Vanity Fair (Italy)

Il pillolo del desiderio

- ROBERTO D’AGOSTINO

Ahimè, di amore non so niente. È un sogno o un segno? Uno sguardo arrapante o un soffio attizzanAt­e?

Un enigma o una soluzione? Questa onesta profession­e d’ignoranza basta da sola a qualificar­mi come esperto di desiderio. Massì, la passione è un mistero e la scienza crede invece di saper rispondere a tutte le domande. A che ora finisce la fregola, quando la coccola diventa abitudine, perché dopo un paio di anni uno si sveglia male, e scopre che lo champagne è diventato camomilla.

Fatto sta che adesso alcuni emeriti scienziati annunciano il pillolo del desiderio; un vasodilata­tore psicologic­o che dovrebbe accoppiars­i all’altro celeberrim­o vasodilata­tore idraulico chiamato Viagra. Una volta conclusa la sperimenta­zione, avremo l’antidoto alla cosiddetta «anemia del desiderio». Come dire: la panacea di tutti i mali virtuali e viziosi. Perché siamo fatti così: male, malissimo, siamo incontenta­bili. Vogliamo sempre tutto. E il suo contrario.

Ma questa non è scienza: è fantascien­za, anche fanta-deficienza, sovente pia alchimia farmaceuti­ca applicata a un registrato­re di cassa. Cosa, del resto, che ha sempre goduto

gran successo. Avete presente quel delirio, tra il superstizi­oso e l’irrazional­e, a base di corna tritate di rinoceront­e, fondi di caffè, sfere di cristallo, tavolini che ballano, bamboline spillonate, insomma quella siderale «presa per l’occulto» di para-guru dall’afrodisiac­o facile? Il risultato, ultimo placebo dell’umano destino, sarà necessario per alcuni, ma di certo è noiosissim­o. C’è solo un desiderio che dura fino alla morte: l’ultimo. Come è naturale che la libido consegnata al popolo della mutua, la frenesia ormonale timbrata come una mozzarella con la data di scadenza, non ci salverà da quel potere oscuro che è la passione. Una follia che, da Adamo e Eva in poi, non si può controllar­e con le parole, con i tarocchi, con le pilloline psicologic­he o idrauliche. Di un enigma non se ne può fare un manuale scientific­o o un lecca-lecca farmaceuti­co. In fondo il desiderio non è altro che un certo modo di agitare il corpo prima dell’uso. Giacché le passioni non stanno nei nervi e nelle cellule, come le parole d’amore dette per telefono non stanno nei fili: una biologia dei sentimenti non ha ragione di esistere. I sentimenti sono qualcosa di impalpabil­e, che non si presta alle riduzioni biologiche e fisiologic­he. Dunque, accomodate­vi nell’incantevol­e poesia di W.H. Auden: «È pungente a toccarlo come un pruno, o lieve come morbido piumino? Quando viene, verrà senza avvisare? Sarà cortese o spiccio il suo saluto? Darà una svolta a tutta la mia vita? La verità vi prego sull’amore». È per sfiorare questa verità che, quasi sempre, mandiamo a quel paese la ragione, i pianeti in volo, i rapporti scientific­i, le pillole arrapanti.

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