Vanity Fair (Italy)

Francesco Cavallo

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IL GIOVIN SIGNORE

Ne La scuola cattolica, presentato a Venezia, è uno dei tre assassini del Circeo. In Mio fratello, mia sorella, prossimame­nte su Netflix, un ragazzo schizofren­ico. Nato a Caserta 24 anni fa, Francesco Cavallo ha un piglio composto e quasi ruvido. Pensa prima di parlare. Pensa dopo aver parlato.

In che senso è un giovane uomo d’oggi e in che senso non lo è? «Mi piacciono le novità e apprezzo i social perché ci tengono all’erta su quanto accade nel mondo. Allo stesso tempo, se domina l’apparenza, mi faccio da parte».

I suoi comandamen­ti ottocentes­chi. «Essere gentile, premuroso, autentico».

La galanteria. «Se intesa come un paradigma è anacronist­ica. Ci sono i giorni in cui sei scazzato, e ci sta. Cerchiamo di essere liberi. In questo, la società ci sta dando ali per volare».

La sessualità è un fatto intimo o un fatto politico? «La sessualità appartiene a una sfera che necessita di protezione. Se la si espone, deve essere per scendere in campo davvero».

Se fosse un attivista, per quali diritti si batterebbe? «Per il diritto di adottare riconosciu­to ai single». Quando le sembra d’avere tutto, cosa le manca? «La capacità di vivere con poche cose. In sostanza, la stabilità».

Camicia in misto seta, pantaloni di lana e fibra metallizza­ta, francesine di velluto, maglia a collo alto, pantaloni con le pinces e slip on, Emporio Armani.

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