Usa e Polonia: gli attacchi
AL DIRITTO ALL’ABORTO
Nelle ore precedenti la storica decisione della Corte suprema statunitense, che ha cancellato il diritto costituzionale all’aborto, in Europa un movimento per la legalizzazione dell’interruzione di gravidanza subiva l’ennesima battuta d’arresto. Si tratta di quello polacco, prevalentemente raccolto intorno alla sigla dello Sciopero generale delle donne (OSK), che, grazie alle firme di oltre 200 mila persone, era riuscito a portare alla discussione in Parlamento una proposta civica di legge. Il progetto prevedeva la possibilità di abortire gratuitamente, senza la richiesta di motivazione alcuna, fino alla dodicesima settimana. L’ordinamento attuale polacco permette invece l’interruzione di gravidanza solo in caso di stupro, incesto, malformazione del feto o pericolo di vita per la madre. Nel corso di un drammatico dibattito, protrattosi fino a notte inoltrata, alcune delle rappresentanti più in vista, impegnate nella causa, si sono avvicendate per spiegare in Aula le ragioni della proposta. Tra loro anche Natalia Broniarczyk di Aborto senza frontiere, associazione che sostiene le donne polacche con la fornitura di pillole abortive (una novantina di persone al giorno ne fanno ricorso) o l’organizzazione di viaggi all’estero (in media quattro assistite quotidianamente). Nel 2021, l’associazione ha soccorso più di 34 mila donne. «Onorevoli parlamentari, è giunto il momento di assumervi la responsabilità delle vostre decisioni, che hanno un impatto diretto su tutte noi. Per voi è solo un voto, ma per noi è questione di vita. La vostra moralità non è più importante dei nostri bisogni, delle nostre decisioni», è stato il vano appello di Broniarczyk. La proposta di legge non ha avuto accesso neanche alla seconda lettura: è stata rigettata con 265 voti contrari (225 dei quali provenienti dal partito di maggioranza del governo, Diritto e Giustizia) e 175 favorevoli. La spinta, tuttavia, non sembra essersi esaurita. In un sondaggio realizzato dall’istituto indipendente IBRiS proprio in occasione della discussione in Parlamento, il 62% dei polacchi si è detto favorevole alla legalizzazione dell’aborto (38,2% decisamente favorevole, 23,6% favorevole); solo il 27% si è detto contrario (14,6% decisamente contrario, 12,1% contrario). Nella fascia di età 30-39 anni, ben il 99% degli intervistati sostiene il cambio di passo. Dalla vicina Ucraina continuano intanto a sopraggiungere migranti, e tra loro donne che vogliono abortire in seguito alle violenze subite dai soldati russi. L’ordinamento polacco garantisce a queste persone in via teorica la possibilità di interrompere la gravidanza, che dev’essere accordata da una procura. Il procedimento è però reso complicato dalla burocrazia, dalle differenze linguistiche e dal timore delle vittime di una stigmatizzazione sociale.
In Ucraina l’aborto è legale fino alla dodicesima settimana e le pillole sono accessibili senza ricetta. Dal 1° marzo Aborto senza frontiere dichiara di aver ricevuto richiesta di sostegno da parte di 158 donne ucraine che desideravano fermare una gravidanza per motivi che esulavano da quelli previsti dalla legge polacca. L’organizzazione ne ha indirizzate molte verso Berlino, dove è stata stilata una lista di medici disponibili a intervenire gratuitamente.