CATHY LA TORRE
Cathy La Torre diversa c’è nata. Cresciuta in provincia di Trapani, prima era «la figlia dell’americana» (sua mamma viene da Buffalo, NY), poi è diventata «o’ masculazzo», oppure «quella lì». Trasferitasi a Bologna per studiare legge, scopre di essere omosessuale «grazie a un ex fidanzato che un giorno mi ha detto: secondo me ti piacciono le donne». Comincia a frequentare un circolo di lesbiche, accarezza l’idea di intraprendere una transizione e di diventare Ludovico, poi invece decide che i trans preferisce difenderli, come attivista e come avvocata. Oggi, a 40 anni, per lei le due carriere sono fuse: dentro e fuori dai tribunali si batte per un mondo più inclusivo. Dove i lavoratori Lgbtq+ siano trattati con rispetto, dove gli studenti ricevano un’adeguata formazione contro i pregiudizi, dove gli odiatori in Rete vengano puniti: «Attualmente ho 12 vertenze contro persone che mi hanno chiamata “brutta lesbica di merda”. È come svuotare il mare con un secchiello. Ma io non mi fermo: nessuno deve arrendersi all’odio».