Vanity Fair (Italy)

Nadia (e le altre)

- di NADIA TERRANOVA

V

olevo dedicare questa sirena a Cecilia e Serena, che mi hanno detto: se vuoi farti un pianterell­o o hai bisogno di un’ora d’aria o vuoi dire una cosa pazza che poi ti dimentichi chiamaci, oppure vieni la mattina ai tavolini della nostra caffetteri­a del cuore, ci prendiamo un po’ di sole adesso ch’è arrivata primavera, fa bene a Luna e fa bene a te. Io avevo ancora tutti gli ormoni positivi ed eccitati, ho ringraziat­o ma lì per lì non ho capito, poi qualche giorno dopo, al primo baby blues, ho scritto loro un messaggio malinconic­o e pazzo che già ho dimenticat­o e ho ricevuto una risposta perfetta che invece non dimentiche­rò.

Volevo dedicarla a Irene, Francesca, Ilaria, Fiammetta, Serena, abbiamo fatto insieme il corso preparto e condiviso dubbi, paure, domande, e poi nascite e ancora più dubbi, paure, domande: trovo meraviglio­so avere una chat così, e a breve finalmente riusciremo a prenderlo, quel caffè tutte insieme.

Ma la sirena di questa settimana è anche Sara, che mi ha detto: se vuoi consigli sono qua, e quando l’ho cercata per dei consigli era là per davvero. Sirene sono Giulia e Silvia, che mi hanno confessato di aver provato un gran sollievo quando hanno potuto sfilarsi dai dettami rigidi dell’allattamen­to, perché ogni storia di relazione madre/figlio è una storia a sé. Non sapevo ancora di cosa stessero parlando, poi l’ho capito. Sirene sono Viola, Barbara, Sarah, Elisa, Dinda, Veronica e tutte le ragazze della caffetteri­a di quartiere, che è il posto delle donne ed è dove mi sono sentita a casa da non mamma e mi sento a casa da mamma, dove spero che Luna crescerà bella tosta, molto amata e (chissà, magari) femminista. Sirena è Brina che mi ha detto: benvenuta tra i genitori di questo quartiere. Sirena è Valeria, che mi ha regalato due bavaglini con il nome di mia figlia, ricamati a mano da sua madre, che non ho mai visto. Sono Giusy, Barbara, Clelia, Marta, le ostetriche che quando ti senti persa ti ripetono che mamma non si nasce ma si diventa, che ti danno tutti i consigli ma alla fine ti dicono: queste sono le possibilit­à, alla fine però segui il tuo intuito e non sbaglierai. Sirene sono – mi sembra già di vederli sorridere – Mattia e Nicola, i due papà di Lorenzo e Martino, una famiglia pazzamente felice raccontata nel libro di Mattia, Lo capisce anche un bambino. Sono loro ad aver dato a me e al papà di Luna i primi consigli su nido e pediatra, ad averci regalato la migliore crema per la dermatite da pannolino e, in perfetta controtend­enza rispetto alle profezie catastrofi­che, la frase più bella: con i figli non si perdono gli amici veri, invece se ne acquisisco­no di nuovi, te li portano loro.

Sirene sono state, in questi giorni, tutte le persone che non hanno ripetuto: adesso vedrai come non dormi, adesso vedrai le preoccupaz­ioni, scordati la vita di prima. Sirene tutte quelle che non hanno espresso giudizi, postulato manifesti di presunte genitorial­ità perfette. Sirene tutte quelle che non mi hanno salutato chiamandom­i mamma o mammina: c’è una sola persona che mi chiamerà così, per il resto del mondo resto Nadia e forse, per una volta, grazie a tutte le mie imperfezio­ni in questa nuova e strana parola, di nascosto anche a me stessa posso sentirmi un po’ sirena anch’io.

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