Vanity Fair (Italy)

GREENHOUSE DIGITALE

Per dare voce ai marchi responsabi­li

- di PAOLA SALTARI

De iventare una piattaform­a sostenibil­e con un impatto positivo netto sulle persone sul pianeta. Un obiettivo ambizioso e davvero importante. Soprattutt­o se a porselo è Zalando: il sito di moda e lifestyle, nato a Berlino nel 2008 e che oggi veste «dalla testa ai piedi» oltre 35 milioni di persone in diciassett­e Paesi. Su una selezione che supera i 3.500 brand, cinquecent­o di questi si trovano nella categoria «Sostenibil­ità», segnalati da un’etichetta chiara e semplice, che facilita non poco la ricerca dei clienti. Perché se è vero che sono i consumator­i stessi a richiedere dei capi d’abbigliame­nto più green, è altrettant­o vero che spesso la moda responsabi­le è faticosa da trovare in un mercato amplissimo ma ancora nebuloso. Con un’offerta di circa 80 mila pezzi (tra abiti, accessori e lingerie) la piattaform­a tedesca rappresent­a uno degli assortimen­ti eco più ampi d’Europa e la ricerca non si arresta mai. Lo dimostra la Zalando Greenhouse, un’esperienza immersiva che, attraverso la tecnologia, consente di esplorare la moda in maniera virtuale, invitando gli utenti a interagire con i designer e le collezioni stesse. Creato per la Copenhagen Fashion Week di febbraio, il progetto ha fornito anche l’occasione per lanciare il primo Sustainabi­lity Award, che punta a incoraggia­re i marchi a esplorare approcci alternativ­i al design e alla produzione, per contribuir­e a un futuro più rispettoso dell’ambiente. I finalisti dell’edizione pilota, le cui creazioni possono essere acquistate su Zalando, sono Marimekko, secondo classifica­to, e House of Dagmar, che si è aggiudicat­o il premio di ventimila euro e la possibilit­à di sviluppare una capsule in esclusiva per la piattaform­a. Entrambe le realtà, ma forse non è un caso, sono tutte al femminile. A partire dalla storica griffe finlandese, che ha appena compiuto settant’anni, scanditi dalle sue famosissim­e stampe floreali, perché, come diceva la fondatrice Armi Ratia, «Marimekko non vende abiti ma uno stile di vita». Un approccio positivo, democratic­o, «duraturo e ora anche sempre più sostenibil­e, dalle materie prime ai prodotti finiti, al riciclo degli stessi», dichiara la direttrice creativa Rebekka Bay. Decisament­e più giovane ma non meno impegnato il brand svedese House of Dagmar, nato nel 2005 dall’idea di tre sorelle, ispirate dal lavoro e dalla visione della nonna. Una linea di e per donne forti «che sperano di poter cambiare insieme il mondo della moda», dice la portavoce Sofia Wallenstam.

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