conflitti di cui è stato testimone, sul fatto che spesso nascondeva­no verità più oscure, e sulla vita delle persone in quelle fotografie ormai famose».

E più tardi quest’anno sarai sul grande schermo in Gli eterni della Marvel, con Richard Madden e Salma Hayek. Ho sentito che potrebbe esserci una tutina dorata.

«Adoro questo cast e il fatto che siamo riuniti tutti insieme. Sono felice di sostenere la visione di Chloé (Zhao, ndr) e l’impegno della Marvel ad ampliare la prospettiv­a su come vediamo i “supereroi”. Andare in giro dentro una tuta dorata non era proprio come immaginavo i miei quarant’anni ma è un tipo di pazzia positiva, mi pare».

Ti sembra di essere in una fase felice della tua vita?

«Non lo so. Gli ultimi anni sono stati piuttosto difficili, mi sono impegnata a rimettere in sesto la nostra famiglia. Sta guarendo lentamente, come il ghiaccio che si scioglie e il sangue che ricomincia a circolare».

È un viaggio...

«Non sono ancora arrivata, non ancora. Ma spero di farcela. Ci sto lavorando. Mi piace essere più matura. Mi sento molto più a mio agio nei miei quarant’anni rispetto a quando ero più giovane. Forse perché... non so... forse perché mia madre non ha vissuto molto a lungo, quindi c’è qualcosa nell’invecchiar­e che mi dà una sensazione di vittoria, più che tristezza».

Certo.

«Quindi mi piace. Non vedo l’ora di arrivare ai cinquanta: sento che a cinquant’anni raggiunger­ò il mio apice. Anche se l’altro giorno ero sul trampolino pronta a tuffarmi e i ragazzi hanno gridato: “No, mamma, non farlo. Puoi farti male”. E io ho pensato: “Dio, non è buffo?”. C’è stato un tempo in cui ero una star dei film d’azione, e ora i miei

«Qualcuno è sorpreso dal fatto che sotto sotto sono un’esperta di politica estera. Sono un po’ più noiosa di quanto la gente possa pensare... UN POÕ IMBRANATA»

figli mi dicono di non tuffarmi perché hanno paura che mi faccia male».

Adoro questa cosa, sì. I bambini ti dicono sempre come stanno le cose.

«Anche se sono piccoli sanno che ciò che conta è sentirsi amati, sicuri. Proteggere quelli che ami ed evitare che si facciano male. Conoscere se stessi, la propria verità e non vivere nella menzogna».

Ti sei impegnata a crescerli come cittadini globali. Perché è così importante essere genitori in questo modo?

«Vengono da tutto il mondo. Quando vedo Mad muoversi in Cambogia, è casa sua. È un ragazzo cambogiano, e allo stesso tempo è anche un cittadino americano e un cittadino del mondo. Ma non è solo fondamenta­le che ci vada lui, è importante che ci vadano anche i suoi fratelli. Siamo stati molto fortunati ad avere una famiglia formata da culture e razze diverse. Stiamo imparando gli uni dagli altri».

Hai costruito una famiglia di individui.

«Sì, sento che è importante essere accettati, sai? Voglio dire, è fondamenta­le per le madri, e per i genitori in genere. Ma penso che lo sia ancora di più se hai figli adottati. Anche loro devono scegliere te. Non è che la famiglia è solo dei genitori e loro ci sono dentro. È la nostra famiglia».

Come genitore, che consiglio daresti per portare i figli ad acquisire una certa consapevol­ezza, sia sociale sia ambientale?

«Be’, so che può sembrare strano, ma è importante passare il messaggio che fare del bene o dare non sono un dovere. Se possiamo aiutare i bambini a rendersi conto che non si tratta di dovere o servizio, o carità, ma di godere di un’esistenza collegata a persone che si rispettano, la sensazione è molto diversa».

È stato meraviglio­so durante il servizio fotografic­o vedere che i ragazzi si divertivan­o tanto con i vestiti. Sembra che abbiano tutti uno stile ben distinto.

«Non ho potuto imporre niente a nessuno, il che fa parte del divertimen­to. Sono tutti molto diversi».

Sono fantastici, vero?

«Molto». (entrambi ridono)

Come è cambiato il tuo rapporto con la maternità, man mano che i bambini crescevano, dall’inizio a ora?

«Io ero la migliore amica di mia madre. Mi è piaciuto averli, adoro stare sveglia di sera a parlare con i miei figli. Mi piacciono gli anni dell’adolescenz­a, ma anche quelli subito dopo. Adoro passare il tempo con loro».

Ogni tanto sono in disaccordo con te?

«Oh, sì... Pensano che io sia un po’ ridicola, come è giusto che sia. E mi conoscono tutti in modo diverso. Sai, hanno attraversa­to quel momento in cui si rendono conto che non c’è niente di speciale in me. Sono solo più vecchia. Non so risolvere tutto, ho solo buone intenzioni».

Sei la mamma.

«Sì, sono la mamma».

Sei sempre stata molto ponderata nelle tue scelte in fatto di abbigliame­nto.

«Investo in pezzi di qualità e poi li indosso fino a quando sono distrutti. Stivali, un cappotto preferito, una borsa, non li cambio spesso, sai? Sono sempre stata così».

C’è un elemento di sostenibil­ità anche in questo?

«Stiamo tutti cercando di capire come fare acquisti sostenibil­i, ma immagino che ci saranno sempre più regolament­i, e penso che sia la cosa migliore che possa accadere. Perché anche un consumator­e attento può essere ingannato da una buona promozione di qualcosa che di fatto non è di qualità, giusto?».

Infatti.

«Godersi dei capi vintage fino all’ultimo, riscoprire i negozi di seconda mano mi sembra parte della strada da percorrere. E per quanto riguarda la bellezza, Guerlain è davvero uno dei miei preferiti. Z (Zahara, ndr) e io usiamo gli stessi prodotti di profumeria, come la crema doccia o la lozione idratante. Mi piace che io e lei ci ricorderem­o anche per una fragranza. Soprattutt­o perché la mia prima memoria di Guerlain è stata il profumo della cipria di mia madre».

Hai parlato di Guerlain. Puoi raccontarm­i del tuo progetto con loro e con le donne apicoltric­i?

«L’obiettivo è quello di formare le donne in diversi Paesi, perché possano lavorare come apicoltric­i. Infatti una delle prime donne a entrare nel programma viene dalla zona in cui lavoriamo in Cambogia».

Fantastico. C’è qualcosa che la gente non sa di te e che potrebbe sorprender­la?

«Oddio! Ho sempre sentito fare questa domanda e pensavo: chissà cosa rispondere­i se qualcuno me lo chiedesse. Ma non ho mai preparato la risposta. Mhmm. Qualcuno mi ha detto di essere rimasto sorpreso dal fatto che sotto sotto sono un’esperta di politica estera. Sono un po’ più noiosa di quanto la gente possa pensare... un po’ imbranata».

Infine, visto che faccio molta fatica a staccare, mi piacerebbe sapere cosa fai per cercare di rilassarti, così potrei prendere lezioni.

«Ah! Se qualcuno sapesse come si fa a rilassarsi, mi piacerebbe proprio prendere lezione. Non ho mai imparato però, e ho deciso, a 45 anni, che non succederà mai».

D’accordo. (entrambi ridono)

«Anzi, farò sempre di più».

Buona idea.

«Farò proprio così».

➡ TEMPO DI LETTURA: 16 MINUTI

Pag. 33: trench, DIOR. Orologio, DIOR WATCHES. Orecchini e anelli, ANA KHOURI. Bracciale, ELAINE NEUSTADTER COLLECTION. Pag. 34, per Angelina: orecchini, MARIA TASH e JACQUIE AICHE. Bracciali e anelli, ANITA KO. Per Zahara: top, VINCE. Chocker, ADINA’S JEWELS. Per Vivienne: abito, N°74. Per Knox: T-shirt, MOLO. Pag. 35: camicia vintage, SAINT LAURENT. Pagg. 36-37: T-shirt, MARGARET HOWELL. Pantaloni vintage, JEAN PAUL GAULTIER. Orecchini, HOORSENBUH­S. Pag. 39 e 42: top e pantaloni, TOM FORD. Sotto: cardigan, THE ELDER STATESMAN. Pag. 40: kaftano vintage, BRUNELLO CUCINELLI. Sandali, TOM FORD. Pag. 41: abito, CARINE GILSON. Make-up Rachel Goodwin using Guerlain. Hair Lorenzo Martin e Jacklyn Martinez using Kérastase. Manicure Ashlie Johnson. Set design Stefan Beckman. Produzione ProdN. Digital artwork Gloss Studio. Si ringrazia Jill Demling.

 ??  ??
 ??  ?? Angelina con i figli Zahara, 16 anni, e i gemelli Vivienne e Knox, 12. A TAVOLA
Angelina con i figli Zahara, 16 anni, e i gemelli Vivienne e Knox, 12. A TAVOLA
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Angelina improvvisa un taglio di capelli per il figlio maggiore, Maddox, nella loro casa di Los Angeles. UNA SPUNTATINA?
Angelina improvvisa un taglio di capelli per il figlio maggiore, Maddox, nella loro casa di Los Angeles. UNA SPUNTATINA?
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy