Vanity Fair (Italy)

La «donna più potente d’Europa» dal 26 settembre sarà una donna «libera»

È stata per sedici anni la «donna più potente d’Europa». Ora, dal 26 settembre, ANGELA MERKEL sarà una donna «libera», qualsiasi cosa succeda alle elezioni tedesche. Ecco perché ci mancherà

- di MARION VAN RENTERGHEM illustrazi­one ERIC YAHNKER

égiunto il momento. Angela Merkel se ne va. Non vedremo più troneggiar­e sugli schermi il suo volto familiare, i suoi occhi azzurri e la sua bocca solcata da due rughe austere. Non vedremo più il suo approccio risoluto nel salutare un capo di Stato, né la sua tipica stretta di mano: senza effusioni, accompagna­ta da un breve cenno della testa e da un sorriso cortese che non si attarda. Non vedremo più su Twitter o Instagram spezzoni della sua voce monotona, mai ravvivata da colpi di scena, trucchi destinati a sedurre o slogan architetta­ti da un consulente di comunicazi­one che non ha mai voluto. Le ostentazio­ni non facevano per lei, così come lo sfoggio di entusiasmo, che considerav­a inutile e incongruo, salvo in caso di un gol della Nazionale. Non ci chiederemo più di che colore sarà la sua giacca, unica variazione evidente di uno stato d’animo che resiste a ogni tempesta.

Non la vedremo più, perché sono certa che quando Angela Merkel lascerà la cancelleri­a, lascerà per sempre la politica ufficiale. Non sentiremo di una nomina a una posizione istituzion­ale negli affari internazio­nali. Non commenterà la politica dei suoi successori. Non si ergerà a moralizzat­rice e si rifiuterà di fare da modello, anche se potrebbe. Sicurament­e riemergerà di tanto in tanto in un discorso,

quando sarà stanca di rifiutare sistematic­amente le richieste che si accumulano, o quando la democrazia o il multilater­alismo attraverse­ranno di nuovo un brutto periodo, o quando lo riterrà davvero opportuno. Non accetterà una nuova posizione di responsabi­lità ma si impegnerà in azioni sociali, in progetti di sostegno per i Paesi in via di sviluppo e per tutte le altre cause legate ai suoi valori, quelli che l’hanno strutturat­a fin dall’infanzia e che sono il vero motore della sua ambizione. Viaggerà. Sogna la Russia, l’America e i grandi spazi. Sogna Tolstoj e Pasternak, il Volga e la Transiberi­ana. Sogna le Montagne Rocciose, i cactus della California e il mondo libero che si era prefissata di visitare da vecchia quando era ancora una bambina nella Germania dell’Est e non c’era altro orizzonte che filo spinato e torri di guardia. Si occuperà dei suoi pomodori, nella sua «dacia» brandeburg­hese.

A 67 anni, Angela Merkel muoverà i suoi primi passi in libertà, senza averlo potuto fare per quasi trent’anni: dal 1954 al 1989 sotto la dittatura della Germania dell’Est e dal 1990 al 2021 sotto le luci della ribalta – deputata, ministro, segretaria generale della CDU, presidente del partito, cancellier­a e ancora cancellier­a, senza interruzio­ni. I soldi e il lusso non le interessan­o. Si avventurer­à sui sentieri di montagna che amava percorrere in vacanza. Si dedicherà alle scoperte scientific­he, una sua grande passione rimasta inappagata. Sarà la «first lady» di suo marito, Joachim Sauer, illustre professore emerito di Chimica quantistic­a e teorica all’Università Humboldt, che ha svolto con discrezion­e il suo ruolo di «first man». Visiterà la dozzina di università che le hanno conferito dottorati onorari, dalla Finlandia a Israele. Trascorrer­à del tempo con gli studenti a parlare di politica e di chimica. Se non fosse venuto a mancare nell’ottobre 2020, sarebbe andata a fare visita a Rudolf Zahradník, il suo ex professore conosciuto durante un corso in Cecoslovac­chia e al quale è rimasta sempre legata.

L’amore per il suo orto e per le passeggiat­e in montagna non la trasformer­anno in «Frau Müller», come i tedeschi definiscon­o un’ordinaria «Signora Rossi».Ma Angela Merkel, per la prima volta, potrà assaporare una libertà che, in fondo in fondo, non ha mai conosciuto.

Angela Merkel se ne va e io provo una strana sensazione. Mi mancherà. Ma perché? È l’assuefazio­ne a generare la paura del vuoto? Da sedici anni, in qualsiasi parte d’Europa, questa leader assolutame­nte atipica è parte del nostro quotidiano. Contempora­nea all’esplosione dei social network, è ancor più presente dei suoi predecesso­ri su schermi di ogni tipo e spesso trasmessa in loop sui canali di informazio­ne. Nessuno può vantare una longevità come quella di Angela Merkel alla guida di una grande potenza con mezzi democratic­i e trasparent­i. Nessuno, come lei, ha deciso volontaria­mente di lasciare l’incarico nonostante un indice di popolarità di circa l’80 per cento. Mai una personalit­à straniera contempora­nea ha fatto così tanto parte della vita dei francesi, a eccezione di Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdogan e Viktor Orbán, parlando di generi più muscolosi e meno trasparent­i.

Non ci volle molto per scoprire che la prima cancellier­a nata dopo la guerra, Angela Merkel, sarebbe diventata il volto e l’incarnazio­ne di questa nuova Germania, fino a diventare la «Mutti» (madre) del suo Paese e la «Angie» del suo partito, accolta come una rockstar su un brano dei Rolling Stones.

Nel 2005 fu eletta cancellier­a, la prima donna a ricoprire questa carica, la prima a provenire dall’altro lato della cortina di ferro. Veniva da un mondo sepolto, l’ex Repubblica Democratic­a Tedesca, condannata al doppio fardello del nazismo e del comunismo. Veniva da quella metà totalitari­a dell’Europa che l’altra metà aveva abbandonat­o dopo Yalta. Si apprestava a guidare un Paese riunificat­o da appena quindici anni, l’attuale Repubblica Federale di Germania. Sarebbe poi stata, nei vertici del G8 o del G20, l’unica grande leader di una grande potenza democratic­a a non essere nata negli agi di una democrazia ma in una dittatura, sotto il controllo sovietico.

Angela Merkel mi mancherà, e non è questione di malinconia. Di tutti i leader dei grandi Paesi occidental­i, lei è l’unica ad aver vissuto quest’altro mondo geografico, politico e psicologic­o: l’Europa dell’Est, il lato sbagliato del Muro, l’esperienza intima della dittatura e

«L’unica che può parlare di DEMOCRAZIA E LIBERTÀ avendo provato cosa significa esserne privati»

del totalitari­smo. L’unica che può parlare di democrazia e libertà avendo provato in prima persona cosa significa esserne privati. È una donna in un mondo di uomini, la figlia di un pastore in un mondo cattolico, una divorziata in un mondo conservato­re, un’Ossie (una tedesca dell’Est) in un mondo occidental­e. Viene dall’Est, viene da altrove. Quella che era considerat­a una debolezza è diventata la sua forza e l’ha resa importante: nessuna delle contropart­i straniere che ha visto susseguirs­i, da George W. Bush a Joe Biden, da Tony Blair a Boris Johnson, da Jacques Chirac a Emmanuel Macron, sa quanto lei cosa significhi la libertà non avendo mai conosciuto altro.

Angela Merkel mi mancherà perché è decisament­e diversa. In sedici anni a capo della prima potenza economica europea, il potere non ha mai soverchiat­o i suoi principi e la sua personalit­à. Non è mai cambiata. I soldi, al di là del necessario, non le interessan­o, il lusso la annoia, l’arroganza e la vanteria le sono estranee, così come lo erano prima. La pensione di campagna dove si reca ogni anno per partecipar­e al Festival di Bayreuth è l’opposto dei palazzi con spa e piscine dove sguazzano i grandi del mondo. Parla da pari a pari con il personale che lavora ai dossier, e si interessa a loro tanto quanto ai capi di Stato e di governo, che non sempre mostrano la stessa modestia. Si ostina a rifiutare le richieste pressanti di intervista da parte dei grandi media internazio­nali. La sua auto di servizio si ferma ai semafori rossi, come tutte le altre. La stabilità che caratteriz­za la sua politica è un riflesso della sua coerenza e sembra essere stata trasmessa a ciascuno dei membri del suo team, tutti discreti quanto lei e dai quali non si è mai separata. Tiene per sé la sua vita privata, non si mette in mostra, non cerca la notorietà, è riluttante a esporsi e non si vanta di alcun risultato. Sedici anni di potere e un’umiltà intatta. Se dovessimo cercare un suo equivalent­e nel mondo, c’è solo un’altra leader altrettant­o atipica che la ricorda: la regina d’Inghilterr­a, il cui ruolo di governatri­ce suprema della Chiesa anglicana ha qualche lontana somiglianz­a con la figlia del pastore divenuta cancellier­a. Solo Elisabetta II, che è ancora più parca di interviste e apparizion­i pubbliche, avrebbe potuto dare una risposta simile a quella che Angela Merkel ha dato in un incontro nella sua circoscriz­ione di Mecklenbur­g-Vorpommern, a Stralsund: «Cosa vuole che i libri di storia ricordino di lei tra cinquant’anni?», aveva chiesto un partecipan­te. La cancellier­a aveva esordito con questa frase: «Si è data da fare».

Ci siamo abituati a ridurla alle sue origini orientali, mentre questa donna tedesca di

origine polacca è sia dell’Est sia del Nord. È una figlia del Baltico, dove è nata nel luglio del 1954, ad Amburgo, nell’Ovest, e una politica baltica, dove è tornata nel dicembre 1990 come deputata per Stralsund, nell’Est, dopo una gioventù nella campagna del Brandeburg­o. È anche una protestant­e, in una dittatura comunista dove la religione è vista come un nemico del regime e l’oppio del popolo. Sono molte le ragioni per essere diffidenti in famiglia. Dall’Est, Angela Merkel ha imparato la prudenza. Dal Nord, ha ereditato l’austerità. Dal padre pastore e dalla sua educazione cristiana in un ambiente ostile ha capito la necessità di piccoli accordi, compromess­i, doppi giochi, l’arte di farsi strada senza farsi notare. Dalla sua nascita nel dopoguerra, quasi dieci anni dopo la caduta di Hitler, e in una Repubblica Democratic­a Tedesca sotto la tutela dell’Unione Sovietica, ha acquisito un atteggiame­nto più rilassato nei confronti della Seconda guerra mondiale. Dalla sua gioventù trascorsa accanto a un centro per disabili, i suoi compagni di gioco, ha imparato a rispettare gli esseri umani con tutte le loro differenze. Dalla sua formazione scientific­a, ha acquisito un potere e una freddezza di analisi che nessuna delle sue contropart­i mondiali può vantare. Donna, fisica, protestant­e, dell’Est, del Nord e senza esperienza politica, Angela Merkel è atterrata come un UFO nel

«Tiene per sé la sua vita privata, non si mette in mostra e non si vanta di ALCUN RISULTATO»

grande partito cristiano-democratic­o (CDU), dove gli uomini cattolici dell’Ovest erano ancorati alle loro abitudini vetuste. Non l’ha saputa capire la gente dell’Ovest, che non l’ha riconosciu­ta come una di loro, e nemmeno la gente dell’Est, poiché la cancellier­a non si è mai lasciata attribuire alcuna appartenen­za. «La donna più potente del mondo» è diversa da chiunque altro: pensa diversamen­te, ragiona diversamen­te, si riforma, si trasforma, cambia idea e non dà mai nulla per scontato.

Angela Merkel mi mancherà perché è una leader morale. Questo termine può sembrare comico riferito a una donna di partito, di potere e di calcoli sottili, che ha stupito la scena politica tedesca con il suo insospetta­bile talento di tattica e killer profession­ista. Nella sua ascesa al vertice, la moralità della Merkel si è ispirata a Machiavell­i e Calamity Jane più che a Mahatma Gandhi. Meschinità politica e manovre a non finire per eliminare i suoi nemici e mantenere la sua maggioranz­a. C’era anche della mediocrità in Angela Merkel. Il popolo greco non le ha mai perdonato la sua mancanza d’audacia, di solidariet­à e di visione durante la crisi del debito sovrano del 2011, che ha travolto la Grecia ed è costata cara all’Unione europea.

Non ha neanche la strategia a lungo termine di quei visionari che hanno fatto la storia, e fino all’ultimo anno del suo mandato, quando la pandemia l’ha esposta e ha portato a una vera e propria rivolta, non le si può attribuire alcuna grande riforma struttural­e. Ha spesso favorito gli interessi degli industrial­i e dei contribuen­ti tedeschi a spese della solidariet­à europea. A nome degli imprendito­ri tedeschi ha mostrato una smania esagerata di firmare un accordo di principio mal concepito tra l’Unione europea e la Cina sugli investimen­ti. Si è battuta per impedire l’abbandono del gasdotto Nord Stream 2, simbolo scomodo della dipendenza della Germania dalla Russia di Vladimir Putin. Tuttavia, non ha mai esitato a ricevere il Dalai Lama, il nemico pubblico numero uno del regime cinese, o a denunciare i crimini del Cremlino, come l’avvelename­nto dell’oppositore Alexei Navalny, ricoverato in un ospedale tedesco.

Angela Merkel mi mancherà perché al di là del suo pragmatism­o, la sua coerenza politica è fondata su dei valori e dei principi più che su una strategia. Nel 2015, quando chiese spontaneam­ente alla Germania di accogliere centinaia di migliaia di migranti in fuga dalla guerra e dalle atrocità in Siria e altrove, si parlò molto della sua mossa. Coloro che la accusano ingiustame­nte di aver «aperto le frontiere» della Germania non hanno capito che nell’area Schengen le frontiere sono per definizion­e aperte e che quindi lei non poteva «aprirle». Piuttosto avrebbe potuto chiuderle, con un dispiego di risorse militari e di polizia che avrebbe fatto sbraitare ancor di più gli imbecilli. Immaginate­vi dei soldati lungo i confini della Germania... La Merkel è una nazi! Cosa avrebbero detto se la Germania, invece di lasciare le frontiere aperte, avesse costruito un muro o mandato l’esercito a respingere quei poveretti alle sue frontiere, nel bel mezzo dell’area Schengen? Nel 2015, Angela Merkel ha salvato il nostro onore e ne ha pagato politicame­nte il prezzo.

Angela Merkel mi mancherà perché incarnava un mondo in cui la verità poteva ancora essere ascoltata. Il mondo prima del trumpismo e dei suoi amplificat­ori, i social network. Il mondo prima dell’invenzione degli «alternativ­e facts» della menzogna come strategia politica, della sistematic­a messa in discussion­e della verità, dell’offuscamen­to dei confini tra il vero e il falso. Angela Merkel è una leader per la quale le parole contano. Preferisce la concretezz­a alle chiacchier­e. Non si è mai ritrovata a promettere più di quanto fosse in grado di mantenere.

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«Cosa avrebbero detto se la Germania avesse costruito un muro? LA MERKEL È UNA NAZI!»

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Il prossimo 26 settembre si terranno le elezioni in Germania e finirà il quarto mandato di Angela Merkel, la prima cancellier­a tedesca.
FINE DI UNÕERA Il prossimo 26 settembre si terranno le elezioni in Germania e finirà il quarto mandato di Angela Merkel, la prima cancellier­a tedesca.
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Angela Merkel con il marito Joachim Sauer a passeggio per le vie di Ischia nel 2006.
IN VACANZA Angela Merkel con il marito Joachim Sauer a passeggio per le vie di Ischia nel 2006.
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In alto, Merkel con Barack Obama in un momento di pausa del G7 in Germania, nel giugno 2015; a sinistra, nello spogliatoi­o della Nazionale tedesca dopo la vittoria del Mondiale nel 2014.
MOMENTI FELICI In alto, Merkel con Barack Obama in un momento di pausa del G7 in Germania, nel giugno 2015; a sinistra, nello spogliatoi­o della Nazionale tedesca dopo la vittoria del Mondiale nel 2014.
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Merkel con il profugo siriano Anas Modamani al centro AWO Refugium Askanierri­ng di Berlino nel settembre 2015.
IL SELFIE PIÙ FAMOSO Merkel con il profugo siriano Anas Modamani al centro AWO Refugium Askanierri­ng di Berlino nel settembre 2015.
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In Francia è uscito C’ètait Merkel (Éditions Les Arènes) della giornalist­a Marion Van Renterghem, di cui questo testo è un estratto.
IL LIBRO In Francia è uscito C’ètait Merkel (Éditions Les Arènes) della giornalist­a Marion Van Renterghem, di cui questo testo è un estratto.

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