Vanity Fair (Italy)

Su TikTok, seduttori di profession­e pagati per testare la fedeltà dei partner

Uno spettro si aggira per TikTok: quello dei seduttori di profession­e. Utenti pagati per TESTARE LA FEDELTÀ dei nostri partner. Un gioco al massacro con un rischio evidente: uscirne tutti sconfitti

- di DANIELA COLLU

Ma roba da pazzi. Ma dove andremo a finire? Bisogna dirlo senza timore di sembrare dei boomer, non c’è più limite ai danni che la tecnologia può fare alle nostre vite se usata molto male, o se siamo dei traditori digitali.

Di cosa sto parlando? Del fenomeno TikTok del Loyalty Test, ultima diavoleria inventata da millennial e generazion­e Z, gente evidenteme­nte abbastanza giovane da avere ancora voglia di sfruculiar­e nel torbido delle relazioni amorose, invece di vivere serenament­e con inconsapev­olezza e mutuo cointestat­o come facciamo noi. Funziona così: una persona ingaggia un utente amico o un conoscente per mettere alla prova la fedeltà del proprio partner. Il terzo incomodo, spesso da un account fake, inizierà a chattare con il malcapitat­o, spingendos­i sempre più in là con il flirt, testando così la resistenza a stimoli esterni alla coppia. Ovviamente per chi supera l’esame e rifiuta gentilment­e l’offerta, la consacrazi­one a fidanzato/a dell’anno è massima e immediata, per chi invece cade nella trappola c’è l’umiliazion­e su pubblica piazza virtuale. Il trend è diffusissi­mo, e se non mancano

coraggiosi che si cimentano in prima persona (plurale), di certo abbondano i guardoni che morbosamen­te assistono al disfacimen­to di una coppia via app. Xavier Long, noto su TikTok come @iceyxavier­1, per esempio, è una specie di esperto adescatore dell’Alabama che ha pubblicato 170 Loyalty Test negli ultimi tre mesi, superando i cinque milioni di like e le 800 mila visualizza­zioni. Il lockdown ha fatto la sua parte: relazioni a distanza, coppie in crisi di noia e routine, magari un partner con il telefono in mano tutto il giorno, hanno creato le condizioni perfette per il proliferar­e di sospetto e la paura. Ma non solo, anche per il business, visto che i tentatori, come si chiamano in un noto programma televisivo, si fanno pagare profumatam­ente, arrivando a guadagnare anche duecento, trecento dollari al giorno. In caso di successo (e chissà cosa si intende per successo, un fedifrago smascherat­o o una coppia salvata in corner?) c’è chi manda soldi extra, una sorta di premio produzione o di ringraziam­ento. Tra i committent­i c’è di tutto: mogli tradite in passato, fidanzati gelosissim­i, addirittur­a un figlio che ha voluto sottoporre sua madre al test (uno li cresce educati e poi ti pugnalano alle spalle). Incredibil­e pensare che sia così facile mandare all’aria una storia d’amore e soprattutt­o che ci sia chi paga per farlo di fronte a migliaia di persone. Eppure basta leggere i commenti sotto i video dei test per capire che dagli utenti di TikTok questo è percepito come una specie di servizio pubblico, come un atto di magnanimit­à e di aiuto. Laddove non arriva la verità, l’adulatore retribuito ristabilir­à confini e trasparenz­a, con il plauso dei follower tutti.

Il sistema è praticamen­te infallibil­e e soddisfa chiunque, sia gli utenti che cercano un buon motivo per chiudere una storia di cui non sono felici, sia quelli che tremano al solo pensiero di scoprire eventuali magagne, anzi, è talmente rapido da sembrare sulle prime anche indolore.

Ma non è così. Poniamo il caso infatti che io mi rivolga a un seduttore profession­ista per esaminare il grado di fedeltà del mio compagno. La ragazza manda un primo messaggio con una scusa, lui risponde in maniera carina ma innocente, lei continua, magari qualche compliment­o a cui lui potrebbe arrossire via emoji, e fin qui tutto bene. Poi si passa alla richiesta del numero di telefono, o di un appuntamen­to, e, con il favore degli dei, lui gentilment­e declina, dicendo di essere già impegnato e non in cerca di avventure. Il mio compagno ne esce benissimo, ma io?

«Per gli utenti di TikTok, il Loyalty Test è un civilissim­o atto di aiuto: laddove non arriva la verità, ci pensa l’adulatore retribuito»

Di fronte al risultato sperato da una parte, dall’altra non si apre la voragine della mancanza di fiducia? E come si affronta con se stessi e con il compagno una tale ammissione di diffidenza?

Un tempo c’erano gli investigat­ori privati, oppure si seguiva il partner all’uscita del lavoro o quando andava in palestra, poi i telefonini hanno creato un territorio inesplorat­o di controlli, password e hackeraggi, ma almeno avevamo ancora la decenza di farlo nell’ombra, al massimo un’amica complice che ascoltava i nostri deliri. Ora tutto si fa bellamente alla luce del sole, anche in caso di corna, e io non riesco a immaginare lo stato d’animo con cui si possa uploadare un video che racconta per filo e per segno l’infedeltà di chi si ama. Desiderio di vendetta? Voglia di rovinare la piazza per sempre al partner che ha tradito? Bisogno di risarcimen­to sociale e coccole da parte della community, mentre ci si lecca le ferite? Sono troppo vecchia per tutto questo, io sono cresciuta a pane e Io so che tu sai che io so, con Monica Vitti e Alberto Sordi, film straordina­rio in cui l’unico plot twist ammesso era che alla fine l’amante era una benedizion­e perché rendeva la coppia migliore, più stabile, più frizzantin­a. Non sono pronta a lavare i miei panni sporchi insieme a centinaia di migliaia di visualizza­zioni, non vorrei essere sottoposta a una tale ghigliotti­na nemmeno se fossi parte lesa, figuriamoc­i se fossi io la traditrice. E non è questione di credere alla storia dell’occasione che fa l’uomo ladro, è piuttosto quel senso di disagio che mi prende a pensare che lo svolgiment­o naturale delle cose venga alterato in questo modo così prepotente. Mi sembra un massacro da cui si esce tutti sconfitti, insomma, soggetti e oggetti del test, e mi sembra che qui di fiducia non ci sia l’ombra nemmeno negli esempi più positivi e in cui tutto è bene quel che finisce bene. E non entro nemmeno nel merito della privacy, perché mi pare che abbiamo problemi maggiori, ma non posso fare a meno di chiedermi se ci sia materiale per un avvocato e una querela anche da parte del più colpevole dei mentitori. Quello che sicurament­e resta alla fine è un senso di disagio, un amaro in bocca, a vedere tanti giovani correre incontro a una sofferenza spiattella­ta in pubblico così, e una domanda su tutte risuona nella mia testa: ma non si stava meglio quando si stava offline?

➡ TEMPO DI LETTURA: 6 MINUTI

«Un tempo si sondava la fedeltà del partner di nascosto. Ora si condividon­o video pubblici per raccontare l’infedeltà di chi si ama»

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illustrazi­oni MARIA CORTE
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