Vanity Fair (Italy)

Solo una metà lo condanna PUTIN DIVIDE L’AFRICA

- di MARIO GIRO MARIO GIRO, esperto di cooperazio­ne e mediazione internazio­nale, è stato viceminist­ro degli Esteri nei governi Renzi e Gentiloni.

Il summit tra Putin e i rappresent­anti dei Paesi africani a Sochi (Russia) nel 2019. LÕ

Africa spaccata a metà: si è visto questo all’assemblea generale delle Nazioni Unite chiamata a votare per la condanna dell’invasione dell’Ucraina. Sui 54 Paesi africani, 28 si sono dichiarati a favore del «biasimo» alla Russia mentre altri 26 si sono rifiutati di schierarsi: astenendos­i (17), non partecipan­do al voto (8) o votando contro (l’Eritrea). Tra gli astenuti vi sono democrazie come il Senegal e il Sudafrica, ma anche regimi militari vicini alla Russia come il Mali o il Sudan. Una divisione simile si era già consumata al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra una settimana prima. La guerra in Ucraina ha diviso l’Africa, quindi, e scatenato una polemica interna al gruppo continenta­le, solitament­e molto unito. Numerosi Stati africani non vogliono essere coinvolti in una disputa che non sentono loro e che potrebbe protrarsi a lungo. L’Onu costituisc­e uno dei rari fori in cui la posizione dell’Africa pesa davvero, e attorno al voto del blocco subsaharia­no c’è stata molta competizio­ne da parte dei due schieramen­ti. La Russia si è fatta nuovi amici nel continente in questi ultimi dieci anni, malgrado il suo contributo nell’ambito della cooperazio­ne allo sviluppo sia minimo rispetto a quello dell’Unione europea o degli Usa. Ma forse Mosca ha saputo meglio interpreta­re il desiderio di indipenden­za e di sovranità delle classi dirigenti africane, se non delle popolazion­i. Visite lunghe e ripetute di membri di governo, qualche finanziame­nto, ma soprattutt­o armi e contractor­s: sono stati questi gli atout russi, che si sono concentrat­i sui mezzi di autodeterm­inazione come il rafforzame­nto degli eserciti. L’approccio non è diverso da quello di altre medie potenze, come per esempio la Turchia: lo è rispetto al metodo occidental­e, tutto incentrato sulla condiziona­lità economico-finanziari­a o, nei casi migliori, sui diritti umani. Europa e Stati Uniti pretendono dall’Africa di controllar­e come vengono spesi i soldi, se cresce il debito, se ci sono episodi di corruzione e spreco. Inoltre sono sensibili alle violazioni. Al contrario, i russi (ma anche i cinesi) seguono la vecchia regola della non interferen­za negli affari interni dei Paesi con cui cooperano. Mosca offre sistemi di sicurezza, armi e agenzie di security provider. Gli africani, poi, sono sempre pronti a denunciare il doppiopesi­smo degli occidental­i che, quando i loro interessi sono a repentagli­o, contraddic­ono le loro medesime condiziona­lità. Dopo il voto, la Russia ha ringraziat­o i Paesi africani che si sono astenuti. Malgrado le apparenze, non c’è comunque molta soddisfazi­one nella delegazion­e di Mosca: l’isolamento pesa, e l’Africa non ha la forza per controbila­nciarlo. I russi sanno bene quanto il continente dipenda dagli aiuti occidental­i e non dispongono per ora di mezzi finanziari per sostituirl­i.

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