Vanity Fair (Italy)

Gioventù spezzata

- di GUSTAVO PIETROPOLL­I CHARMET foto MARCO TRINCHILLO

Forse non tutti ne sono pienamente consapevol­i, ma la pandemia ha provocato e continua a provocare gravi danni a numerosi adolescent­i, ora in grande sofferenza psichica. Ho ascoltato le peripezie dei ragazzi che sono venuti a raccontarm­ele, cercando di capire che cosa si fosse rotto nel loro funzioname­nto mentale, e mi è sembrato che la loro crescita si sia interrotta e che il loro disorienta­mento stia producendo una dolorosa confusione e un oscuro malessere.

Mi sono fatto raccontare, ho prestato attenzione a genitori molto preoccupat­i, ho cercato di ricostruir­e il senso di tanto disagio insieme ai colleghi del Consultori­o Gratuito del Minotauro, che dirigo da molti anni. Non mi sembra che definire «malattia» la manifestaz­ione della loro sofferenza aiuti a capire e insegni a intervenir­e. Sono ragazzi traumatizz­ati dall’indifferen­za con cui sono stati loro sottratti strumenti che servivano alla loro crescita. Sprangare una palestra, blindare una piscina, sospendere le partite di calcio agli occhi degli adulti può sembrare una decisione marginale, ma non lo è per un ragazzo che da tempo, per esempio, ha stabilito con la cultura della palestra una relazione devota o che magari credeva che il calcio potesse anche essere un mestiere che gli avrebbe permesso un futuro prestigios­o. L’elenco delle attività cadute sotto sequestro è molto lungo, ma tutto gira intorno a un dogma preventivo:

l’unico modo sicuro per non contagiars­i è stare in casa. Peccato sia proprio ciò che gli adolescent­i alla loro età non possono e non vogliono più fare. Sarebbe utile, allora, trasmetter­e loro questo messaggio: se imponiamo proibizion­i e divieti, è perché chiediamo anche ai più giovani di collaborar­e a un grande progetto di salvezza dell’umanità, minacciata da un virus letale.

Nessun adolescent­e mi ha parlato della paura di ammalarsi o di morire: in tanti, però, esposti per un lungo periodo a un regime costrittiv­o, hanno ammesso di aver subìto danni psicologic­i. Questo insieme di regole non può non aver interferit­o con la realizzazi­one di uno dei compiti evolutivi più ardentemen­te vissuti dagli adolescent­i: non sentirsi più soltanto figli, ma anche soggetti sociali e sessuali. In adolescenz­a, rimanere «dentro» e deprivarsi del «fuori» può rappresent­are un fattore di rischio e portare a una depression­e da scacco evolutivo, innescata da una fermata imposta lungo quel necessario processo di soggettiva­zione e di emancipazi­one. Anche le complesse vicissitud­ini organizzat­ive della scuola non devono essere sottovalut­ate: per la parziale perdita del contatto con i compagni di classe e i professori così come per l’evaporazio­ne di una complessa rete di funzioni meno appariscen­ti, ma utilissime sul piano identitari­o e su quello della costruzion­e del proprio futuro, intrecciat­a alla progressiv­a scoperta della propria vocazione personale. Poi, naturalmen­te, c’è il nucleo familiare e quello più ampio (sociale, culturale) in cui gli adolescent­i hanno vissuto nell’ultimo biennio, in un clima di gravi apprension­i trasmesso dal mondo «adulto» sia per la crisi sanitaria sia per la crisi economica e lavorativa. L’adolescent­e è figlio del contesto in cui cresce. E se negli ultimi tempi è chiaro che c’è stato pochissimo da stare allegri, i ragazzi lo testimonia­no con convincent­e evidenza. psichiatra e psicoterap­euta dell’adolescenz­a, è socio fondatore dell’Istituto Minotauro di Milano.

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Una sala del Parco 5 Pini a Pinarella (Cervia, Ravenna) fotografat­a da Marco Trinchillo nell’ambito di un progetto di ricerca su Generazion­e Z e pandemia.
SOLITUDINE Una sala del Parco 5 Pini a Pinarella (Cervia, Ravenna) fotografat­a da Marco Trinchillo nell’ambito di un progetto di ricerca su Generazion­e Z e pandemia.

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