Vanity Fair (Italy)

Storie di creature che dovresti conoscere di Nadia Terranova

- di NADIA TERRANOVA

LÕultima volta che ho visto Paola non era già più solo Paola. Sul suo viso c’era la serenità che ha da quando ha accanto Alessandro ed è diventata mamma di Olivia, le due cose sono accadute insieme, perciò da qualche anno non so più dove le finisce l’amore per l’uno e comincia quello per l’altra. So solo che quella mia amica, che conosco da prima di nascere, non mi è mai sembrata più bella di ora che è una e trina. Questo, però, non gliel’ho detto per pudore e per non essere melensa, allora lo lascio cadere qua, nascosto ed esposto come le cose scritte, mentre se riguardo i nostri ultimi messaggi sono pieni di forza e di sarcasmo, leggo di lei che mi scrive che si è rubata un’ora di mare senza figlia, perché aveva bisogno di un tempo in cui non essere chiamata con il suo appellativ­o. Rincara, aggiungend­o che certe volte chiede a Olivia di chiamarla Paola e non mamma, perché passano così tanto tempo insieme che finisce per scordarsi qual è il suo nome, e ride, rido anch’io, non abbiamo bisogno di emoticon, ridiamo e basta, lo sappiamo che stiamo ridendo, lo si sa sempre nei messaggi di chi ha confidenza.

Una volta ho scritto un breve racconto su Paola, legato al nostro primo giorno di ginnasio. Capitammo nello stesso banco perché lei aveva i capelli ramati e le lentiggini e io, troppo magra e con una ridicola montatura di occhiali, la trovai bella e familiare come una vignetta dei Peanuts: non poteva che essere lei la ragazzina dai capelli rossi. Il giorno dopo la professore­ssa ci separò, ma ormai il danno era fatto: eravamo diventate amiche per sempre. Scoprimmo poco dopo di esserci già giurate eterna amicizia almeno un altro paio di volte: da bambine, una volta che avevamo giocato insieme nella strada sotto casa mia, e addirittur­a prima di nascere, perché i nostri genitori erano amici quando le nostre mamme erano incinte ed era capitato che chiacchier­assero con le pance vicine. La sua, di mamma, si chiamava Irene, era minuta e con una frangetta nera nera e liscia liscia, se guardo Olivia la rivedo precisa. Non sono brava nel trovare le somiglianz­e, confondo l’aria di famiglia con i lineamenti, ma questo lo so: Irene, prima di andarsene, si è assicurata di lasciare una traccia e Olivia l’ha raccolta.

Poiché Paola e io abbiamo attraversa­to insieme tutta la vita, i nostri primi giorni insieme sono innumerevo­li, ci siamo perse e ritrovate infinite volte. Una volta non ci sentivamo da mesi e per l’anniversar­io della morte di mio padre mi è arrivato un suo messaggio, pochissime parole, le uniche possibili in quel giorno ventoso di primavera sempre più dimenticat­o da tutti. Un altro ventuno marzo, stessa ricorrenza, per caso ho incontrato il suo, di padre: un uomo che mi ha sempre raccontato tutto del mio, con gli occhi lucidi al ricordo di quell’amicizia.

Una volta di Paola ho scritto che in tutti questi decenni, anche quando facevamo vite diversissi­me, ogni tanto rispuntava­mo l’una nella vita dell’altra captando il momento in cui l’altra ne aveva bisogno. È vero, ed è per questo che non ci siamo mai davvero allontanat­e. Non le ho detto, però, quanto siano più ricchi i periodi in cui siamo vicine, e quanto sono felice di viverne uno così adesso. A proposito, Paola, la prossima ora di solitudine al mare passiamola insieme: chiamami, io prometto che ti chiamo come vuoi.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy