DESIGN + MODA
Il confine tra ARCHITETTO E STILISTA è labile: entrambi disegnano involucri, entrambi amano l’estetica, entrambi danno emozione
In fondo, in entrambi i casi, si creano involucri all’interno dei quali – si spera – le persone si sentano a proprio agio. Architettura e moda vanno a braccetto, tanto che ci sono stati grandi stilisti che erano architetti, da Gianfranco Ferré a Virgil Abloh: «Fashion design e Architectural Design sono espressioni raffinate dell’umana creatività. Architettura e moda non hanno a che vedere con l’utilità – l’abitare o il vestire – ma con l’indagare un universo immateriale, fatto di emozioni e del significato stesso delle cose». Alessandro Cecchini (nella foto) fondatore e ceo di YACademy, tra i corsi della sua scuola ne ha organizzato anche uno intitolato Architecture for Fashion. Sottotitolo: progettare lo spazio per materializzare il brand: «Il corso cerca di restituire e codificare l’esperienza dei più illustri autori e architetti che si siano misurati con le esigenze e le specificità del mondo moda. Dall’organizzazione di una vetrina, al progetto di un punto vendita, fino all’illuminazione del prodotto, passando per l’arte e la comunicazione. A simile ossatura si sovrappongono le testimonianze dei grandi autori: David Chipperfield per Valentino, Italo Rota per Cavalli, Claudio Silvestrin per Armani, Duccio Grassi per Max Mara, Oma per Prada. Tutte queste nozioni e ispirazioni vengono poi applicate in un laboratorio progettuale dove, sotto la tutorship di David Chipperfield Architects, gli studenti hanno l’opportunità di produrre un progetto di pop-up store per 10 Corso Como».
Si sa, showroom, esposizioni e fabbriche dei grandi brand di moda sono spesso esemplari dal punto di vista architettonico: «Pensiamo alla sperimentazione condotta da Prada, che ritengo fra le più complete e avvincenti. Il Prada Transformer di Seoul è un intervento ormai datato (2009), ma che in maniera intelligente e disruptive – come Rem Koolhaas sa fare – introduceva il concetto di temporalità e fluidità funzionale nello spazio architettonico.
Poi l’esperienza degli epicentri e soprattutto di Fondazione Prada, a Milano: un luogo magnifico, che restituisce alla città un’archeologia industriale dismessa come contenitore d’arte. Il tutto, ancora, secondo la sobrietà e la bellezza mai gridata di Prada, dove basta una “pennellata” d’oro – stiamo parlando della Fondazione – per essere chic e trasformare un’antica distilleria in uno degli interventi architettonici più iconici e celebrati della contemporaneità».