È uscito da poco Blu celeste, il terzo album di debutto più ascoltato nel mondo su Spotify
Nelle canzoni racconta tutto di sé, compreso «l’intreccio tra vita e morte». Perché l’artista punta a una cosa sola: l’autenticità. E il MONDO apprezza
Il soffitto è basso, schiacciato sul letto a castello della cameretta dov’è cresciuto, a Calvagese della Riviera, e dove ha scritto la prima canzone neanche tre anni fa, per far colpo su una ragazzina. Si mette sdraiato e da lì parla, sintetico e abbastanza a strappi, pieno di puntini sospensivi e segreti che usa come selvaggina dell’anima a cui va a sparare nelle personali battute di caccia, e che saltano dai suoi occhi come conigli terrorizzati. Dice che è un pomeriggio in cui «se la sta sciallando», dopo giorni di promozione per parlare del suo disco di debutto Blu celeste, che ha colpito la critica e sta piacendo a tutti. Vicino al cuscino c’è una sua foto da bambino mentre ride nel sole, una risata spalancata che negli anni deve essersi un po’ perduta, perché ora ciò che resta di Blanco (il suo vero nome è Riccardo Fabbriconi) sono dodici canzoni fatte di una disperazione abbastanza invidiabile, buttata fuori con urla e strascichi, ringhi e sospiri, e versi che sembrano metafore e invece non lo sono. Dice che in molta musica italiana c’è poca autenticità, poca trasparenza, le storie raccontante dai cantanti sono spesso inventate, i toni sono esaltati: «Io invece dico solo quello che ho vissuto. Io ho diciotto anni e sono una creatura naturale», fa Blanco, stropicciandosi la faccia, non aggiungendo una parola, obbligando a una domanda.
Quante volte ha rischiato di morire?
«Secondo me una volta sola, e basta».
Un incidente.
«No…».
Quindi quei versi in Mezz’ora di sole non sono una metafora: «Sono in quel parco / nel 2018 / sporco di fango / mi volevo ammazzare».
«Non vorrei entrare nei particolari, però sì. Perché vede, se cerchi di vivere la vita in modo naturale, come faccio io, poi i bassi sono bassi per davvero, e te e il dolore diventate d’un tratto una cosa sola, e non lo colmi certo