Vanity Fair (Italy)

3 DOMANDE A Don Winslow

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«Uno scontro tra titani del crimine». Dopo 25 anni dalla prima bozza, comincia così Città in fiamme (HarperColl­ins, pagg. 544, € 22), il primo capitolo della nuova trilogia di Don Winslow, ex investigat­ore privato e fonte d’ispirazion­e hollywoodi­ana (il film è già in cantiere). E in questa Iliade contempora­nea dipinge un affresco sanguinoso tra bande rivali.

PERCHÉ CRIMINALI IRLANDESI E ITALIANI?

«Ho scelto comunità forti nel Rhode Island, dove sono cresciuto. Il mio padrino era un poliziotto di nome Vito. Mi invitava alle feste, agli eventi di famiglia, alle sagre: si mangiavano pastarelle buonissime e si ballava tanto».

E PERCHÉ LA MAFIA?

«Rimanda al potere: risolve problemi senza le lungaggini legali, spesso ingiuste ed esasperant­i. L’idea di poterci ricorrere è una sorta di fantasia catartica».

LA FINZIONE OGGI È (PIÙ) VICINA ALLA REALTÀ?

«Difficile vedere che cosa accade a Kiev senza pensare alla Guerra di Troia. Per questo i classici restano immortali: raccontano storie senza tempo, umane e universali.

I miei personaggi incarnano le contraddiz­ioni della nostra natura: uccidono a sangue freddo, ma sanno anche mostrare pietà». alessandra de tommasi

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