Un francese a Venezia
Se ci fosse la macchina del tempo, Christian Dior oggi sarebbe qui, al fianco della sua maison, donor della Biennale e fautrice del restauro della Ca’ d’Oro
Nel 1928, quando ha solo 23 anni, e ancora non sa che cambierà la storia della moda, Christian Dior convince i genitori ad aprire per lui una galleria d’arte a Parigi: uno spazio pieno di possibilità che, di lì a poco, riunisce in un’unica mostra lavori di artisti come Pablo Picasso, René Magritte e Leonor Fini. Sembra dunque naturale che quasi un secolo dopo la maison che porta il suo nome sia donor della 59esima edizione della Biennale d’arte di Venezia, curata da Cecilia Alemani e dedicata al movimento surrealista. «Questa passione, instillata da monsieur Dior e ancorata nel nostro Dna, ci sprona più che mai a sostenere la cultura in tutte le sue forme», spiega Pietro Beccari, chairman e ceo della griffe, che ha organizzato un grande evento charity per raccogliere fondi da destinare al restauro del museo Ca’ d’Oro, uno dei più belli e celebri palazzi neogotici della città lagunare, che ospita, tra l’altro, la ricca collezione del barone Giorgio Franchetti.
Al fianco di Dior l’organizzazione internazionale non-profit Venetian Heritage, che, come dice il nome stesso, promuove, attraverso vari progetti, questa unicità italiana nel mondo, anche grazie al carisma e alla popolarità del suo presidente, l’archi-star Peter Marino. Una parte del ricavato del gala dinner, che si è tenuto il 23 aprile all’interno dello scenografico Teatro La Fenice – capace di esaltare la già meravigliosa voce di Giorgia, special guest della serata insieme a Pier e Beatrice Casiraghi –, è stata donata da Dior e Venetian Heritage ai rifugiati ucraini in Italia.
«La PASSIONE PER L’ARTE è ancorata nel nostro Dna e ci sprona a sostenere la cultura» — Pietro Beccari, chairman e ceo di Dior