Vanity Fair (Italy)

ROBERTO DULIO

Dove si dipanano i pensieri. A chi non lo conosce, può essere descritto così il MUSEO DELLA CONTRADA DI VALDIMONTO­NE di Siena, progettato da quel genio delle forme che è stato Giovanni Michelucci

- di ROBERTO DULIO

Insegnante di Storia dell’architettu­ra al Politecnic­o di Milano, è autore di Giovanni Michelucci e la sede della Contrada di Valdimonto­ne (Electa).

Nell’autunno del 2016, quando andai a Siena per iniziare la ricerca che avrebbe portato alla pubblicazi­one del volume Giovanni Michelucci e la sede della Contrada di Valdimonto­ne a Siena 1974-1997 (2017), stentai a trovare e riconoscer­e l’edificio che cercavo. Mi si rivelava lentamente un’opera enigmatica, invisibile, senza facciate, progettata da Giovanni Michelucci, realizzata in un tempo lunghissim­o e conclusa dopo la sua morte. Eppure si tratta di un’architettu­ra che racchiude il complesso itinerario concettual­e dell’architetto.

Un edificio suscettibi­le di mutare la sua destinazio­ne e di proiettarl­a oltre i suoi limiti; uno spazio dove si affiancano e sovrappong­ono, su differenti livelli, i transiti che proiettano l’organismo architetto­nico nella città o nell’ambiente circostant­e; un luogo a vocazione sociale, laica o religiosa, ma sempre comunitari­a: questa è l’idea ossessiva che pervade l’immaginari­o di Michelucci fin dall’inizio della sua attività di architetto. Se sfoglio le pagine di una monografia dedicata alle opere che Michelucci realizza nella sua vita lunga un secolo (1891-1990), ho l’impression­e di osservare il lavoro di differenti personalit­à. Tre, cinque, sei architetti diversi possono essere gli autori delle sue opere se noi le guardassim­o con la lente scontata della tassonomia stilistica. Cerco invece di coglierne la ferrea ricorrenza tipologica che si svela, come una profezia, anche a Siena. Tutti conosciamo i capolavori di Michelucci, anche senza sapere che sono suoi: la stazione di Santa Maria Novella a Firenze (1932-35) e la Chiesa di San Giovanni Battista a Campi Bisenzio (1960-64), la celeberrim­a chiesa dellA’ utostrada del Sole. In entrambi i casi, come a Siena, l’idea di un organismo architetto­nico calibrato sulla dinamica dei percorsi e sulla loro combinazio­ne diventa palese. Michelucci attua in maniera sempre più definita l’idea dell’architettu­ra come luogo dei percorsi e dell’assemblea, prima ancora che delle forme. Il nodo complesso di queste tensioni si riversa naturalmen­te sulla vicenda del nuovo edificio senese.

Il primo – e unico – schizzo progettual­e di Michelucci per la nuova sede della contrada, datato 3 ottobre 1974, ribadisce la volontà di definire un luogo nel quale si sovrappong­ano funzioni e percorsi. E lo schizzo dell’architetto pistoiese è così preciso che basterà a fissarne in maniera inequivoca­bile e profetica la definizion­e. La nuova architettu­ra non si vede. L’accesso avviene da una piccola costruzion­e già esistente sul fianco dell’oratorio. Da qui si può accedere direttamen­te alla terrazza – il vecchio orto con la vigna – e poi al parterre gradonato che trasforma la parte finale della terrazza in una sorta di teatro, da cui discendere a una corte della sala delle vittorie. L’accesso è garantito anche da un percorso interno: dal piccolo corpo d’ingresso una scala scende a un ammezzato – da dove una passerella attraversa in quota la sala delle vittorie e permette di accedere sia al giardino sul fianco del complesso, sia al parterre – e da qui un’altra rampa di scale conduce al piano di calpestio della stessa sala.

I miei passi risuonano sulla passerella aerea che attraversa la sala. Il groviglio dei percorsi (e dei pensieri) si dipana sospinto dal talento della ripetizion­e differente di Michelucci. Come una fuga di Bach.

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Progettato dall’archistar Giovanni Michelucci, il Museo della Contrada di Valdimonto­ne vide la luce 7 anni dopo la scomparsa del suo ideatore.
DAL DISEGNO ALLA REALTË Progettato dall’archistar Giovanni Michelucci, il Museo della Contrada di Valdimonto­ne vide la luce 7 anni dopo la scomparsa del suo ideatore.
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