CHIARA GAMBERALE
È quello che accende ogni giorno Viviana Peloso, libraia a BISCEGLIE, dove gestisce uno spazio bellissimo, pieno di idee e cultura. «Leggere può guarire una vita», dice. O cambiarla, come è successo alla sua
Scrittrice e autrice. L’ultimo romanzo è Come il mare in un bicchiere (Feltrinelli).
Non ho dubbi. Se non esistessero le librerie, la mia vita sarebbe stata diversa.
Come lettrice, perché sono figlia di persone che si fidano più dei numeri che delle parole e tutto devo alla libreria del quartiere dove sono cresciuta, a sud di Roma, la gloriosa Nuova Europa, e alla pazienza delle sorelle Pieralice che mi aiutavano a scegliere i libri di cui non lo sapevo, ma avevo bisogno.
E come scrittrice, perché da quando, ventitré anni fa, ho pubblicato il mio primo romanzo, girare l’Italia, di libreria in libreria, e incontrare i lettori, mi ha dato la sensazione che gli amici immaginari con cui mi intrattenevo da bambina esistessero davvero, adesso ce li avevo davanti. Come quegli amici immaginari si facevano le mie stesse domande e come me faticavano a trovare risposte; poco conta chi una storia la scrive e chi la legge, l’importante è sedersi attorno allo stesso fuoco.
Così San Donà, Bassano, Velletri, per me non sono più San Donà, Bassano, Velletri… Grazie alle loro librerie, rappresentano la possibilità che si accenda un fuoco.
Ma adesso? Che cosa ne sarà della possibilità di quei fuochi? Lo chiedo a Viviana Peloso, occhi chiari come finestre appena lavate e sorriso che annulla difese e distanze. Siamo a Bisceglie, dove Viviana è l’anima inquieta e luminosa di una delle librerie che più mi sono mancate, in questo lungo anno e mezzo, le Vecchie Segherie Mastrototaro. Si chiama così perché è nata grazie al colpo di cuore dell’imprenditore Mauro Mastrototaro, proprietario dell’incredibile edificio che ospita la libreria, fra il castello normanno svevo e il porto, nel bastione di San Gennaro, e che prima di trasformarsi era una segheria dove si producevano imballaggi. Un posto uguale solo a se stesso che non poteva che venire affidato a Viviana, pure lei uguale solo a se stessa. Una che, mentre studiava Economia aziendale, lavorava in una libreria indipendente di Adria dove scopriva che quello che faceva la riguardava molto più di quello che studiava. Una che, quando quella libreria è stata costretta a chiudere, ha cominciato a lavorare come segretaria in uno studio
Il mio lavoro mi permette di comprendere in che direzione sta andando il mondo IN BASE A CHE COSA LEGGE LA GENTE
oculistico, ma oramai la mela era stata morsa.
«Prendevo le ferie e andavo al Salone del Libro di Torino. Rispondevo al telefono ai pazienti e intanto facevo la fila per ascoltare Pennac…». Finché, cinque anni fa, l’energia di Viviana ha incontrato la scommessa delle Vecchie Segherie.
«Adoro il mio lavoro perché mi permette di rimanere in relazione con quello che più mi appassiona, i libri e le persone, e di comprendere in che direzione stia andando il mondo in base a che cosa legge la gente e a che cosa racconta. La libreria è un presidio culturale prima di essere un’attività commerciale». Così Viviana comincia a organizzare incontri con gli autori che accendano fuochi anche perché a sedersi attorno a una storia siano i bambini. Finché non arriva, anche per le Vecchie Segherie, la primavera del Duemilaventi. «All’inizio naturalmente ho avuto paura che la libreria potesse venire travolta dallo tsunami che ci ha investito. Ma quando mi è arrivato il primo messaggio di un lettore che ci domandava che cosa gli consigliassimo di leggere, ora che aveva tutto quel tempo a disposizione, ho avuto la sensazione di avere un ruolo che, se ben interpretato, avrebbe creato dei legami ancora più intensi. Ho cominciato a trascorrere le giornate al computer per dare consigli, inoltrare ordini per far partire pacchi, confrontarmi con i colleghi, osservare che cosa accadeva sul web per cercare spunti. Sono stata davvero felice quando Franceschini ha dichiarato il libro bene di prima necessità e ha fatto riaprire le librerie tanto presto».
E se dal tunnel dell’angoscia non si può uscire, le Vecchie Segherie hanno provato ad arredarlo.
«A dicembre, in streaming, ho intervistato quattordici grandi scrittori, da Nicola Lagioia a Massimo Gramellini, chiedendo a ognuno di consigliare e raccontare cinque libri per suggerire ai lettori i loro acquisti natalizi. Da febbraio è nato Salute!, un ciclo di incontri con Ilaria Capua, Mario Tozzi, Daniele Mencarelli e tante altre figure che possono prenderci per mano e guidarci perché questa crisi diventi anche un’occasione. Poi, sempre da febbraio, c’è Case di carta, una rassegna per riflettere e dialogare sul tema della casa, assoluta protagonista delle nostre vite negli ultimi mesi. Vogliamo celebrare le case editrici che hanno accolto storie nuove, le hanno coltivate e nutrite e poi le hanno date alla luce, nonostante tutto, e le case degli autori, a volte scenario e a volte veri e propri personaggi di righe memorabili».
Dunque potremo continuare a sederci attorno a un fuoco solo rimanendo ognuno nella sua casa di carta? No. Perché, con la massima attenzione per tutti i protocolli di sicurezza, l’11 giugno la cinquina del premio Strega quest’anno ha scelto proprio le Vecchie Segherie come palcoscenico della sua prima uscita pubblica. E perché anche solo il titolo dei dialoghi dedicati alla cura dell’ambiente che si terranno in presenza il 30, 31 luglio e il primo agosto, promette fuoco: 42 gradi, idee che bruciano. «Quarantadue sono i gradi che da noi si possono raggiungere d’estate, 42 sono i gradini della scalinata che fiancheggia la libreria, 42 sono simbolicamente i gradi della febbre di una Terra che rischia di farsi inospitale per una specie come la nostra che la maltratta». Rispondere con tanto entusiasmo alla crisi è il più concreto dei sogni? Viviana non ha dubbi. «Leggere può guarire una vita, perché consente a ognuno di noi di trovare autorizzata la sua complessità e di pensare a un altro mondo dentro questo, come diceva Paul Éluard. Ma anche se prendiamo in mano i dati, alla fine del 2020, i nostri sono stati migliori di quelli dell’anno precedente. Abbiamo lavorato meno ore con il pubblico e abbiamo però avuto più tempo a disposizione per la progettazione e la cura della libreria. Senz’altro i fondi per le biblioteche hanno aiutato le nostre casse, ma soprattutto hanno consentito il confronto tra librai e bibliotecari, tra librai ed editori. Mi piacerebbe se questo scambio diventasse un’abitudine».
E a me piacerebbe se tutti ci facessimo ispirare da te, Viviana.
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