Visita al museo
L’arte per combattere stress e ansia: anche in Italia è partito un progetto per favorire il benessere mentale in maniera alternativa. Che si ripercuote anche sulla bellezza esteriore
Tra le prescrizioni a disposizione dei medici di base canadesi per i pazienti affetti da stress o ansia c’è la visita al museo: una soluzione priva di effetti collaterali, rischi di dipendenza e soprattutto a costo zero, grazie alla collaborazione di alcune strutture di Toronto e Montreal. Lo stesso accade in alcuni musei di Los Angeles e San Francisco negli Stati Uniti e, in Europa, in Belgio. Stando a numerosi studi, un rapporto ravvicinato e continuo con l’arte, meglio se supportato da personale specializzato, costituisce una terapia efficace contro il male del secolo: lo stress, appunto. E se consideriamo l’impennata record di prescrizioni di ansiolitici e antidepressivi soprattutto a cavallo della pandemia e anche tra i giovanissimi, c’è da sperare che l’esposizione a opere d’arte come terapia entri presto tra le prescrizioni mutuabili anche in Italia. A dire il vero qualcosa si sta già muovendo. Grazie al progetto interdisciplinare Asba (Anxiety, Stress, Brain-friendly Museum Approach - Il museo alleato del cervello contro ansia e stress), ideato dalla professoressa Annalisa Banzi, PHD storica dell’arte e ricercatrice presso il Centro di Studi sulla Storia del Pensiero Biomedico dell’università di Milano-bicocca, sono state avviate delle sessioni sperimentali di mindfulness e arteterapia presso la Gam (Galleria da’ rte Moderna) di Milano e che si spera entreranno nella cultura museale e terapeutica nazionale: «Il progetto Asba vuole dare un contributo per spingere il nostro Paese verso il modello canadese: prescrivere visite in museo. Lo studio che stiamo conducendo intende fornire un catalogo di attività
dedicate al benessere mentale e pensate per essere praticate all’interno di strutture non solo di arte, ma anche di scienze naturali», spiega la dottoressa Banzi, autrice del saggio The Brain-friendly Museum. Using Psychology and Neuroscience to Improve the Visitor Experience (Ed. Routledge), dal quale prende vita l’iniziativa. «Abbiamo avviato sessioni sperimentali con il metodo Art Up, ovvero visite guidate da operatori specializzati in grado di spiegare la storia dell’arte attraverso riflessioni sugli stati affettivi e psicologici. Seguiranno prossimamente quelle di arteterapia con il coinvolgimento attivo del visitatore. Questo approccio offre l’opportunità di esprimersi quando la comunicazione verbale risulta difficile. Gli oggetti impiegati in arteterapia sono visti infatti come un mezzo di comunicazione non verbale per sviluppare nuove intuizioni, risolvere conflitti e problemi, nonché formulare nuove percezioni per ottenere un cambiamento positivo, una crescita e una riabilitazione. Le Visual Thinking Strategies invece prevedono discussioni di gruppo davanti alle opere insieme a un facilitatore. Questo metodo ha dimostrato di essere efficace per migliorare l’autostima, ridurre l’ansia e sviluppare il problem solving, il pensiero critico, la capacità di lavorare in gruppo e le abilità sociali. Queste modalità permettono alle persone di avvicinarsi alle proprie emozioni e di praticare strategie per alleviare i down psicologici, mentre osservano e imparano a conoscere gli oggetti esposti. All’inizio e alla fine di ogni incontro, vengono misurati i livelli di ansia e di stress per poi essere valutati. Per far sì che l’arteterapia entri nel quotidiano è necessario però che i luoghi individuati diventino Bfm, dall’acronimo inglese brain-friendly museum, ovvero posti in cui vi sia la presenza in sala di personale specializzato che possa supportare il visitatore durante il suo viaggio arteterapico», conclude Banzi.
«Questo metodo ha dimostrato di essere efficace anche per migliorare L’AUTOSTIMA e sviluppare il problem solving»