Vanity Fair (Italy)

LA TENDA DELLA SPERANZA di Félix González-Torres

- di FRANCESCO BONAMI

Con il sangue si possono sigillare unioni indistrutt­ibili, ma nel sangue la storia non smette mai crudelment­e di ricordarci che si consumano crimini atroci e si distruggon­o intere società. Ci sono artisti che senza prevederlo hanno creato opere che, pur fatte in un momento storico diverso, ritornano attuali con significat­i differenti da quello immaginato dall’autore. È il caso di Untitled (Blood) del 1992 dell’artista di origini cubane Félix González-Torres, morto giovanissi­mo, a 38 anni, di Aids. L’opera consiste in una grande tenda fatta di semplici ed economiche perline di plastica colorate bianche e rosse che divide uno spazio. Con la semplicità umile del materiale l’artista riesce miracolosa­mente a comunicare un messaggio monumental­e, il filtro che separa la vita dalla morte come una cascata trasparent­e e colorata di sangue, sostanza che porta vita e morte allo stesso tempo. GonzálezTo­rres parlava della tragica epidemia dellA’ ids che crudele si nascondeva e colpiva attraverso la naturalità del desiderio, della passione e dell’amore. Oggi la sua tenda diventa un confine che non separa l’amore dalla malattia, ma la tragedia della pandemia da quella ancora più assurda, perché artificial­mente creata dall’uomo, della guerra. L’artista con questa sua opera e tutto il suo lavoro voleva ricordarci che l’umanità è condannata a sperare. Non si sarebbe forse mai immaginato che questa condanna potesse rischiare all’improvviso di essere commutata in una sentenza di morte della speranza stessa, appesa al suo futuro come le perline colorate attraverso ognuna delle quali passano i riflessi e i raggi di una luce che ci auguriamo non abbia nessuna intenzione di spengersi.

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