Più Cynthia PER TUTTI
In Roar è una madre divorata dai sensi di colpa. Letteralmente. Ma è solo l’ultimo dei ruoli politici della bravissima Erivo
Nell’episodio 4 di Roar, la serie tutta al femminile prodotta da Nicole Kidman (su Apple Tv+), c’è una donna in una sala parto, che nell’indifferenza dei medici cerca di spiegare che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Alla fine riuscirà a dare alla luce il suo secondo figlio. Ma una volta a casa, in una metafora del senso di colpa che sperimentano molte madri nella lotta per tenere insieme famiglia e lavoro, inspiegabili piaghe da morsi cominceranno ad apparirle sulla pelle, lacerazioni psicosomatiche di un senso di inadeguatezza che per poco non la mangerà. Un’altra delle performance politiche di Cynthia Erivo, nata a Londra nel 1987 da genitori nigeriani e balzata dai palchi anonimi del West End inglese al ruolo di attrice tra le più richieste al mondo. Cantante sopraffina (ha vinto un Grammy per il musical The Color Purple e interpretato Aretha Franklin nel biopic Genius: Aretha), autrice di favole per bambini e prossima protagonista con Ariana Grande dell’adattamento cinematografico di Wicked, è cresciuta in un sobborgo della capitale inglese insieme alla sorella minore e alla madre infermiera. Il padre l’ha lasciata quando aveva 16 anni: «Una mattina venne a dirmi che se ne andava, fui io dover dare la notizia alla mamma. Semplicemente s’era stancato di fare il genitore. Da quel giorno, non l’ho visto mai più».
Ha detto: «Scelgo progetti in cui le donne di colore siano ritratte sotto una luce mai vista». In che senso Roar è coerente?
«Prima di tutto perché il tema della maternità vissuta da una donna nera di successo, impegnata nella finanza, con un marito bianco che guadagna meno di lei, non era mai stato rappresentato. Poi, c’è la sequenza della sala parto: noi donne nere, se ci lamentiamo per un disagio, se esprimiamo un dubbio su come si agisce sul nostro corpo, non veniamo ascoltate. La conseguenza: in Inghilterra la mortalità femminile in gravidanza è quattro volte più alta rispetto alle bianche. E i decessi in sala parto in aumento vertiginoso».
A cosa è dovuto questo?
«Stereotipi di genere. Si pensa che siamo più resistenti al dolore, e persino che la nostra pelle sia più spessa. Ovviamente non è vero. Soffriamo come tutti gli altri».
È capitato anche a lei?
«Mia madre c’è quasi morta, spedita a casa dal pronto soccorso con una prognosi d’influenza mentre aveva in corso un’infezione al fegato. Sono certa che sia accaduto per puro pregiudizio razziale».
Avrà figli un giorno?
«Lo spero».
Si farà mangiar viva anche lei?
«Forse sì. Noi donne, quando abbiamo una carriera, proviamo sensi di colpa anche senza essere madri: verso un compagno rimasto a casa o i genitori anziani. Bisogna osservare le amiche più evolute. E imparare a lasciar andare».
I suoi prossimi progetti politici quali saranno?
«Produrrò un film su Sarah Forbes Bonetta, una schiava divenuta figlioccia della regina Vittoria: praticamente, la prima principessa nera della Gran Bretagna. E sarò la Fata Turchina nel Pinocchio di Zemeckis: con le unghie lunghe, l’anello al naso e completamente rasata. Per l’immagine delle eroine Disney, una vera rivoluzione».