CRISI DELLE BANCHE: come tuteliamo i risparmi?
In Italia la crescita dei risparmi depositati sui conti correnti continua a salire: secondo uno studio di Banca d’italia e Unimpresa il saldo complessivo è di 1.481 miliardi di euro al 2022, in crescita del 7% rispetto al 2021. Una cifra rilevante, se paragonata ai circa 2.100 miliardi di euro del Pil o ai circa 2.750 miliardi del debito italiano. Tali risparmi sono per loro natura infruttiferi: i rendimenti, al netto delle spese, risultano irrisori, se non nulli. Tuttavia, sono la scelta di una parte rilevante dei risparmiatori, poiché ritenuti sicuri e non soggetti alle fluttuazioni della maggioranza degli investimenti finanziari. I recenti fallimenti di alcune banche statunitensi e le criticità legate alla stabilità del colosso elvetico Credit Suisse impongono chiarezza. In Italia operano due sistemi di garanzia dei depositi: il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e il Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo. La garanzia dei depositi è disciplinata dalla direttiva 2014/49/UE, recepita nel Testo Unico Bancario, e l’adesione a tali sistemi di garanzia è obbligatoria per tutti gli istituti di credito. I depositi sono garantiti fino a 100.000 euro per depositante per singola banca. Nel caso di fallimento della banca presso cui si è correntisti e di risparmi superiori, il risparmiatore verrebbe ammesso al passivo fallimentare con gli altri creditori per la somma eccedente tale soglia. Il recente fallimento di Silicon Valley Bank insegna tuttavia che le autorità di vigilanza possono intervenire a garanzia delle somme eccedenti la soglia di protezione prevista per legge. Negli Stati Uniti le garanzie offerte dalla FDIC per la protezione dei conti correnti ammontano a 250.000 dollari, mentre nel caso SVB il 95% dei depositi superava tale soglia. Le autorità, per prevenire il panico tra i risparmiatori e stabilizzare i timori sulla solidità del sistema bancario, sono intervenute per garantire interamente le somme depositate sui conti correnti.
Oltre a quello normativo, c’è poi l’aspetto economicofinanziario, ovvero il pericolo – significativo nell’attuale scenario – che l’inflazione eroda il potere d’acquisto di tali depositi. Un’inflazione media al 5% su un orizzonte di cinque anni riduce 50.000 euro a 39.176, con una «perdita» netta rilevante in potere d’acquisto. In conclusione, l’erosione dei depositi derivante dalla scarsa remunerazione dei conti correnti e la tutela parziale degli stessi in caso di fallimento della banca impongono un minor utilizzo di tale strumento, che andrebbe considerato come opzione di deposito della liquidità necessaria per provvedere alle spese previste e non come uno strumento di risparmio. La crescita dei risparmi a un tasso d’interesse pari o superiore all’inflazione risulta l’unico modo per salvaguardare la propria capacità di spesa. Nell’attuale contesto di tassi d’interesse in aumento, il mercato è tornato a offrire la possibilità di investire in titoli governativi a breve termine (BTP classici o indicizzati all’inflazione). Questa scelta permette di conseguire un rendimento obiettivo in area 3-4% e la remunerazione del capitale con un livello di rischio basso in quanto titoli emessi dallo Stato Italiano. Stesso ragionamento, con rendimenti inferiori dettati dallo spread, potrebbe essere fatto con un investimento in titoli di Stato tedeschi, i Bund, o francesi, gli OAT.
MORENO ZANI, fondatore e presidente di Tendercapital, tra i più importanti player indipendenti nella gestione del risparmio.