VOGLIO VIVERE A DISNEYLAND
Duecento droni all’improvviso si alzano in volo sul Castello della Bella Addormentata. Siamo stati a PARIGI, dove il sogno di «zio Walt» compie 30 ANNI e festeggia in grande stile. Dress code per tutti: due grandi orecchie nere
Se non hai le orecchie di Minnie non sei nessuno. Mai lo avresti detto, eppure il tempo di arrivare e intravedere la sagoma rosa del Castello che chiude l’orizzonte di Disneyland Paris e ti ritrovi lì tra bauli, stregatti e gonne di principesse a sceglierti le orecchione nere con il fiocco, con la scusa della bambina. Ci sono quelle classiche con i pois che piacciono a Chiara Ferragni, altre sono versione glitter, come molte altre cose qui: sono state «accese» in onore dell’anno speciale.
Anche loro, i Ferragnez, sono qui nella zona franca della fantasia al completo per il grande evento, con il primogenito Leone che si spaventa un po’ sulle montagne russe e nella foto ricordo su Instagram ricorda l’urlo di Mamma ho perso l’aereo. Sono arrivate altre celebrità e fan storici da tutta Europa, perché il parco compie 30 anni, e lo scrive grande nel cielo tutte le sere, quando sul Castello della Bella Addormentata parte uno show notturno tutto nuovo tra luci, effetti speciali, musiche diffuse (ma dove sono gli altoparlanti, ti domandi senza poter staccare gli occhi dal cielo, la magia la sa lunga...) e, momento clou, un pacifico enorme esercito di 200 droni luminosi che si alza in volo sopra le guglie e compone in aria il grande 30 dell’anniversario. Lo trovi anche a tavola, sui gelati, sui waffle salati e sullo speciale dessert chiamato Le Boquet Final, una torta di cioccolato e fragole che arriva servita sotto una cupola.
375 MILIONI DI BAMBINI DI OGNI ETÀ
Non possiamo perderla, così andiamo a cercare la torta in uno dei 59 ristoranti (ci sono anche 10 bar e infiniti chioschi) che sono aperti praticamente a tutte le ore di questo mondo a parte, che dal 12 aprile 1992 ha visto passare 375 milioni di persone, e dove lavora una piccola città: 16 mila persone. Molti sotto i costumi di Mickey Mouse, Paperino, le principesse storiche come Cenerentola o più recenti come Tiana, star della parata giornaliera, anche questa tutta nuova. Inutile cercare di smascherarli, chiedendo se la tiara pesa o le scarpette sono di cristallo: hanno la pazienza di un sadu indiano, ma non risponderanno, perché fedeli alla filosofia originaria di «Zio Walt» non indossano soltanto i panni di Biancaneve, loro sono Biancaneve.
Confortati dalla coerenza, e dal profumo dello zucchero, partiamo alla scoperta a ritmo di bambina, cioè vedere tutto, provare tutto, e rifare quello che ha incantato di più. Nel nostro caso Ratatouille: il viaggio nella cucina del ristorante Gusteau’s ridotti alle dimensioni del topo chef Remy parte a bordo di una rat-mobile, muovendoci a scatti e senza binari (high tech del divertimento: un algoritmo), tra padelle, camerieri, occhi che scrutano nel buio e lucernari parigini che crollano sotto i passi topeschi, uno spasso. Scarpe comode, perché i parchi sono due: Disneyland e i Walt Disney Studios, dedicati al cinema, che dall’estate ospiteranno l’atteso Avengers Campus dei Supereroi Marvel.
Cinquantanove attrazioni dopo, stanchi e incantati, canticchiando una marcetta torniamo con il Castello alle spalle, sempre con le orecchie in testa, ormai il nostro avatar lasciapassare per la fuga, ripensando al «Pensa, credi, sogna e osa», il motto di Walt Disney. Ce lo portiamo a casa.
Potremmo essere davvero migliori amiche. Io e lei condividiamo in gran parte gli stessi valori, come felicità, ottimismo e autenticità», così Stella McCartney parla di Minnie Mouse, che con la famosa designer britannica ha davvero molto in comune. Entrambe amanti della moda, icone di empowerment, attente alla sostenibilità e al sociale. Non stupisce dunque che, per rifarsi il look in occasione del trentennale di Disneyland Paris, la topolina star dei fumetti, classe 1928, si sia rivolta proprio a Stella. Lei, per la prima volta nella storia del personaggio, le ha fatto indossare un tuxedo blu: un completo «totalmente etico e vegano», che fa parte della collezione A/I 2022-2023, appena presentata nella capitale francese. Sulla passerella, c’era naturalmente anche Minnie.
Tailleur pantalone color notte e scarpe basse. Come mai questa nuova immagine?
«Ho mantenuto i pois e i maxi fiocchi, che sono caratteristiche iconiche del personaggio, abbinandoli però a uno dei colori che amo maggiormente, il blu, che è storicamente associato al mondo maschile. Tutto il mio brand si costruisce intorno all’energia che scaturisce dalla dicotomia tra maschile e femminile. Oggi non ci sono più regole fisse quando si tratta di vestire una donna, e lo stesso vale per Minnie. La mia sfida, anche attraverso la collaborazione con Disney, è contribuire a rompere certi cliché».
Quant’è importante che le ragazze capiscano, anche attraverso i nuovi abiti di Minnie, il valore del cambiamento?
«Ho due figlie, questa domanda mi sta molto a cuore. Credo sia importante che siano consapevoli di ciò che le donne hanno affrontato in passato e di come oggi, in alcune culture, non abbiano ancora le stesse opportunità degli uomini. Dico alle mie ragazze che sono privilegiate perché crescono in un Paese che comincia a riconoscere la parità dei sessi andando verso un futuro più equo. Solo così potranno diventare sul serio chi vogliono».
Chi sono le sue icone?
«Greta Thunberg, il volto di un’intera generazione che si alza in piedi, incitando i governi a svegliarsi e ad agire per salvare il Pianeta in rovina. E anche
l’attivista ugandese Vanessa Nakate, che a soli 25 anni ha già portato all’attenzione mondiale questioni urgenti sulla foresta pluviale del bacino del Congo e sulle preoccupanti questioni climatiche della sua nazione. I giovani sono quelli che subiranno di più le conseguenze del cambiamento climatico. Molto più consapevoli del problema, sono anche portatori delle potenziali soluzioni. Quando parlano, dobbiamo ascoltarli».
Quali insegnamenti vorrebbe dare alle ragazze?
«Non riesco a ricordare tutte le volte che sono stata l’unica donna tra tanti uomini e penso che questo mi abbia reso ancora più forte nelle mie convinzioni e nel difendere ciò in cui credo. Non aver paura di essere diversi è essenziale, per distinguersi e per tutelare ciò che davvero conta».