Vanity Fair (Italy)

Per colpa della guerra ANCHE LO SPAZIO SI FERMA

La Stazione spaziale internazio­nale (Iss) è frutto di una collaboraz­ione tra le agenzie americana, russa, europea, canadese e giapponese.

- PROGETTO A RISCHIO di EMILIO COZZI

éil 15 novembre 2021, la Russia effettua un test (cosiddetto «Asat») e con un missile distrugge un satellite in disuso nelle orbite vicine alla Terra. La nuvola di detriti scatena la reazione internazio­nale: la Nasa definisce «irresponsa­bile» la Federazion­e, stigmatizz­andone anche l’indifferen­za nei confronti dell’incolumità della Stazione spaziale internazio­nale, cosmonauti (russi) compresi. Oggi l’aneddoto assume le tinte plumbee di un avvertimen­to: era la supremazia globale a essere in gioco. Perché da sopra il cielo si coordina l’esercito e si spiano quelli altrui, e da lì si garantisce la precisione delle armi più letali (come i missili ipersonici, del cui possesso Cina e Russia fanno meno mistero degli Usa). Per questo, la zuffa via social che a inizio marzo ha coinvolto Scott Kelly (fra gli astronauti americani rimasti più a lungo in orbita) e Dmitry Rogozin (direttore di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa) non è puerile: «Levati di torno, idiota! Altrimenti la morte della Stazione spaziale sarà sulla tua coscienza», twittava il fedelissim­o di Putin al veterano della Nasa. Lo scambio racconta i riflessi della guerra in Ucraina e il tramonto di una collaboraz­ione pacifica durata quarant’anni. Tutto finito, o almeno da rifare. E non è un caso che la Stazione, simbolo di una space diplomacy di successo, sia al centro di tanto accapiglia­rsi: Rogozin, lesto a ricordare che la navigazion­e della Iss si deve al segmento russo, ha chiesto al Cremlino di concludere la collaboraz­ione. Ma se è improbabil­e che la Stazione venga abbandonat­a in pochi mesi, è certo che gli strascichi della crisi saranno lunghi anche nel cosmo. La prima a sperimenta­rne il prezzo – stricto sensu – è stata OneWeb, compagnia partecipat­a dal governo britannico che si è vista lasciare 36 satelliti della sua costellazi­one internet sulla rampa di Bajkonur, in Kazakistan, dove a bordo di Sojuz russi avrebbero dovuto essere lanciati il 4 marzo. Sorte identica per i due nuovi Galileo della costellazi­one europea per la navigazion­e e il geoposizio­namento. Di contro, benché la Federazion­e si fosse detta pronta al decollo, ExoMars (la missione congiunta per Marte) è stata sospesa dallA’ genzia spaziale europea: in attesa di tempi migliori, o di partner «pronta-consegna», leggasi compagnie private con SpaceX in testa. Già intervenut­a «in soccorso» di OneWeb (la cui costellazi­one sarà completata con i Falcon9), quest’anno la società di Elon Musk supererà il proprio record di lanci anche grazie ai venti di guerra, con relativi incassi miliardari. È una sveglia per l’Europa. Perché per quanto la sua autonomia di accesso allo spazio non sarebbe compromess­a da alcuna decisione contingent­e, la crisi evidenzia il suo indebolime­nto in ambito extra-atmosferic­o. Una risposta è arrivata: sarà l’europea Arianespac­e a lanciare una parte dei 3.236 satelliti della costellazi­one Kuiper di Amazon, pensata per incrementa­re l’accesso globale alla banda larga. Il contratto include 18 trasporti e si stima che ognuno possa costare da 68 a 110 milioni di dollari. È un fatto positivo, ma, come quel test di fine 2021 di cui si parlava all’inizio, anche un monito: lo spazio è l’apice economico-politico della Terra. A noi svilupparn­e i benefici o estenderci i conflitti.

EMILIO COZZI è co-autore e conduttore di Space Walks, programma di divulgazio­ne spaziale su Rai 4 e RaiPlay.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy