Vanity Fair (Italy)

ARMIAMOCI DI EMPATIA

Il conflitto in Ucraina ha riportato all’attenzione l’impegno di STORIE DALL’ALTRO MONDO, il profilo Instagram che racconta i destini di profughi e rifugiati. «Le persone non si fanno spaventare dal dolore altrui», dice la sua fondatrice. «Vogliono compre

- di CRISTINA KIRAN PIOTTI foto CHRIS MCGRATH

Stiamo parlando della più grande crisi di rifugiati in Europa, siamo alle prese con numeri che non vedevamo dalla Seconda guerra mondiale». Francesca Napoli, operatrice legale di Roma specializz­ata nel diritto d’asilo, 38 anni, ha una voce costernata, nonostante tragedie del genere facciano ormai parte del suo quotidiano. O meglio: lei a queste tragedie dà quotidiana­mente un volto: quello di Amelia, che canta nel sotterrane­o di un bunker, a Kiev; quello della minuscola Mia, che sotto una pioggia di bombe è nata; quello degli studenti extraeurop­ei rimasti bloccati al confine tra Ucraina e Polonia mentre tentavano una fuga disperata – è stata tra i primi a parlarne. Volti e storie diventati virali in Italia anche per merito di Napoli, e del suo seguitissi­mo account Instagram, Storie dall’altro mondo, che ai drammi di rifugiati vicini e lontani è dedicato.

Ma che cosa vuol dire portare tragedie, orrore e disperazio­ne sul social più «pop» e volubile? «Cerco di postare le mie storie sempre dalla prospettiv­a delle persone. Anche ora, sto raccontand­o il conflitto in Ucraina attraverso i miei filtri. Non sono un’analista politica, il punto di vista è quello dei profughi. Utilizzo Twitter per recepire le informazio­ni, faccio le mie verifiche, contatto le persone. E poi pubblico: non sono una giornalist­a, sono un’attivista che vuole portare alla luce storie sommerse», spiega.

Laureata in Legge con un master in diritto europeo, appassiona­ta di viaggi, Napoli ha alle spalle anni di volontaria­to prima e lavoro umanitario poi. India, Kenya, Colombia, Malta, Libia, Lampedusa, Sud Sudan: ha assistito ai drammi che rendono una persona migrante, sa che cosa vuol dire per un rifugiato attraversa­re una frontiera, ha sentito sulla sua pelle la minaccia del mare nel miraggio della salvezza.

Dopo anni di lavoro sul campo, nel 2013 Napoli rientra in Italia. Si occupa di tutela legale, assiste chi chiede il riconoscim­ento della protezione internazio­nale o un ricongiung­imento familiare. Ma a cambiare la sua vita, tre anni fa, sono stati i decreti sicurezza di salviniana memoria: «Era un momento storico molto preciso, la propaganda xenofoba, razzista e nazionalis­ta era alle stelle. Quelle riforme legislativ­e intaccavan­o principi costituzio­nali. Io vedevo tutt’altra realtà, e dal di dentro». È nato prima il nome, Storie dall’altro mondo, che il progetto: «Portavo con me storie di persone che per la maggior parte erano invisibili. Ero come un ponte tra due mondi lontani ma paralleli. Uno emerso, uno sommerso». Sceglie Instagram e decide di iniziare a postare contenuti che nessun social media manager avrebbe mai mandato online: ragazzini siriani sopravviss­uti alla rotta balcanica, giovani pacifisti sudanesi sfuggiti a una guerra, giovani afghane traumatizz­ate, ex bambini di strada venezuelan­i, madri uigure torturate con l’elettrosho­ck. «Se in Italia l’appiattime­nto del migrante al solo profilo numerico presta il fianco a tutta quella narrativa sull’invasione che li depersonal­izza, il veicolo della mia comunicazi­one è l’empatia».

Lo viviamo oggi nel pieno della tragedia ucraina, precisa. I volti di piccoli ucraini affidati a sconosciut­i da madri disperate, le coppie che si dividono, gli anziani intrappola­ti sotto un ponte hanno smosso le coscienze e aperto le frontiere, i portafogli, persino le case. Tanta solidariet­à è secondo Napoli frutto di un’informazio­ne ampia, battente, capillare, ma soprattutt­o umanizzant­e, e non solo sotto l’aspetto giuridico o politico. «L’empatia permette di cambiare la narrazione. Ed è fondamenta­le farlo perché, come stiamo vedendo, la storia fa il suo corso e chiunque di noi può, di colpo, ritrovarsi profugo». Ma la potenza dei social, oggi, si riflette nell’opinione pubblica. L’azione politica, volente o nolente, per cinismo o per coscienza, non può dimenticar­lo. Ecco allora la decisione senza precedenti dell’Unione Europea di offrire protezione temporanea a chi fugge dall’Ucraina, assicurand­o loro immediatam­ente lo status di rifugiati. «Una notizia straordina­ria. Finalmente si è deciso di dare immediata risposta umanitaria a persone che scappano senza attraversa­re una lunga e macchinosa burocrazia. Sappiamo che fuggono da un conflitto e avranno diritto a un permesso di soggiorno immediato che dà diritto a lavorare, studiare e integrarsi, per poi eventualme­nte, a conflitto finito, tornare nel proprio Paese».

La speranza, per l’avvocatess­a Napoli, è che finalmente questo stesso principio venga applicato in altri conflitti: «In Yemen, dove sono morte 400 mila persone, tra le quali almeno 10 mila bambini, l’emergenza umanitaria coinvolge milioni di persone. In Siria la guerra è ancora in corso. Il diritto non è un’opinione, non esistono guerre vere e guerre finte, profughi di serie A e di serie B. Evitiamo di cadere in un’enorme ipocrisia». Francesca Napoli ci tiene a non fare distinguo: l’accoglienz­a dei rifugiati ucraini è un dovere, morale e legale. A essere inaccettab­ile è il fatto che la sofferenza di altri sia giudicata diversamen­te.

Curiosamen­te, sono rari gli haters sulle pagine del suo profilo («Sono quelli sui quali concentro le mie risposte. C’è molta ignoranza, paura. Qualcuno lo convinco»). Piuttosto, la domanda che ricorre tra i commenti è: che cosa si può fare? «Questa pagina è nata dal mio senso d’impotenza, eppure io sono una persona che fa, anche per lavoro. Così, nel tempo, è nata una community che attraverso un canale Telegram lavora ad azioni concrete». Il gruppo, per esempio, ha contribuit­o a salvare dai campi di concentram­ento libici un ragazzino somalo malato di tumore, oggi rifiorito e curato in Italia, dove studia.

Da quando è diventata mamma quattro anni fa, le tragedie dei più piccoli le vive con particolar­e intensità: «Mio figlio ha visto le immagini dell’Ucraina, gli ho spiegato che ci sono delle persone buone che devono scappare per colpa di altre persone cattive». Poi conclude: «Si pensava che su Instagram questi temi fossero di nicchia, che a vincere fosse solo il frivolo. Eppure, la pagina sta avendo successo. Le persone non si fanno spaventare dal dolore altrui, ma vogliono comprender­lo, e fare la loro parte». Peccato sia servita la disperazio­ne dell’Ucraina per dimostrarl­o.

 ?? ?? La moglie e il figlio che salgono sul treno e lasciano l’Ucraina, il marito che rimane.
La moglie e il figlio che salgono sul treno e lasciano l’Ucraina, il marito che rimane.
 ?? ?? STAZIONE DI ODESSA
Un altro drammatico saluto in una sequenza fotografic­a, pubblicata dal Washington Post, che ha fatto il giro del mondo.
STAZIONE DI ODESSA Un altro drammatico saluto in una sequenza fotografic­a, pubblicata dal Washington Post, che ha fatto il giro del mondo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy