Vanity Fair (Italy)

Ero la STRANIERA

Ha scritto un romanzo, ma dentro ci ha messo anche qualcosa della sua vita. ROCÍO MUÑOZ MORALES racconta di quando le dicevano che era «una improvvisa­ta» e che si approfitta­va della fama del compagno Raoul Bova. Finché l’Italia è diventata casa

- di VALENTINA COLOSIMO foto MARCO BARBARO

Appare nell’inquadratu­ra di Zoom dallo studio, la linea cade, eccola poi in soggiorno, arriva la figlia Alma che le porta un libro sui rivoluzion­ari spiegati ai più piccoli, alla fine si chiude nella cameretta, si siede per terra davanti al lettino bianco e rosa. Rocío Muñoz Morales è a casa come tutti noi, con i problemi di tutti noi da zona rossa, bambini che richiedono attenzioni e banda larga da condivider­e con il resto della famiglia. Lo scorso anno, durante il primo lockdown, mentre c’era chi impastava il pane, chi cantava sui balconi e chi disegnava arcobaleni, lei scriveva il suo romanzo. Ogni sera, davanti a un calice di vino, buttava giù qualche pagina, finché un amico le ha suggerito di mandare il dattiloscr­itto a una casa editrice.

Oggi è attrice di cinema e teatro, ma in passato Rocío ha studiato Giornalism­o a Madrid, prima di finire nel nostro Paese e diventare d’un tratto famosa per essere diventata la compagna di Raoul Bova. Il suo esordio narrativo si intitola Un posto tutto mio, arriva nelle librerie il 22 aprile e dentro ci ha messo «tutte le cose che mi piacciono»: una protagonis­ta spagnola – una giovane donna vitale

–, una masseria in Puglia, leggende, folklore, un amore, un’amicizia femminile, un mistero da risolvere. «Quando è iniziato il primo lockdown recitavo a teatro tutte le sere in Sherlock Holmes e i delitti di Jack lo Squartator­e. A un certo punto ci hanno detto di portare via tutte le cose dai camerini, e così io mi sono ritrovata a casa con la sensazione che mi avessero tolto una parte di me. Fino ad allora forse non mi era stato così chiaro quanto fosse importante per me quello spazio tutto mio: sono una donna normale, una madre, quel lavoro era una cosa solo mia che mi nutriva interiorme­nte. E così mi sono ricavata un altro luogo in cui esprimermi: la scrittura».

Che cosa voleva raccontare con questo romanzo?

«È un romanzo leggero, di intratteni­mento. Sentivo che volevo dire qualcosa di me senza mettermi in mostra».

Per esempio?

«Attraverso Camila, la protagonis­ta, ho rivissuto certi passaggi della mia vita che forse non avevo mai elaborato. La sensazione di essere straniera in Italia, per esempio. Oggi per me casa è Roma, incredibil­mente non lo è più Madrid, ma quando sono arrivata in questo Paese non sapevo una parola di italiano ed è stato davvero faticoso. Ero assalita dai pregiudizi».

Quali?

«Dicevano che ero bella e poco intelligen­te, poco preparata, troppo giovane. E insinuavan­o, anzi lo dicevano anche apertament­e, che volevo sfruttare una serie di circostanz­e, come la fama di Raoul. Ho passato molto tempo a lottare con questa narrazione che non mi appartenev­a e che mi feriva profondame­nte. Soprattutt­o per come sono fatta io».

E come è fatta?

«Sono una di principi, una persona anche un po’ pesante, una che si impegna tantissimo nelle cose, in Spagna studiavo recitazion­e all’accademia, non sono un’improvvisa­ta. Anche oggi, quando dicono che sono una modella, io correggo sempre: ex. È un mestiere bellissimo e divertente ma anche quella parola, “modella”, purtroppo la collego a un pregiudizi­o che ho subito in passato: ecco la modella che si è messa in testa di fare l’attrice. Non è stato affatto così».

Ci racconti la sua narrazione.

«Sempliceme­nte Raoul e io ci siamo innamorati. Lui era molto esposto mediaticam­ente, io all’inizio non sapevo neanche chi fosse, non avevo idea che fosse un attore famoso. Meglio così: mi sono innamorata del vero Raoul. Ci siamo ritrovati in mezzo a qualcosa che non riguardava davvero né noi né il nostro amore».

Quando ha cominciato a non sentirsi più straniera?

«Non c’è stato un momento preciso, c’erano tante braccia aperte, con il tempo ho avuto la possibilit­à di raccontarm­i, di farmi conoscere, di imparare l’italiano, di lavorare e dimostrare così che sapevo fare il mio lavoro. Piano piano è venuta fuori la mia luce».

La protagonis­ta del romanzo a un certo punto riceve un compliment­o sul suo aspetto e risponde: «Grazie, anche se di essere bella non mi importa niente». È lei che parla qui?

«Sì. Un bravissimo neurochiru­rgo una volta mi ha detto che il bello è qualcosa che attrae naturalmen­te, i bambini amano le figure colorate e non i disegni horror. Nelle persone la bellezza è un dono ma può anche essere un peso».

Perché?

«Passano la vita a dirti che sei bella, sei bella, sei bella... Tu cerchi di essere una brava persona, altruista, una che si impegna per gli altri e tutti ti dicono solo che sei bella. So che può suonare strano, ma a un certo punto il compliment­o diventa quasi un insulto».

Scusi, ma per fare l’attrice non può negare che la bellezza aiuti.

«Vero, ma io da tempo sono attratta da ruoli che richie

«Passano la vita a dirti CHE SEI BELLA,

mentre tu cerchi di essere una brava persona e mostrare altre qualità»

dono di essere fisicament­e brutta. Per tanti anni mi offrivano solo parti in cui dovevo vestirmi scollata, mettere in mostra il fisico. Io andavo sul set e cercavo di approfondi­re il personaggi­o, vedere le sfumature, articolare l’interpreta­zione. E mi sentivo rispondere: ma ’sti cazzi, è bona».

Frustrante?

«Molto. Sono parole che ti lasciano una ferita. Io ringrazio chi mi ha donato questo aspetto, ma la bellezza per me non è un punto di arrivo. Quindi sono insofferen­te, se mi dicono che sono bella la mia risposta interiore è: ma che palle, basta, ho altre qualità».

Bella ci si sente, almeno?

«Meno di quel che mi consideran­o gli altri. Ho sofferto la magrezza, camminavo ingobbita, ho molti difetti. Ci sono moltissime donne molto più belle di me, ma io sto bene con me stessa, mi piaccio ma soprattutt­o mi piace la persona che sono. Non è così importante l’aspetto fisico. Le attrici che puntano solo su quello lavorano pochi anni, poi si invecchia. Ammiro molto attrici dotate di una bellezza potente, come Sophia Loren e Charlize Theron, che hanno espresso un talento incredibil­e».

Sono giorni in cui si parla di commenti e fischi ricevuti per strada, il fenomeno del catcalling: lei lo ha mai subito?

«Certo, penso che sia successo a tutte e che purtroppo succederà anche alle mie figlie. Io ho sempre reagito fregandome­ne, ma non è così per tutte».

Che riflession­i ha fatto?

«L’Italia è un Paese bellissimo ma è ancora molto maschilist­a, purtroppo. Le donne devono subire comportame­nti e atteggiame­nti inaccettab­ili».

Per esempio, nella sua esperienza?

«Non mi sono mai trovata in situazioni di pericolo ma spesso sono tornata a casa dal set triste e sofferente perché mi ero dovuta mettere uno scudo che non mi appartenev­a, essere fredda ed evitare qualsiasi contatto fisico, per non lasciare neanche uno spiraglio di malinteso. Poi se sei una donna è meglio che non mostri le tue fragilità, altrimenti vieni bollata come debole. Sono fragile, e allora? Chi non lo è?».

Nel romanzo c’è anche una storia d’amore. Lei sta con Raoul Bova da dieci anni.

«Che impression­e… ero una ragazzina. Siamo stati fortunati, il nostro è un grande amore. Non lo dico mai ma mi è scappato in un programma televisivo perché è vero: lui è l’uomo della mia vita».

Avete due figlie: Luna, di cinque anni e mezzo, e Alma, di due e mezzo. I figli di solito sono detonatori della coppia.

«Non ci hanno mandato in crisi, anzi: le guardo e vedo il nostro amore. Sono la parte migliore di noi, la più pura».

Vi sposerete mai?

«Domanda da un milione di euro a cui posso solo rispondere con: che ne so? Io non gli chiederò mai di sposarmi, me lo deve chiedere lui, ma se non lo farà va bene così. Sono molto fortunata». ➡ TEMPO DI LETTURA: 8 MINUTI

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La copertina di Un posto tutto mio di Rocío Muñoz Morales (Sonzogno, pagg. 288, € 17). È la storia di una ragazza spagnola alla ricerca delle sue origini.
LE RADICI La copertina di Un posto tutto mio di Rocío Muñoz Morales (Sonzogno, pagg. 288, € 17). È la storia di una ragazza spagnola alla ricerca delle sue origini.
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