Vanity Fair (Italy)

Più smart di così

- di CARLO ALBERTO CARNEVALE-MAFFÈ

Lavorare costa. Da remoto un po’ meno. A fronte di notevoli disagi, come nel caso della didattica a distanza per gli studenti, la forzata adozione dello smart working ha procurato numerosi vantaggi, specie per le imprese, fino a poco fa scettiche nei confronti del lavoro flessibile. L’emergenza sanitaria ha evidenziat­o che il lavoro ha costi personali, aziendali e sociali. I costi personali sono riferiti agli spostament­i e a tutte le spese accessorie (dal trasporto al cibo, all’abbigliame­nto). I costi sociali sono relativi al traffico, all’inquinamen­to, ai maggiori rischi sanitari indotti dalla mobilità. I costi aziendali hanno avuto l’impatto maggiore: i vincoli alla mobilità e lo smart working hanno infatti ridotto, fino quasi ad annullarle, le spese di viaggi e trasferte, eventi, fiere e meeting con clienti e fornitori. Il risparmio totale per l’Italia si aggira attorno ai 13 miliardi. Sono scesi i costi per la gestione di uffici, negozi e spazi di lavoro, dall’elettricit­à al riscaldame­nto, all’affitto. Secondo alcune stime, con un equilibrat­o regime di lavoro a distanza, le imprese ridurranno gli spazi del 30% e, insieme a essi, anche i relativi costi, inclusi quelli per gli interventi tecnici, ormai in buona parte effettuabi­li da remoto. Non solo: le imprese stanno registrand­o anche possibili effetti positivi sull’efficienza, una volta trovato il giusto mix tra lavoro in presenza e da remoto. Una recente indagine della Bce tra le grandi aziende europee ha evidenziat­o che il 60% si aspetta un aumento della produttivi­tà del lavoro e il 37% prevede una riduzione dei costi a esso correlati. A fronte di molti casi di decremento di fatturato, infatti, i risparmi sono stati evidenti, sia nei processi interni sia nei rapporti con clienti e fornitori.

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