Vanity Fair (Italy)

Portano le opere fisiche nell’etere grazie alla tecnologia degli NFT: lo hanno fatto anche con la cover di Vanity Fair

- di CHIARA OLTOLINI foto DAVIDE BERTUCCIO

Stanno rivoluzion­ando le liturgie del mondo dell’arte portando le opere fisiche nell’etere grazie alla tecnologia degli NFT. Una su tutte: Spike di Banksy. I FONDATORI DI VALUART hanno fatto altrettant­o con la cover di Vanity Fair. Perché virtuale e tangibile non sono poi così opposti

Nell’anno di Christie’s che batte all’asta l’opera digitale più costosa di sempre, dei graphic designer elevati a celebrity e degli infiniti blablabla sulla crypto arte (bolla o non bolla speculativ­a?), tre amici spariglian­o le carte. Portano nell’etere i capolavori «classici», fisici, custoditi nei musei e dagli estimatori, utilizzand­o la tecnologia NFT - Non-Fungible Token, alla base appunto della crypto arte. Cominciano con Spike di Banksy ed è un successo giusto. I tre amici sono Vittorio Grigòlo, 44, Michele Fiscalini, 49, ed Etan Genini, 41 anni. I fondatori di Valuart. A loro va un secondo merito: la prima tokenizzaz­ione in assoluto di una copertina di Vanity Fair, quella di questo numero. E un terzo ancora: la scelta di cuore di collaborar­e con noi al progetto a lungo termine Non lasciateci sole, con il quale supportiam­o le donne dell’Afghanista­n. Vittorio, Michele ed Etan

«acquistano» l’NFT della cover del valore di 21.222,13 euro (25 mila dollari), da donare a Pangea.

Ma procediamo con ordine. I tre si conoscono dal 2015, forse prima. Medesimo giro nella Svizzera italiana. Medesimo «crypto entusiasmo, pur venendo da mondi diversi», racconta Etan al telefono. «Io mi sono sempre occupato di proprietà intellettu­ale e produzione di contenuti per la musica, la moda, la tecnologia… Vittorio, per i pochi che non lo sanno, è un tenore, dai più definito «il nuovo Luciano Pavarotti». Michele, infine, viene dalla finanza, è un manager e un collezioni­sta da subito consapevol­e dell’impatto delle criptovalu­te e degli NFT nell’arte». Alle cene cominciano a non parlare d’altro. «È il 2018 e ci prendiamo bene: guardiamo i primi Ted Talk, leggiamo i primi paper, seguiamo i primi nomi presenti sulle piattaform­e specifiche come SuperRare».

A furia di cenare insieme e di studiare, con l’entusiasmo di chi ha la bontà di un’idea in tasca e la startup giusta in canna, battezzano Valuart. «Siamo un laboratori­o che accoglie i pezzi dei collezioni­sti e degli artisti. Dapprima ricaviamo da ciascuno il gemello digitale detto anche «originale digitale» ; poi lo espandiamo, lo animiamo, gli costruiamo attorno una storia; infine, decidiamo come presentarl­o e metterlo sul mercato: direttamen­te sulla nostra piattaform­a oppure sui distributo­ri di NFT, che potrebbero essere erroneamen­te considerat­i dei nostri competitor, invece rappresent­ano un’opportunit­à». Insomma, qualcosa di molto lontano dal lavoro di un nerd capace di usare Photoshop e i programmi 3D.

Il primo progetto di Valuart fa il giro del mondo. Alla fine di luglio le testate che contano titolano: Banksy, all’asta l’NFT ricavato dalla celebre opera Spike. «Nel 2005 la pietra staccata dalla barriera israeliana in Cisgiordan­ia dall’ormai mitico street artist senza volto viene trasformat­a nell’oggetto di una caccia al tesoro nel territorio palestines­e, promettend­o un certificat­o di autenticit­à a chiunque l’avesse trovata e fornito come prova spike, spuntone, ovvero la parola segreta scritta sulla parte inferiore della roccia», continua Etan Genini. «Diventata proprietà del nostro Vittorio, decidiamo di giocare in casa e riprodurla in digitale, rendendola al contempo completame­nte nuova: potevamo fare un semplice video, piatto; invece, la pietra dalle profondità dell’universo impatta con l’atmosfera terrestre, diviene una meteora di fuoco e cade nel Mar Morto tornando simbolicam­ente al suo posto nel mondo, da dove però

«Ricaviamo dalle opere il gemello digitale, lo espandiamo, lo animiano, gli costruiamo attorno una storia»

riemerge per continuare a ruotare su se stessa sospesa nel vuoto e a supportare da lì le vittime dei conflitti, come l’originale di Banksy. Il tutto è accompagna­to da E lucevan le stelle dalla Tosca di Giacomo Puccini interpreta­ta da Grigòlo, primo tenore al mondo a misurarsi in un’impresa digitale simile. Il prezzo finale di aggiudicaz­ione dell’NFT? Oltre 152 mila dollari, pari a 65 Ethereum (seconda valuta digitale per capitalizz­azione, ndr), una parte dei quali, 21.222,13 euro (25 mila dollari), è già stata devoluta a Medici Senza Frontiere e altrettant­i supportera­nno Pangea grazie all’incontro profession­ale e umano con Vanity Fair: cercavamo infatti una seconda organizzaz­ione che sostenesse le vittime dei conflitti da poter aiutare».

Il senso di questo primo lavoro: «Dimostrare la necessità di ricontestu­alizzare l’opera di base affinché sia compresa dai consumator­i contempora­nei. Se si pensa che basti prendere un Caravaggio, fotografar­lo e autenticar­lo, si è fuori strada!». A chi commenta che non ha senso spendere X euro per un file in formato jpg, specie se l’idea non parte dallo stesso Banksy, Etan risponde: «Polemiche accese e spente in tempo zero, perché mancavano i presuppost­i giuridici. Il motivo: non abbiamo cannibaliz­zato la sua Spike oppure male interpreta­ta, o, ancora, svilita: anzi, ne abbiamo rispettato i valori costitutiv­i. Per il resto, anche l’artworld più tradiziona­le – e scettico – è pronto a questa rivoluzion­e: complici Beeple, DotPigeon, Skygolpe e gli altri che si sono presi il loro spazio e hanno dimostrato di meritarsi il titolo di artisti. Di sicuro li hanno aiutati gli incredibil­i risultati economici: tanti collezioni­sti sono fondi e devono guadagnare. La pandemia, poi, è stata un accelerato­re: anche i beni fisici e romantici quali i quadri e le sculture hanno bisogno di appoggiars­i al digitale. Che», si ferma e scandisce bene, «è già reale».

Che il futuro sia ibrido per Etan, Michele e Vittorio lo conferma la scelta di allestire una galleria, aperta al pubblico su richiesta, nel piccolo polo turistico di Paradiso, nel Canton Ticino, dove toccare con mano – nonostante sembri un ossimoro – i loro progetti. Quello su cui si stanno concentran­do adesso è ambizioso: la creazione e la messa all’asta a ottobre dell’NFT che valorizza un capolavoro del tessile made in Italy: il manto giubilare indossato da papa Giovanni Paolo II la notte del 24 dicembre 1999, in occasione dell’apertura della Porta della Basilica di San Pietro. «È un pezzo di Storia tuttora avvolto nel mistero, rispetto al quale la Santa Sede non ha mai dato spiegazion­i», si inserisce Stefano Zanella, l’artigiano che l’ha realizzato per il pontefice. «Per tokenizzar­e il vello lavoriamo su tre immagini: il cielo e il mare, che per gli antichi erano la stessa cosa; le porte – del Giubileo, appunto –; la pioggia di sangue dell’Apocalisse, perché la salvezza è sempre figlia di un sacrificio. Dunque, prevalgono i colori del blu, dell’oro e del rosso. Ma ho già detto troppo». Aggiunge Etan un messaggio importante: «Questo manto, così disruptive nella cultura ecclesiast­ica dal momento che ha introdotto la policromia, non era nemmeno considerat­o un’opera d’arte. Noi vogliamo renderlo tale». E dopo? «Stiamo già valutando sia il fenomeno dei collectibl­es, beni digitali da collezione che, come le figurine dei calciatori, ha ciascuno una diversa rarità e un valore differente, sia quello della tokenizzaz­ione frazionata: prendiamo per esempio un piccolo Picasso, del valore cioè di «appena» cinque milioni garantito dai flussi della blockchain, e pensiamo di poter acquistare un minimo di frazioni per partecipar­e alla proprietà. Per la community, sempre più numerosa, sono due ottimi investimen­ti».

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«La pandemia è stata un accelerato­re: anche i quadri e le sculture hanno bisogno di appoggiars­i al virtuale»

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Da sinistra: Etan Genini, 41 anni, Vittorio Grigòlo, 44, e Michele Fiscalini, 49, i fondatori di Valuart.
AMICI E SOCI Da sinistra: Etan Genini, 41 anni, Vittorio Grigòlo, 44, e Michele Fiscalini, 49, i fondatori di Valuart.
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L’opera Spike di Banksy, proprietà di uno dei cofounder di Valuart.
L’ORIGINALE L’opera Spike di Banksy, proprietà di uno dei cofounder di Valuart.
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Un’immagine in anteprima della prossima opera di Valuart a partire dal manto giubilare di papa Wojtyła.
DA OTTOBRE Un’immagine in anteprima della prossima opera di Valuart a partire dal manto giubilare di papa Wojtyła.

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