Gioventù spezzata
Forse non tutti ne sono pienamente consapevoli, ma la pandemia ha provocato e continua a provocare gravi danni a numerosi adolescenti, ora in grande sofferenza psichica. Ho ascoltato le peripezie dei ragazzi che sono venuti a raccontarmele, cercando di capire che cosa si fosse rotto nel loro funzionamento mentale, e mi è sembrato che la loro crescita si sia interrotta e che il loro disorientamento stia producendo una dolorosa confusione e un oscuro malessere.
Mi sono fatto raccontare, ho prestato attenzione a genitori molto preoccupati, ho cercato di ricostruire il senso di tanto disagio insieme ai colleghi del Consultorio Gratuito del Minotauro, che dirigo da molti anni. Non mi sembra che definire «malattia» la manifestazione della loro sofferenza aiuti a capire e insegni a intervenire. Sono ragazzi traumatizzati dall’indifferenza con cui sono stati loro sottratti strumenti che servivano alla loro crescita. Sprangare una palestra, blindare una piscina, sospendere le partite di calcio agli occhi degli adulti può sembrare una decisione marginale, ma non lo è per un ragazzo che da tempo, per esempio, ha stabilito con la cultura della palestra una relazione devota o che magari credeva che il calcio potesse anche essere un mestiere che gli avrebbe permesso un futuro prestigioso. L’elenco delle attività cadute sotto sequestro è molto lungo, ma tutto gira intorno a un dogma preventivo:
l’unico modo sicuro per non contagiarsi è stare in casa. Peccato sia proprio ciò che gli adolescenti alla loro età non possono e non vogliono più fare. Sarebbe utile, allora, trasmettere loro questo messaggio: se imponiamo proibizioni e divieti, è perché chiediamo anche ai più giovani di collaborare a un grande progetto di salvezza dell’umanità, minacciata da un virus letale.
Nessun adolescente mi ha parlato della paura di ammalarsi o di morire: in tanti, però, esposti per un lungo periodo a un regime costrittivo, hanno ammesso di aver subìto danni psicologici. Questo insieme di regole non può non aver interferito con la realizzazione di uno dei compiti evolutivi più ardentemente vissuti dagli adolescenti: non sentirsi più soltanto figli, ma anche soggetti sociali e sessuali. In adolescenza, rimanere «dentro» e deprivarsi del «fuori» può rappresentare un fattore di rischio e portare a una depressione da scacco evolutivo, innescata da una fermata imposta lungo quel necessario processo di soggettivazione e di emancipazione. Anche le complesse vicissitudini organizzative della scuola non devono essere sottovalutate: per la parziale perdita del contatto con i compagni di classe e i professori così come per l’evaporazione di una complessa rete di funzioni meno appariscenti, ma utilissime sul piano identitario e su quello della costruzione del proprio futuro, intrecciata alla progressiva scoperta della propria vocazione personale. Poi, naturalmente, c’è il nucleo familiare e quello più ampio (sociale, culturale) in cui gli adolescenti hanno vissuto nell’ultimo biennio, in un clima di gravi apprensioni trasmesso dal mondo «adulto» sia per la crisi sanitaria sia per la crisi economica e lavorativa. L’adolescente è figlio del contesto in cui cresce. E se negli ultimi tempi è chiaro che c’è stato pochissimo da stare allegri, i ragazzi lo testimoniano con convincente evidenza. psichiatra e psicoterapeuta dell’adolescenza, è socio fondatore dell’Istituto Minotauro di Milano.