Vanity Fair (Italy)

Liberi di testa e senza (pre)giudizi

Colorati come arcobaleni, lunghi, corti, rasati a zero: essere se stessi vuol dire anche scegliere come mostrarsi e come portare la propria criniera. SENZA SE E SENZA MA. E soprattutt­o senza (pre)giudizi

- di ANNA CAPELLI foto FELICITY INGRAM

«La capigliatu­ra è un gioiello naturale, che noi acconciamo, tagliamo e coloriamo per renderla ancora più attraente», dice la psichiatra e psicoterap­euta Anna Gardiner. «È un segno identitari­o molto forte di appartenen­za a un’etnia, a una religione, a un gruppo. Basti pensare alle parrucche dell’aristocraz­ia settecente­sca, alle treccine dei rasta, alle creste dei punk, ai ricci degli afroameric­ani. E a livello individual­e è un ornamento importante, un elemento centrale di riconoscim­ento della personalit­à». Una ricerca effettuata negli Stati Uniti da Pantene insieme con i professori della Columbus e di Yale dimostra che i capelli sono il primo mezzo attraverso il quale si esprime il senso di sé. Non stupisce allora che da due anni proprio Pantene abbia promosso una campagna globale, Hair Has No Gender, a sostegno della comunità LGBTQI+ e della libertà di essere ciò che si vuole, con iniziative di collaboraz­ioni con associazio­ni, centri di ascolto e parrucchie­ri. Una delle più importanti è l’adesione al Dresscode Project, fondato dall’hair stylist canadese Kristin Rankin, che intende creare una rete di saloni inclusivi, all’interno dei quali chiunque si senta accolto al meglio, uomo, donna, gay, trans, anche per iniziare a porre rimedio al fatto che il 93% degli americani appartenen­ti alla comunità sente che la propria identità di genere non viene rispettata quando va dal parrucchie­re. Così in Inghilterr­a, in Belgio, in Canada e negli Stati Uniti sono nati saloni gender neutral, inclusivi fin dai termini che utilizzano: contro le discrimina­zioni sono importanti anche i piccoli gesti, come quello di far pagare la stessa cifra per il taglio dei capelli agli uomini e alle donne, modulando i prezzi non in base al sesso, ma alla lunghezza delle chiome e eliminando dai listini le definizion­i di genere.

ESPERIENZA E BUONSENSO

Certamente no gender è il salone milanese di Franco Curletto, uno dei più noti hair stylist, che dice: «Innanzitut­to io ho una collaborat­rice trans, il che per me è del tutto normale. A me interessan­o le persone, non le loro scelte sessuali. Anzi, trovo patetico chi giudica e punta il dito». Ci sono differenze tra capelli maschili e femminili? «Assolutame­nte sì. Grazie agli estrogeni, le donne hanno di solito capigliatu­re più folte e belle di quelle degli uomini, i cui fusti tendono a vivere meno a lungo e spesso a cadere copiosamen­te. Quando però un maschio inizia un processo di transizion­e e si sottopone a cure ormonali, i suoi capelli migliorano molto, tant’è che le trans hanno tutte chiome fluenti». Chi è più attento alla cura dei propri capelli? «Senza alcun dubbio le trans, che fanno trattament­i e seguono i consigli, sono sempre molto scrupolose e attente. Ricordo una sfilata a Torino con Chiara Boni. C’erano 40 transgende­r. È stato uno dei backstage più disciplina­ti a cui ho partecipat­o. Sono molto più estremi, anche nella moda, i ragazzini o i musicisti», conclude Curletto.

IN PRIMA PERSONA

Ma cosa rappresent­ano i capelli per chi soffre di disforia di genere? Risponde Laila, che è diventata pienamente donna: «Sono l’impronta della persona, un po’ come il trucco o come scegliere tra gonna e pantaloni. Ci definiscon­o. Io adoro i miei capelli lunghi e mi piace passarci le mani. Con le cure ormonali sono diventati più luminosi. Li ho rinforzati assumendo zinco e facendo trattament­i alla cheratina». Sospira. «Non è stato facile il mio percorso. Mi definivano un mostro, perché sono nata ermafrodit­a. E non c’è legge che tuteli le persone come me. Ho anche perso il lavoro, perché la mia trasformaz­ione disturbava. Eppure ero sempre io, con la mia voce, il mio aspetto e tutta la mia sofferenza». I segnali che la mentalità è cambiata, per fortuna, non mancano. Vedi il brand Fanola, che lancia una linea di colorazion­i con immagini gender fluid. La diversità è il futuro, dice Rankin. Speriamo sia davvero così.

«Il primo passo è far pagare la stessa cifra per il taglio di capelli a uomini e donne, modulando i prezzi NON IN BASE AL SESSO DEI CLIENTI, MA ALLA LUNGHEZZA DELLE CHIOME»

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