ALBERTO FUSARI
EPPUR SI MUOVE Per niente immutabile, il PAESAGGIO cambia nel tempo e con lo sguardo di chi lo osserva. Verbania gli ha dedicato un museo, esempio di quelle realtà «minori» che con caparbietà portano avanti la loro preziosa missione culturale
Torinese, progetta giardini con lo studio di architettura del paesaggio di Paolo Pejrone.
CÕforma è, nel nostro Paese, una straordinaria e insperata
di ostinazione culturale che interviene proprio quando le cose sembrano sul punto di dissolversi. Mondi minori e quasi sommersi, eroicamente trattenuti col poco a disposizione, molto meno di quanto meriterebbero, ma con tanta più solidità, vitalità, passione, conoscenza e consapevolezza. Voci che forse nessuno più ascolterebbe in posti che forse nessuno più visiterebbe: è questa rete capillare, fatta di proposte circoscritte e non per forza eclatanti, a restituire profondità ai luoghi e a innescare ripensamenti concreti e virtuosi sulle identità presenti e future. Fin da inizio Novecento Verbania, le sue sponde e le sue valli si raccontano in un museo che ha assunto con notevole avanguardismo il nome di Museo del Paesaggio. Siamo ben oltre i celebri scenari di lago: certo, la grandeur della villeggiatura è un tema ricorrente, con le sue ville e soprattutto gli eclettici giardini, censiti botanicamente in un’epoca nella quale ancora si stentava a riconoscerne il valore paesaggistico, ma la stessa lungimiranza ha portato a indagare molti altri ambiti. Cappelle devozionali, usi contadini, architetture romaniche, borghi alpini abbandonati e moltissimo altro sono stati oggetto di analisi, schede e pubblicazioni del Centro Studi del Paesaggio, nato in seno al Museo intorno agli anni Ottanta e oggi più attivo che mai. Il nucleo dell’esposizione consiste in una ricca pinacoteca raccolta in buona parte dal fondatore Antonio Massara, con quadri prevalentemente a tema naturalistico (ma non soltanto) del Diciannovesimo e Ventesimo secolo. Dalle romantiche montagne di Ashton e Gignous alle coltri di neve di Maggi, dai chiaroscuri boschivi di Boggiani alle atmosfere impalpabili di Cinotti o alle vedute campestri e fiorite di Tozzi. S’aggiungono l’affascinante gipsoteca dello scultore russo, naturalizzato a Intra, Troubetzkoy, un’eccezionale collezione di opere di Arturo Martini, preziosi e locali reperti archeologici, un interessante archivio fotografico. Il materiale è variegatissimo, a riprova che il paesaggio è una nozione ampia e caleidoscopica, composta di natura e cultura, di tutte le brulicanti e non sempre evidenti interazioni tra l’uomo e il suo ambiente.
Un concetto relazionale, dunque, e pertanto mutevole nel tempo, come il contesto del Lago Maggiore ben ci dimostra. Ecco che accanto a un’anima più tradizionale, giustamente e orgogliosamente rispettata, il Museo e il Centro propongono importanti incursioni nel contemporaneo: tutela e sostenibilità diventano le parole d’ordine per ripensare un’etica dello spazio condivisa e diffusa. Anello altrimenti mancante tra università e amministrazioni, fanno parte di quei soggetti illuminati dei quali la nostra Italia ha così tanto bisogno. ➡ TEMPO DI LETTURA: 4 MINUTI