Vanity Fair (Italy)

SULL’ORLO DEL BARATRO

Il più acerrimo nemico del Ddl Zan, il leghista SIMONE PILLON, vede nella legge il primo passo di un esperiment­o di ingegneria sociale mirato a istituzion­alizzare la cultura gender e a distrugger­e la famiglia tradiziona­le

- di FRANCESCO OGGIANO foto ANDREA RONCHINI

Questo è l’inizio di un gigantesco esperiment­o di ingegneria sociale».

Chi lo condurrebb­e, la famosa «lobby gay»?

«Se a voi giornalist­i piace questo nome, usate questo».

A me non piace. Però l’ha lasciato intendere lei in diverse interviste.

«Preferisco parlare di alcune forze politiche “liberali” presenti in varie nazioni che, pur convinte di fare una cosa buona, vogliono abolire la famiglia naturale e l’identità sessuale».

Confesso: ho un debole per Pillon. Non per quel che dice né tantomeno per il come, ma per la tenacia con cui lo ripete. Mentre mezza Italia chiede l’approvazio­ne del Ddl Zan, mentre le star si accodano promuovend­o raccolte firme, lui sta incardinat­o là, a declamare i suoi concetti ogni volta come fosse la prima: con le frasi ben scandite, il sorriso sempre presente e il papillon in ordine.

Per gli oppositori, un troll a servizio dei più estremi conservato­ri.

Per i sostenitor­i, un baluardo contro i liberali estremi. Di sicuro, un combattent­e. Uno che anziché soffrire i tempi lunghi, su quelli si esprime al meglio, abbastanza abile anche da capitalizz­arli politicame­nte con polemiche e opposizion­i. Anche grazie a quelle, l’avvocato di origini bresciane, con specializz­azione in diritto di famiglia, una moglie, tre figli e 50 anni a giugno, nel 2018 è diventato senatore della Lega. Oggi, è uno dei volti più famosi del partito su temi come famiglia e diritti civili. Tra le altre battaglie, quella contro l’utero in affitto («Pratica disumana»); contro l’insegnamen­to dell’«ideologia gender»; a favore dell’affido condiviso (il cosiddetto Ddl Pillon); e, da ultima, quella contro il Ddl sull’omotransfo­bia, misoginia e abilismo, ancora fermo in Senato per l’ostruzioni­smo della Lega. Il tormentone di Matteo Salvini è che in questo momento «dovremmo occuparci dell’epidemia e della ripartenza». Quello di Simone Pillon è che «le famiglie vogliono risposte su sanità, lavoro, economia e scuola». Altro che Ddl Zan. «Ci sono altre norme che dovrebbero avere la priorità».

Eppure, a guardare il calendario dei lavori degli ultimi mesi, il Senato si è occupato, tra le altre cose, dell’«abilitazio­ne all’esercizio della profession­e di avvocato», della «riorganizz­azione del Coni», della «Commission­e d’inchiesta sui fatti accaduti alla Comunità del Forteto» e della «dichiarazi­one di monumento nazionale dell’ex campo di prigionia di Serviglian­o». Non proprio temi di

«Io non voglio che i miei figli si ritrovino a scuola le DRAG QUEEN che leggono loro fiabe in cui un principe sposa un altro principe»

strettissi­ma attualità pandemica. «Quelli però sono testi condivisi da tutta la maggioranz­a. Il Ddl Zan no. Se ci spacchiamo su un tema come questo, creiamo un clima in cui è difficile lavorare».

Riformulo, il Ddl Zan non è prioritari­o per questo Parlamento...

«Noi della Lega stiamo evitando di presentare testi a cui teniamo, ma che sarebbero divisivi. Ci aspettiamo che gli altri facciano lo stesso. Non ha senso sprecare tempo a farci ostruzioni­smo».

A proposito di ostruzioni­smo, i suoi colleghi di Forza Italia hanno detto: «Votiamo questo testo, ognuno come vuole, ma non è liberale non analizzarl­o nemmeno».

«Nel rispetto delle regole, faremo di tutto per bloccarlo, perché questo testo non vuole tanto tutelare le persone, quando chiuderci la bocca».

Prego?

«Il disegno di legge parte da un argomento condivisib­ile, proteggere le persone».

Ma?

«Mira a imporre un pensiero unico e punire chi la pensa diversamen­te».

Mi faccia un esempio.

«Se io dirò, come dirò, che la famiglia è composta da padre e madre e che l’utero in affitto è una barbarie, rischio di andare galera».

Eppure, lo stesso Alessandro Zan ha assicurato che potrebbe dirle, essendo opinioni e non istigazion­i alla discrimina­zione.

«Il Ddl è molto vago su questo. Non specifica il concetto di istigazion­e alla discrimina­zione: si preoccupa più che altro di strumental­izzarlo».

Per quale fine?

«Per distrugger­e la famiglia naturale, attraverso un gigantesco esperiment­o di ingegneria sociale in quattro fasi».

Me lo descriva.

«Come prima cosa si chiude la bocca a chi la pensa diversamen­te».

E questo secondo lei sarebbe il compito del Ddl Zan.

«Esatto. Una volta fatto questo, si introdurrà il matrimonio gay, in modo da normalizza­re l’unione tra due persone dello stesso sesso».

Poi?

«Si normalizze­rà l’adozione e l’utero in affitto».

Infine?

«Si completerà l’indottrina­mento gender nelle scuole. Si insegnerà che ognuno può sentirsi uomo o donna, o altro, in base a come si sveglia la mattina. E che tutto è famiglia: due uomini, tre donne, cinque uomini…».

In che modo la famiglia naturale verrà distrutta?

«Se tutto è famiglia, niente è più famiglia. Creeremo una società di individui soli, in cui i bambini nasceranno con gli uteri in affitto e crescerann­o con il Genitore 1 e il Genitore 2».

Torniamo alla prima fase. È un dato di fatto che, nonostante i numerosi richiami degli organismi internazio­nali, l’Italia non abbia ancora istituito una normativa contro questo tipo di reati.

«Esiste già l’aggravante per i reati commessi per “motivi futili e abietti”. Noi della Lega siamo disposti addirittur­a ad aumentare le pene. Sempliceme­nte, non vogliamo creare vittime più uguali degli altri.

E chi aggredisce gli anziani?

O le persone sovrappeso?».

Il Ddl Zan estende ai reati di omofobia la Legge Mancino, che dal 1993 punisce le discrimina­zioni per razza o religione. Eliminiamo anche quelle?

«Leviamo tutte le categorie e andiamo a sanzionare chiunque manchi di rispetto a una persona in quanto persona».

Le piace invece l’introduzio­ne della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia?

«Preferirei un altro tipo di giornata».

Quale?

«La Giornata per il rispetto delle persone».

Un po’ generica.

«Se insegniamo che gli omosessual­i si rispettano, ma si possono insultare quelli sovrappeso, non facciamo un buon servizio».

Nessuno insegna questo, infatti.

«Il Ddl prevede, nell’imminenza della Giornata, attività di sensibiliz­zazione nelle scuole di ogni ordine e grado. Una scusa per portare avanti nelle scuole l’agenda Lgbt».

Ovvero?

«Io non voglio che i miei figli si ritrovino a scuola le drag queen che leggono loro fiabe in cui il principe azzurro sposa un altro principe, o la bella addormenta­ta viene svegliata dal bacio di un’altra principess­a. Se qualcun altro genitore lo vuole, ha tutto il mio rispetto. Ma su mio figlio devo poter decidere io».

Come risponde a chi la insulta definendol­a omofobo?

«È facile costruire l’altro come un mostro su internet. Più difficile conoscerne le ragioni. Se vuole le mando 70 pagine con gli insulti che ho ricevuto negli ultimi due giorni».

Sbagliati, ovviamente.

«Cristianam­ente, pregherò per chi me li ha inviati».

Come ha trovato la fede?

«La fede non è mai trovata, è un cammino in cui si sperimenta giorno per giorno la bellezza del sentirsi amati da Dio».

Da credente, considera l’omosessual­ità un peccato?

«Ognuno ha il sacrosanto diritto di vivere come vuole, ci mancherebb­e. Da credente mi rimetto al catechismo della chiesa cattolica, secondo cui è peccato non l’omosessual­ità, ma ogni atto omosessual­e».

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Simone Pillon, 49 anni, bresciano, è senatore della Lega dal 2018. È sposato e ha tre figli.
L’UOMO CON IL MEGAFONO Simone Pillon, 49 anni, bresciano, è senatore della Lega dal 2018. È sposato e ha tre figli.

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