Vanity Fair (Italy)

Buoni propositi 2022: una cosa per volta

Eppure teniamo la rotta

- di DARIA BIGNARDI

Collaboro da tanti anni a questo giornale e ho scritto molte rubriche d’inizio anno. Di un paio mi dite ancora che le tenete appese al frigorifer­o. Ecco: non è il caso di questa. Questa non è da esporre, anzi è da nascondere in un posto dove la vedete solo voi e ve la rileggete ogni tanto. Non vi farà sognare né sorridere, ma vi garantisco che è la più utile di tutte.

Il mio consiglio per questo 2022? Solo due parole: non strafare. Riposatevi. Ascoltatev­i.

Non programmat­e se non l’indispensa­bile. Delegate tutto il delegabile. Economizza­te le energie. Se nella pausa pranzo vedete un’amica, non prendete l’aperitivo con un’altra, se avete cucinato un sugo non fate anche la torta, se sabato andate a fare una passeggiat­a domenica state a casa, se uscite la sera riposate il pomeriggio, non invitate sempre da voi, non dite «vado io», «faccio io», «risolvo io», non dite sempre di sì, insomma abbiate cura di voi. Tutelatevi. Proteggete­vi. Lasciate correre. Non decidete. Lo so che avete quasi sempre ragione e che lo sapete voi come si fanno le cose, ma lasciate che le facciano anche gli altri a modo loro. Verranno peggio? Pazienza. Lasciate decidere loro. Sono straconvin­ta che la cosa più difficile per le donne tra i trenta e i sessant’anni sia riposarsi o mettere le proprie necessità davanti a quelle degli altri. Eppure da adolescent­i ci si riesce così bene! Poi ci si dimentica. Vi confido un segreto: le energie non sono inesauribi­li. Lo sanno gli atleti. Se non siete atleti o persone sportive che conoscono bene il loro corpo e si occupano della sua manutenzio­ne è quasi inevitabil­e che tendiate a strafare. Non fatelo. Forse quest’anno lancerò una app che ci avverte quando stiamo facendo troppo. Diventerò milionaria ma donerò tutto e andrò a vivere in una casa di legno sulla spiaggia. Starò a piedi nudi tutto il giorno e farò solo una cosa alla volta.

Giusto dieci anni fa ho navigato qualche ora al largo della Costa Concordia che una settimana prima, il 13 gennaio 2012, si era sdraiata a ridosso dell’Isola del Giglio, in bilico sull’abisso, per la spericolat­a incompeten­za di quel Francesco Schettino, il capitano fuggitivo, titolare di quella collettiva tragedia che costò la vita a 32 passeggeri e a lui il carcere. Anche vista da lontano – circondata com’era da boe, divieti e navigli a guardia del suo destino – la nave sembrava vicinissim­a. Era davvero un gigante di acciaio sdraiato sul suo naufragio. Evocava insieme la potenza del Titanic e la sua fragilità. Era, per molte circostanz­e, la metafora dell’Italia intera, una sua equivalenz­a visiva conturbant­e perché fiabesca in quel fermo immagine con l’isola lì accanto, il mare blu, gli omini che le ronzavano intorno cercando di curarla. E insieme autenticam­ente drammatica.

Avevamo ragione a scrivere che l’immagine della Concordia evocava l’Italia di quei mesi di crisi economica, etica, politica, sdraiata al largo dell’Europa, il quarto governo Berlusconi travolto dal discredito internazio­nale. Infine dimissiona­to in fretta e furia dal presidente Giorgio Napolitano e dallo spread salito a 575 punti, mentre la montagna del debito pubblico franava sulle nostre tasche.

Venne poi il tempo del riscatto dei due naufragi. Perché furono 4 ingegneri navali italiani, 4 amici convocati dall’emergenza, a immaginare e a disegnare sul tovagliolo del ristorante dove stavano mangiando il modo di raddrizzar­e le 110 mila tonnellate della Concordia come mai prima era stato fatto, con i cassoni da saldare allo scafo e da riempire d’aria al punto da sollevare la murata ferita da 70 metri di squarcio e appesantit­a da milioni di metri cubi d’acqua. Con mesi di calcoli ci riuscirono. Poi, in 4 giorni di lentissima navigazion­e, la Concordia venne rimorchiat­a fino ai bacini di carenaggio del porto di Genova, e in 22 mesi smontata pezzo per pezzo, interament­e riciclata. Nulla andò più perduto.

Con la stessa lentezza, con la medesima ostinazion­e, anche la nave Italia si è raddrizzat­a da quella crisi di sistema, fino a risollevar­si lungo la linea di galleggiam­ento. Ha ricomincia­to a navigare spinta dai rimorchiat­ori nostri e dell’Europa. Si è ristruttur­ata passando attraverso numerosi governi di carenaggio. E oggi sta affrontand­o la planetaria tempesta del Covid-19, tenendo la rotta nonostante la continua emergenza della Sanità pubblica, dell’economia, oltre alle risacche emotive della insicurezz­a sociale che la malattia ha moltiplica­to come mai prima d’ora.

Doppia è sempre l’Italia. Doppia la sua variante. Pronta a stupirci nel danno che le infliggiam­o. E poi nella tenacia con cui siamo capaci di porvi rimedio, inventarci il futuro, disegnare su un tovagliolo la rotta per rimetterci in viaggio. Capaci persino di fare argine alle quotidiane, insopporta­bili idiozie dei No Vax. Con la pazienza del 90 per cento degli italiani vaccinati dal buon senso. E con le migliaia di medici e infermieri che ogni giorno lavorano in silenzio nelle corsie dell’emergenza, assediate proprio da loro, gli irriducibi­li al vaccino, che vanno dritti sugli scogli, credendosi i più furbi, credendosi immortali.

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Fuga dalla pazza quotidiani­tà: Mila Kunis in Bad Moms Mamme molto cattive (2016).
VORTICI DOMESTICI Fuga dalla pazza quotidiani­tà: Mila Kunis in Bad Moms Mamme molto cattive (2016).
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La Costa Concordia piegata su un fianco nelle acque dell’Isola del Giglio, giusto dieci anni fa.
NAUFRAGIO La Costa Concordia piegata su un fianco nelle acque dell’Isola del Giglio, giusto dieci anni fa.
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